Jus Soli, revoca della cittadinanza e contrasto al terrorismo, alla luce delle pronunce delle Corti Europee. Profili e problematiche rilevati dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo nella sentenza k2 c. Regno Unito

AutoreJean Paul de Jorio
Pagine8-11
212
dott
3/2018 Rivista penale
DOTTRINA
JUS SOLI, REVOCA
DELLA CITTADINANZA E
CONTRASTO AL TERRORISMO,
ALLA LUCE DELLE PRONUNCE
DELLE CORTI EUROPEE.
PROFILI E PROBLEMATICHE
RILEVATI DALLA CORTE EUROPEA
DEI DIRITTI DELL’UOMO
NELLA SENTENZA K2 C.
REGNO UNITO
di Jean Paul de Jorio
Nell’ultimo scorcio della legislatura, parte dell’attività
parlamentare, ma soprattutto del dibattito politico si è fo-
calizzata sulla nota questione dello jus soli, che nella so-
stanza si riduce alla novella delle modalità di acquisizione
dello status civitatis (1).
Orbene, le diverse forze politiche – favorevoli o contra-
rie che siano rispetto a tale assunto – non sembrano abbia-
no valutato appieno le numerose ricadute che l’eventuale
ampliamento della capacità giuridica dello straniero a se-
guito di naturalizzazione comporterebbe (in primis l’elet-
torato attivo e passivo, e perciò la possibilità di accedere
ad uff‌ici e cariche pubbliche) (2), anche e soprattutto se
si considera quanto sancito dall’art. 22 della nostra Carta
costituzionale, secondo cui “Nessuno può essere privato,
per motivi politici … della cittadinanza”.
È evidente che laddove i requisiti e le procedure per la
concessione della cittadinanza venissero semplif‌icati – e
perciò, come nelle intenzioni del legislatore, un maggior
numero di stranieri residenti sul nostro territorio acqui-
sisse lo status di cittadino – molti dei più eff‌icaci strumen-
ti adottati dalle autorità nella lotta al terrorismo islamico,
verrebbero meno (3).
La formulazione della richiamata disposizione costi-
tuzionale, unitamente alla sua collocazione nella Parte I
della Legge fondamentale – cioè all’interno delle “libertà
civili” – è stata ritenuta dalla dottrina come ricognitiva di
tali diritti “non solo ai cittadini, ma a tutti, cittadini e stra-
nieri” (4), e perciò a prescindere dalle loro origini.
Norma questa, che, come ben noto, fu inserita dai
Costituenti, per impedire il ripetersi nell’ordinamento
repubblicano di quanto precedentemente avvenuto nel
corso del Ventennio, in cui diversi oppositori al regime –
riparati all’estero – vennero privati della cittadinanza (5),
tanto che nella sua formulazione originaria (proposta da
Giuseppe Dossetti) era specif‌icato che “nessuno può esse-
re privato della cittadinanza come sanzione anche indiret-
ta di carattere politico” (6).
È stato affermato come sia “controverso se la disposi-
zione si limiti a vietare la privazione della cittadinanza
… come strumento di repressione del dissenso, o se essa
vieti di attribuire rilievo ad ogni motivo riconducibile ad
interessi politici in senso lato … Quest’ultima accezione
sembra da preferirsi, in primo luogo per ragioni attinenti
all’origine storica della disposizione: se infatti si guarda
alle leggi che, in epoca fascista, avevano introdotto ipotesi
di privazioni della cittadinanza e limitazioni della capaci-
tà giuridica nei confronti di oppositori politici, è agevole
osservare come esse non si riferissero mai apertamente
alle opinioni o all’attività politica del soggetto, ma si pre-
sentassero sempre come volte alla tutela di interessi poli-
tici dello Stato” (7) (8).
Tesi quest’ultima, che trova il conforto della giurispru-
denza maggioritaria.
Il Consiglio di Stato così si è espresso a riguardo: “L’or-
dinamento italiano non consente la revoca del decreto di
concessione della cittadinanza italiana, in presenza di cir-
costanze sopravvenute tali da supporre l’esercizio di un
potere di riesame. Qualora, infatti, fosse giuridicamente
possibile non annoverare più tra i cittadini italiani chi
non abbia mantenuto un comportamento coerente con lo
status assunto col provvedimento concessorio, si potrebbe
seguire un più largo criterio di concessione della citta-
dinanza, potendo, poi, revocare il decreto, ove successivi
accadimenti evidenziassero la non meritevolezza della mi-
sura … nell’attuale quadro normativo, il decreto di con-
cessione della cittadinanza, in quanto attributivo di uno
status, risulta irrevocabile” (9).
Indirizzo che è stato da poco ribadito dal medesimo
plesso giurisdizionale, che ha affermato come il provvedi-
mento di concessione della cittadinanza “non sia suscetti-
bile di revoca” (10).
È evidente che il riconoscimento dello status civitatis a
Costituzione invariata, aprirebbe un ‘vaso di Pandora’ che
ben diff‌icilmente potrebbe essere richiuso, in quanto tutti
gli stranieri che si rendono responsabili di attività ever-
sive, o che siano comunque f‌iancheggiatori di movimenti
radicali di matrice islamista, una volta ottenuta la cittadi-
nanza, non potranno più essere allontanati dal territorio
dello Stato con provvedimenti dell’Autorità di P.S.
Indirizzo pretorio nazionale, così come il dettato costi-
tuzionale di cui sopra, che però contrasta con le decisioni
delle maggiori corti europee sull’argomento.
La prima ad affrontare tale ‘scottante’ tema, è sta-
ta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso
Janko Rottman c. Freistaat Bayern (11).
I Giudici del Lussemburgo hanno sancito il principio
secondo il quale “Il diritto dell’Unione … non osta a che
uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione
europea la cittadinanza di tale Stato acquisita per natu-
ralizzazione … a condizione che tale decisione di revoca

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