Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: il 'caporalato etnico' nella comunità cinese a prato

AutoreMarco Cocco
Pagine11-15
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dott dott
Rivista penale 10/2018
DOTTRINA
10/2018 Rivista penale
DOTTRINA
INTERMEDIAZIONE ILLECITA
E SFRUTTAMENTO
DEL LAVORO: IL “CAPORALATO
ETNICO” NELLA COMUNITÀ
CINESE A PRATO
di Marco Cocco (*)
SOMMARIO
1. Introduzione: breve outline della “prima” diaspora cine-
se in Italia. 2. L’immigrazione cinese a Prato: dai laboratori
di subfornitura alla produzione del prontomoda. 3. Il prof‌ilo
sociodemograf‌ico della comunità cinese a Prato. 4. La scel-
ta del “Lasciare il paese”, le “Relazioni” e gli “Intermediari
dell’immigrazione irregolare cinese”: segnali sintomatici di
fenomeni di c.d. “caporalato etnico” all’interno della comuni-
tà. 5. Il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del
lavoro di cui all’art. 603 bis c.p., D.L. 13 agosto 2011, n. 138,
convertito in L. 14 settembre 2011, n. 148. 6. La novella del
delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di
cui all’art. 603 bis c.p., Provvedimento-legge 29 ottobre 2016,
n. 199. 7. Spunti di problematicità dell’applicazione del delit-
to di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui
all’art. 603 bis c.p. e rapporti di reciprocità con fattispecie
contigue al reato. 8. Alcuni episodi signif‌icativi ascrivibili al
delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
di cui all’art. 603 bis c.p. avvenuti nella comunità cinese a
Prato. 9. Conclusioni: il c.d. “caporalato etnico” in seno alla
comunità cinese, un fenomeno reale da combattere in preven-
zione allo sfruttamento del lavoro nell’enclave socioeconomi-
ca etnica cinese.
1. Introduzione: breve outline della “prima” diaspora
cinese in Italia
In relazione al fenomeno migratorio, la Cina rappresen-
ta una dei protagonisti dello scenario delle migrazioni in-
ternazionali sia per il numero degli attori coinvolti sia per
la loro presenza in più paesi del mondo rispetto ad altre
nazionalità (1). La diaspora cinese in Italia fa riferimento
ad un fenomeno dunque molto complesso che sotto diversi
prof‌ili, in primis quelli economico e sociale, presenta delle
peculiarità degne dell’attenzione di uno studio più appro-
fondito. La presenza dei c.d. huaqiao “Cinesi d’oltremare”
in Italia non costituisce di certo un fatto recente, anzi il
fenomeno migratorio cinese nel nostro Paese vanta di una
storia lunga quasi un secolo. Tra le cinque fasi storiche (2)
che hanno scandito la diaspora cinese nel mondo, la terza
fase, compresa tra il 1917 e il 1949, è caratterizzata da mo-
vimenti diasporici di studenti, attivisti, politici, profughi ed
emigrati in territori coloniali e metropolitani dal momento
in cui la Cina, ormai Repubblica dal 1911, si era avvicina-
ta al mondo occidentale registrando per la prima volta la
sua presenza in Europa e anche nel nostro paese. A seguito
poi del trentennio maoista (1949-79), la quinta ed ultima
fase della diaspora cinese f‌ino ai nostri giorni rappresenta
la nuova era della migrazione cinese nel mondo. Dopo un
trentennio di soprusi, chiusura, censura e negazione della
democrazia, nel 1979 la Cina si apre al mondo soprattutto
grazie alle politiche di “Riforma ed Apertura” messe in atto
da Deng Xiaoping. In riferimento al fenomeno, i primi ci-
nesi d’Italia arrivarono a Milano principalmente da Parigi
dove coprivano i posti di lavoro lasciati vacanti dagli operai
francesi arruolati nell’esercito durante la Grande Guerra.
