Questioni in tema di istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato

AutoreDomenico Potetti
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@1. Sottoscrizione dell'istanza di ammissione al beneficio e della dichiarazione sostitutiva sul reddito

- Ai sensi dell'art. 78, comma secondo, del D.P.A. n. 115 del 2002 (d'ora in avanti T.U.), l'istanza di ammissione al beneficio è sottoscritta dall'interessato a pena di inammissibilità.

La sottoscrizione è autenticata dal difensore, ovvero con le modalità di cui all'art. 38, comma 3, del D.P.R. n. 445 del 2000 (quindi l'istanza può anche essere sottoscritta dall'interessato alla presenza del dipendente addetto o può essere sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore).

Prevede inoltre l'art. 79 T.U. che l'istanza deve contenere, a pena di inammissibilità, fra l'altro, una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'art. 46, comma 1, lettera o), del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'art. 76 del T.U.

A sua volta, per l'art. 46 cit., viene comprovata con dichiarazione, anche contestuale all'istanza, sottoscritta dall'interessato e prodotta in sostituzione delle normali certificazioni, la situazione reddituale o economica, anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali (come la nostra).

In pratica, per la dichiarazione sostitutiva sul reddito è richiesta la mera sottoscrizione (diversamente da quanto disposto per le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà dall'art. 47, comma 1, del D.P.R. n. 445 del 2000, che comunque rinvia anch'esso alle modalità previste dal precedente art. 38).

Sembra quindi superata quella tesi giurisprudenziale secondo la quale l'autenticazione dell'autocertificazione dell'interessato in ordine alla sussistenza delle prescritte condizioni di reddito, prevista allora dall'art. 5, comma 1, lett. b), della L. 30 luglio 1990, n. 217, doveva essere effettuata secondo le disposizioni generali di cui all'art. 4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15 e, quindi, soltanto ad opera di uno dei soggetti ivi indicati, dovendosi escludere, pertanto, che ad essa potesse provvedere il difensore designato, legittimato soltanto, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della citata L. n. 217 del 1990 allora vigente, ad autenticare la sottoscrizione dell'istanza di ammissione al beneficio; e ciò (si riteneva) senza che in contrario potesse rilevare la circostanza che l'autocertificazione fosse incorporata in detta istanza1.

Tuttavia, la dichiarazione sostitutiva deve contenere la «specifica determinazione» del reddito complessivo valutabile ai fini della concessione del beneficio, come letteralmente vuole l'art. 79, comma 1, lett. c), del T.U.

Conseguentemente dovrà essere dichiarata inammissibile una dichiarazione sostitutiva nella quale si attesti genericamente di avere un reddito compreso nel limite previsto per ottenere il beneficio.

Altra questione scaturisce dal testuale contenuto dell'art. 78 del T.U., il quale prevede che l'istanza debba essere sottoscritta dall'interessato a pena di inammissibilità, e che la sottoscrizione debba essere autenticata.

In pratica il legislatore fa chiaro riferimento ad un'istanza scritta, cioè all'ipotesi più naturale, considerata l'esigenza di inserire nell'istanza anche il contenuto di dettaglio previsto dall'art. 79, comma primo, del T.U.

Tuttavia, è stata ritenuta valida anche l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata in udienza, mediante dichiarazione effettuata direttamente dall'interessato e ritualmente verbalizzata dal cancelliere, in quanto essa deve considerarsi equipollente alla sua presentazione in forma scritta, con sottoscrizione della persona legittimata, essendo comunque garantite l'identificazione del soggetto istante e la certezza della provenienza della richiesta, fatta salva la valutazione giudiziale del contenuto della dichiarazione e della sua conformità a quanto prescritto dall'art. 79 D.P.R. n. 115 del 20022.

In effetti, non pare doversi escludere la possibilità di formalizzare oralmente dinanzi al cancelliere, in udienza, un'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, anche se condizione di ammissibilità della predetta istanza, ai sensi dell'art. 78, comma 2, del T.U., è la sottoscrizione dell'istanza (letteralmente non l'autenticazione della stessa).

Detta sottoscrizione in teoria può avvenire anche in calce al verbale d'udienza, ma comunque la corretta identificazione del richiedente pare assicurata dal controllo generale del giudice sulla regolare costituzione delle parti (v. art. 484, comma primo, c.p.p. per il dibattimento).

