Istituzioni ed economia: quale governance per la finanza pubblica europea e italiana?

AutorePaolo De Ioanna
Occupazione dell'autoreConsigliere di Stato.
Pagine37-62
ISTRUZIONI ED ECONOMIA: QUALE GOVERNANCE PER LA FINANZA
PUBBLICA EUROPEA E ITALIANA?
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Avendo da svolgere una tematica assai vasta, scienticamente complessa e con-
troversa, al centro del dibattito politico in corso in Europa, ho l’obiettivo vantaggio
di dover cercare di offrire ai lavori del Convegno un suo inquadramento possibil-
mente esatto; i lavori porteranno mattoni alla sua sistemazione, nell’ottica specica
della recente evoluzione del nostro ordinamento contabile. Tuttavia anche una ope-
razione di inquadramento preliminare incorpora un grado di scelta al quale non mi
sottrarrò, con tutti i rischi che ciò comporta.
In pochi decenni il paradigma interpretativo dei fatti economici ha subito una rota-
zione di 360 gradi. Uno dei maestri italiani della scienza delle nanze, S. Steve, nell’e-
dizione del 1973 del suo manuale avvertiva che la crisi del 1929 è importante “perché
segna il crollo, che può dirsi denitivo, della ducia che il sistema economico tende
spontaneamente, senza attriti preoccupanti, ad un equilibrio di piena occupazione1.
Poi è arrivata la stagazione degli anni ’70: la politica monetaria e scale mancò
l’obiettivo del pieno impiego, con o senza inazione.Il pendolo fece una netta inver-
sione verso la deregolazione, le privatizzazioni, con una ritirata strategica nella guerra
ai monopoli e con la netta prevalenza di politiche macro che ponevano l’accento sulla
stabilità dei prezzi2. Ex post gli stessi interventi roosveltiani sono stati riletti, anche negli
USA, come una sorta di nirvana fallacy; piuttosto che fare i conti con mercati imperfetti
e regolazioni imperfette, avevano dato per scontato che il governo fosse nella condizione
di correggere le imperfezioni del mercato. Gli anni 70 sono segnati da gravi problemi
di controllo negli andamenti delle entrate e delle spese in tutti i Paese industrializzati. Si
discute apertamente di crisi scale dello Stato; si apre la stagione dei diritti senza risorse
e delle risorse senza diritti. Gli interventi nei Paesi dell’area OCSE convergono nel met-
tere in campo controlli più stringenti sugli esborsi, accentuando il ruolo del Tesoro; si
introducono nuovi vincoli nel processo di formazione delle decisioni endo governative
e legislative e quindi nei rapporti tra governo e parlamento; si introducono strumenti di
programmazione nanziaria pluriennale; si comincia a discutere della stessa desiderabi-
lità di nuovi vincoli costituzionali. Le riforme italiane alla cornice contabile degli anni
* Consigliere di Stato.
1 S. STEVE, Scienza delle finanze, Padova, 1973, pag. 11.
2 Cfr. R.POSNER, La crisi della democrazia capitalista, Milano, 2011, pag. 327.
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70 e 80 (leggi n. 468 del 1978 e n. 362 del 1988 e le connesse tornate di innovazioni nei
regolamenti parlamentari) sono glie di questa fase; esse cercano peraltro, ed è il dato
specico italiano, di costruire un sentiero di razionalizzazione del nostro sistema parla-
mentare, a Costituzione invariata. Al di là degli schemi interpretativi sul ciclo economi-
co vi è convergenza sul fatto che occorre governare con più efcacia i trend della spesa
in una ottica di medio periodo e assestare la pressione scale sul livello più appropriato
per spingere lo sviluppo e tenere la coesione sociale.
Dalla crisi dell’intervento pubblico ad una nuova stagione di regole
La critica all’intervento pubblico conteneva elementi di verità, ma fu a sua volta vit-
tima di un altro effetto nirvana: in molti si auto convinsero che i mercati fossero perfetti
ossia capaci di autoregolarsi e che l’intervento pubblico quasi sempre peggiorasse le
cose. In genere gli economisti soggetti a questo secondo effetto nirvana (pro mercato)
sono connotati da una crescente formalizzazione matematica dei loro modelli esplica-
tivi, con un certo disinteresse per i proli istituzionali, culturali, e storico sociali.
La crisi presente, che sembra aver preso le mosse dalle pratiche delle istituzioni
nanziarie, ha aperto una nuova fase, teorico pratica, sia negli USA che in Europa,
che chiede di nuovo regole adeguate alla crisis resolution. Come osserva Posner, forse
bisogna ammettere che ci mancano ancora molti elementi (anche e soprattutto psi-
cologici e storico istituzionali) per comprendere i meccanismi del ciclo economico.
Tuttavia è corretto affermare che questa fase lascia il residuo netto, non contestabile,
dell’esigenza teorico pratica di politiche di razionalizzazione dei metodi di forma-
zione delle decisioni, di programmazione e gestione delle spese pubbliche. È una
assunzione condivisa che il prolo nanziario è parte integrante delle scelte di pro-
grammazione: e programmare l’utilizzo di risorse relativamente più scarse rende più
difcile e impervia la decisione. Come vedremo alla ne di questa riessione, il siste-
ma di coordinamento scale che viene delineandosi in Europa, come effetto della crisi
dei debiti sovrani, pone una fortissima enfasi sui meccanismi di programmazione di
medio periodo (il cd Medium Term Budgetary Frameworks - MTBF), sugli obiettivi
di medio termine e sulle regole scali che assecondano questi processi. Le modiche
ai regolamenti comunitari proposte dalla Commissione europea fanno leva sul raffor-
zamento di tali strumenti nella loro applicazione a livello comunitario, ma intendono
anche sollecitare gli stati membri ad adottarli ed integrarli negli ordinamenti di bilan-
cio nazionali. È questo mi pare il cuore del tema di questo seminario.
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Una robusta corrente del pensiero antropologico contemporaneo (E.Morin, U.
Beck, J. Rifkin) ci ricorda che l’Europa è un insediamento umano che ha generato
e sperimentato, in modo accelerato nel cd “secolo breve”, attraverso il più orrendo
bagno di sangue della storia umana, le formule costituzionali più antinomiche e totali-
tarie ma che ora, nalmente, potrebbe aver imboccato lo stretto e difcile sentiero da

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