L'appello
Autore | Massimiliano di Pirro |
Pagine | 271-280 |
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@1 Nozione e oggetto dell’appello
L’appello è un mezzo di impugnazione che introduce il giudizio di secondo grado, attraverso il quale la parte appellante può ottenere la riforma (ossia, la sostituzione) totale o parziale del provvedimento emesso dal giudice di primo grado. Nel processo di appello il giudizio di primo grado viene interamente rinnovato, per cui il giudice non si limita a esaminare la sentenza di primo grado ma procede a un nuovo esame della causa, nei limiti della domanda d’appello. L’appello è un mezzo di impugnazione:
- a critica libera (vedi Cap. 18, par. 1), ad eccezione dell’appello contro le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità (art. 113, 2° comma, c.p.c.), che è "a critica vincolata" in quanto proponibile soltanto per violazione delle norme sul procedimento, delle norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia (art. 339, 3° comma, come modificato dal D.lgs. n. 40/2006);
- ordinario, in quanto impedisce che la sentenza passi in giudicato;
- devolutivosostitutivo, in quanto comporta un riesame dell’intera controversia da parte del giudice di secondo grado, con la conseguenza che la sentenza d’appello sostituisce interamente quella di primo grado, ad eccezione ovviamente delle questioni della sentenza di primo grado non impugnate in appello. Va precisato, in ogni caso, che il giudizio d’appello non è un nuovo processo, ma rappresenta la continuazione del processo di primo grado, che si arricchisce, in secondo grado, di una nuova fase decisoria.
Sono appellabili tutte le sentenze pronunciate in primo grado, ad eccezione:
- delle sentenze dichiarate non appellabili dalla legge;
- delle sentenze per le quali le parti si sono accordate per omettere l’appello e impugnare direttamente in Cassazione;
- delle sentenze pronunciate secondo equità ex art. 114 c.p.c., ovvero quando la causa riguardi diritti disponibili delle parti e queste chiedano al giudice di decidere secondo equità. Tuttavia, la sentenza è appellabile se è stata pronunciata secondo equità nonostante mancassero i presupposti per la pronuncia equitativa (Furno).
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Invece, come accennato, le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità ex art. 113, 2° comma, c.p.c. (cause di valore non superiore a 1.100 euro) sono appellabili per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia (art. 339, 3° comma, c.p.c.).
@2 L’appello contro le sentenze non definitive
Una particolare disciplina è prevista dall’art. 340 c.p.c. in caso di sentenze non definitive, rispetto alle quali l’appello può essere proposto, in via alternativa:
- immediatamente dopo la loro pronuncia, nei termini di decadenza sopra evidenziati (vedi Cap. 18, par. 2);
- al momento dell’emanazione della sentenza definitiva (cd. riserva di appello differito). L’interessato, infatti, può avere convenienza a non impugnare immediatamente la sentenza non definitiva per evitare, ad esempio, un aggravamento di spese o perché spera che la sentenza definitiva possa essere a lui favorevole (SattaPunzi).
La riserva di appello deve essere effettuata entro i termini (brevi o lunghi) previsti dalla legge per l’appello e, comunque, non oltre la prima udienza (art. 340, 1° comma, c.p.c.) successiva alla comunicazione della sentenza. La mancata dichiarazione di riserva comporta la decadenza dal diritto di appello differito ma non dall’appello immediato, purché non siano decorsi i relativi termini brevi o lunghi.
Per effetto della riserva (compiuta in udienza davanti al giudice con dichiarazione orale inserita nel verbale d’udienza o con dichiarazione scritta su foglio a parte, oppure con atto notificato al procuratore delle altre parti costituite o personalmente alle parti non costituite), l’appello viene rinviato alla pronuncia della sentenza definitiva, insieme con la quale potrà essere appellata anche la sentenza non definitiva.
La riserva implica una scelta irreversibile, nel senso che, una volta scelto l’appello differito, non è più possibile proporre l’appello immediato. L’eventuale impugnazione immediata ad opera dell’altra parte impedisce la proposizione della riserva e toglie effetto alla riserva eventualmente già compiuta, con la conseguenza che, in questo caso, colui che ha fatto la riserva deve proporre impugnazione nelle forme dell’appello incidentale (art. 340, 3° comma, c.p.c.).
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@3 Giudice competente e atto introduttivo
L’appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone, rispettivamente, al tribunale e alla Corte d’appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza (art. 341 c.p.c.). Pertanto, l’appello si propone sempre ad un giudice superiore a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, "perché si presume nel giudice superiore una maggiore scienza e esperienza, e quindi se ne spera una migliore decisione" (SattaPunzi).
L’appello principale si propone con un atto di citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell’impugnazione nonché le altre indicazioni previste dall’art. 163 c.p.c., nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione della sentenza ad opera della controparte (termine breve, ex artt. 325 e 326 c.p.c.) o, in mancanza di notificazione, entro un anno dalla pubblicazione della sentenza (termine...
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