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Non è più previsto (v. abrogato art. 5, comma 5, L. n. 217 del 1990) un termine per integrare la domanda incompleta, che quindi dovrà essere dichiarata inammissibile ex art. 79, comma 1, T.U.

Si pone inoltre la questione dei poteri di autentica del difensore quando il proprio cliente (ad esempio perché analfabeta, o infortunato) non sia in grado di sottoscrivere l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

L'art. 110, comma 3, c.p.p. pare essere la norma di riferimento, quantomeno per analogia.

Quindi, nel caso in cui chi deve firmare non sia in grado di scrivere, il pubblico ufficiale al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine all'atto medesimo.

Tale possibilità pare preclusa al difensore.

Infatti le Sezioni unite ritennero che nella nozione di pubblico ufficiale abilitato, a norma dell'art. 110, comma terzo, c.p.p., ad annotare, in fine di un atto scritto, che il suo autore non lo firma perché non è in grado di scrivere, non è compresa espressamente, né può farsi rientrare in via di interpretazione, la figura del difensore, a nulla rilevando che l'art. 39 disp. att. c.p.p. attribuisca ad esso il potere di autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto l'autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l'attestazione che un anonimo segno di croce proviene da una certa persona, anziché da qualunque altra, costituisce esercizio di una potestà certificativa non compresa nel potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto3.

Pertanto, nel caso di richiedente il beneficio che non sia in grado di firmare, o lo stesso comparirà personalmente in udienza o presso la cancelleria del magistrato procedente, dando modo al cancelliere di attestare la propria incapacità a sottoscrivere, oppure la mancata sottoscrizione dovrà essere autenticata da un soggetto (es. notaio) dotato di una potestà certificativa generale.

@2. Il concetto di famiglia

- A pena di inammissibilità, l'istanza di ammissione al beneficio deve contenere le generalità dei componenti la famiglia anagrafica del richiedente, unitamente ai rispettivi codici fiscali.

Il riferimento testuale alla famiglia anagrafica pone il problema di quale sia il concetto di «famiglia» nell'ambito della normativa sul patrocinio a spese dello Stato.

A tale proposito va detto che il concetto di famiglia di cui ci occupiamo comprende innanzitutto, appunto, la famiglia anagrafica, e ciò è reso esplicito dalla lettera del testo normativo, posto che proprio l'art. 79, comma 1, lett. b), del T.U. fa espresso riferimento alla famiglia anagrafica.

Ulteriori argomenti depongono però per l'adozione, nell'ambito della normativa che ci riguarda, di un concetto più ampio di famiglia e di familiare, comprensivo sia della famiglia anagrafica che di quella di fatto4.

Infatti, già l'art. 76, comma 2, del T.U. (a proposito della somma dei redditi rilevanti ai fini del beneficio) fa riferimento al coniuge e altri familiari conviventi, senza menzionare le risultanze anagrafiche.

Giova però rimarcare che, rispetto all'impostazione letterale originaria della L. n. 217 del 1990, il concetto di familiare ha perso quasi completamente la funzione di definire il reddito rilevante ai fini dell'accesso al beneficio.

Si consideri che l'art. 96 comma 2 del T.U. indica al giudice parametri sostanziali di giudizio, mediante i quali eventualmente accertare la carenza del requisito della non abbienza.

Essi sono il tenore di vita, le condizioni personali e familiari, le attività economiche eventualmente svolte.

La natura di tali parametri conferma l'assunto per il quale la norma tende al superamento della prova formale (del quantum di reddito) indicata nell'art. 76 del D.P.R. cit., e a fornire all'interprete un concetto di non abbienza che supera in gran parte lo stesso contenuto dell'art. 76 T.U. (compreso il concetto di familiare).

È evidente, infatti, che quelli tratti dall'art. 96, comma 2, del T.U. sono elementi sostanziali e presuntivi dai quali poter eventualmente desumere un ammontare del reddito superiore a quello cartolare risultante dalla relativa dichiarazione, e una situazione economica reale diversa da quella apparente.

Resta confermato, quindi, che la prova cartolare del reddito percepito, di cui all'art. 76 T.U., è oggetto di una presunzione relativa, e come tale superabile quando i suddetti parametri di cui all'art. 96 comma 2 del T.U. consentano di accertare un reddito superiore rispetto a quello formale.

Il concetto di familiare convivente mantiene però la funzione di elevare il tetto di reddito utile per l'accesso al beneficio, ai sensi...

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