Note intorno alla disciplina codicistica sul maltrattamento degli animali

AutoreBellini Federico
Pagine706-711
706
dott
7-8/2012 Rivista penale
DOTTRINA
NOTE INTORNO ALLA
DISCIPLINA CODICISTICA
SUL MALTRATTAMENTO
DEGLI ANIMALI.
“FINCHÈ AVREMO DEI MATTATOI,
AVREMO DEI CAMPI DI BATTAGLIA”
(RÜDIGER DAHLKE)
di Federico Bellini
In apertura di queste note ritengo opportuno segnalare
una manovra legislativa che può assumere il senso di una
beffa perversa.
Con L. 20 luglio 2004 n. 189 è stato inserito nel corpus
del libro II del codice penale il titolo IX bis, signif‌icativa-
mente rubricato “Dei delitti contro il sentimento per gli
animali”.
Per l’esattezza la novella è portata dal comma I dell’art.
1 della richiamata legge. Essa costituisce senz’altro un im-
portante passo nel transito degli animali da semplici res,
come normalmente considerati sia dal legislatore civile
(es. artt. 923 cpv., 925, 926, 1496 cod. civ.), sia dal legi-
slatore penale del 1930 (es. artt. 500, 625, comma I n. 8,
638 cod. pen.) a quasi personae (1).
Con la medesima norma - e qui sta il grottesco - è stato
peraltro inserito un controlimite che sostanzialmente
tende a sterilizzare l’effetto dissuasivo delle precedenti
norme incriminatrici.
Si tratta dell’art. 3, comma I della citata L. n. 189/2004,
con il quale si è incluso, fra le “disposizioni di coordi-
namento” del codice penale (una sorta di istruzioni per
l’uso), l’art. 19 ter, del seguente letterale tenore: “Leggi
speciali in materia di animali. Le disposizioni del titolo
IX bis del libro II del codice penale non si applicano ai
casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di
pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione de-
gli animali, di sperimentazione scientif‌ica sugli stessi, di
attività circense, di giardini zoologici, nonché delle altre
leggi speciali in materia di animali.
Le disposizioni del titolo IX bis del libro II del codice
penale non si applicano altresì alle manifestazioni storiche
e culturali autorizzate dalla regione competente” (2).
A parte la macellazione, vi sono ipotesi di inapplica-
bilità delle norme sanzionatorie che dovrebbero apparire
quantomeno anacronistiche: si pensi all’attività circense,
alle c.d. “manifestazioni storiche e culturali” (leggi palii
et similia).
In def‌initiva, con il medesimo strumento normativo, il
patrio legislatore (così si usa def‌inirlo eufemisticamente)
ha fatto mostra di senso di civiltà introducendo nel codice
penale norme di salvaguardia a favore degli animali, salvo
contestualmente annichilirle nei punti nevralgici.
Quid iuris?
Tre le strade ipotizzabili.
Da un lato una sensibilizzazione a livello politico, e
quindi un impegno portato avanti da parte dei partiti,
gruppi politici o associazioni che più si sentono coinvolti
in questo problema.
Altrimenti - tecnicamente diff‌icile sia pure per altri
versi - una proposta referendaria, ossia la proposta di un
referendum abrogativo del richiamato art. 19 ter del R.D.
28 maggio 1931 n. 601 (le sopra indicate “disposizioni di
coordinamento” al codice penale).
Inf‌ine un ricorso alla Corte Costituzionale tendente a
far dichiarare incostituzionale tale norma, quantomeno
nei punti ritenuti incompatibili con l’attuale livello di co-
scienza etica.
Poiché peraltro ai privati (ivi comprese le associazioni)
è precluso il ricorso in via principale, esso può emergere
solo in via incidentale nell’ambito di un processo (civile,
penale, amministrativo) d’uff‌icio o su istanza di una delle
parti, a condizione che il giudice rimettente (recte che do-
vrebbe trasmettere gli atti alla Corte) ritenga la questione
non manifestante infondata.
Trattandosi di legge in senso formale, la responsabilità
politica di questa infamia ricade proprio sul Parlamen-
to e non sul l’esecutivo, come sa rebbe stato se si fosse
trattato di una normativa per decretazione, il che rende
più inquietante la vicenda atteso che - secondo quanto
ci viene tradizionalmente insegnato - il Parlamento rap-
presenta, o meglio esprime, la volontà del Popolo sovrano,
ossia quanto dire che il Popolo Itali ano detesta gli animali
e v uole che siano seviz iati in vari modi ed in differenti
occasioni.
Già la rubrica del richiamato titolo IX bis inserito nel
secondo libro del codice penale si espone a due osserva-
zioni preliminari, non tanto attinenti al prof‌ilo giuridico,
quanto l’una a quello psicologico e l’altra all’infrazione
della logica pura.
Il “sentimento per gli animali” riconduce pur sempre
ad una visione antropocentrica della vicenda (3), che
richiama quale coerente oggettività giuridica la salva-
guardia della sensibilità umana e, di conseguenza, la pro-
tezione dell’uomo dal ribrezzo, disgusto, pena, pietà alla
vista o alla conoscenza di comportamenti pregiudizievoli
nei confronti degli animali. In def‌initiva l’essere senziente
cui mira la norma interdittiva non è l’animale nella sua
f‌isicità, ma l’uomo sotto il suo prof‌ilo psichico.
Appare evidente come operi ancora l’effetto-trascina-
mento delle ragioni induttrici dell’inserimento nel codice
penale sardo-italiano del 1859 dell’art. 865 n. 7 e, succes-
sivamente, nel codice Zanardelli di una disposizione con-
travvenzionale sul maltrattamento degli animali (4), ra-
gioni sostanzialmente mantenute inalterate - nella mente

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