Alla f‌ine del conf‌litto, molti di loro optarono per il rientro
in patria o per lo stanziamento a Parigi o a Milano e altre
mete europee in cerca di sbocchi lavorativi (3). Pertanto, è
evidente che la prima mobilità cinese a Milano fosse detta-
ta principalmente da strategie di tipo socio-economico che
si sono tradotte in tappe progressive: da mercanti ambu-
lanti di cravatte di seta, diventati famosi per l’espressione
“due clavatte una lila”, così come artigiani e commercianti
titolari delle botteghe della Zona Paolo Sarpi (4). Come
per altre comunità, l’inserimento lavorativo dei migranti
cinesi è stato da sempre facilitato da altri parenti, amici o
conoscenti già presenti nel nostro Paese e con una acqui-
sita stabilità economica. La possibilità di potersi aff‌idare
alle c.d. guanxi “Relazioni” nella comunità cinese ha rap-
presentato un aspetto cruciale non solo per la famiglia di
chi ha investito energie e soprattutto denaro nell’impresa
migratoria ma anche per gli amici e i conoscenti. Così,
mentre la prima ondata di immigrazione cinese nel nostro
paese dall’inizio degli anni Venti del secolo scorso appare
silenziosa e poco appariscente, il fenomeno acquista più
visibilità con i nuovi arrivi dopo gli anni Ottanta, quando
a dominare la scena, secondo la recente denominazione
cinese, sono i c.d. xin yimin “I nuovi migranti” (5). No-
nostante le nuove convenzioni sociali ed etichette che si
sviluppano dal ricambio generazionale cinese presente nel
nostro Paese, il f‌ine ultimo del progetto migratorio rimane
per la maggior parte dei migranti cinesi sempre lo stesso:
arricchirsi. Per raggiungere questo obiettivo, il migrante
cinese si serve della catena “parente chiama parente” o
conoscente chiama conoscente” per compiere alcuni degli
steps che tradizionalmente consentono la scalata sociale
ed economica desiderata. Tra i settori più sviluppati dalla
comunità in questione, quello tessile e del pellame in ge-
nerale ha rappresentato uno dei punti di forza per la spe-
cializzazione del migrante, passando come in una sorta di
“gavetta” dalle mansioni dello zagong “Lavoratore non qua-
lif‌icato”, per passare allo shougong “Addetto allo stiraggio
e al cucito” e inf‌ine allo chegong “Addetto specializzato”,
ormai sarto (6).
2. L’immigrazione cinese a Prato: dai laboratori di
subfornitura alla produzione del prontomoda
In riferimento ai dati storici e aggiornati ad oggi, le
regioni italiane che hanno ospitato e ospitano il maggior
numero di cittadini cinesi residenti sono state la regione
Lombardia e la regione Toscana dove le città di Milano e di
(39) Occorre tuttavia precisare che l’elemento soggettivo individua-
to nel dolo specif‌ico, non deve essere inteso come necessità che il reato si
perfezioni solo ove la manodopera fornita ai soggetti terzi venga davvero
impiegata, ben potendo essere integrato anche attraverso la mera volon-
tà di destinare i lavoratori presso terzi, in condizione di sfruttamento.
(40) La locuzione è utilizzata da A. DI MARTINO, op. cit., 117, n. 45,
secondo il quale gli indici: “non sono elementi costitutivi del reato, ma
svolgono una funzione di orientamento probatorio”, destinati al giudice
come, mutatis mutandis, lo sono i c.d. Element of Crimes che accedo-
no allo Statuto della Corte Penale Internazionale”. Nello stesso senso
cfr. FIORE, La nuova disciplina penale della intermediazione illecita
e dello sfruttamento, tra innovazione ed insuperabili limiti, in Diritto
agroalimentare, n. 2, 2017; nonché GIULIANI, I reati in materia di “ca-
poralato”, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, Padova,
University Press, 2015.
(41) Cass. pen., sez. V., 12 gennaio 2018, n. 17939.
(42) Cfr. A. ALBERICO, La reiterazione delle condotte nel delitto
di atti persecutori, in www.penalecontemporaneo.it. Per l’Autore: “Il
termine reiterazione, infatti, non assume un signif‌icato di specif‌ica rile-
vanza per il diritto penale, ove – a differenza delle aff‌ini categorie dell’a-
bitualità e della continuazione – non può contare su alcuna tradizione
dommatica né normativa.”.
(43) Vd. Cass. pen., sez. VI, 6 aprile 2016, n. 24375, in Famiglia e
Diritto, 2016, 8-9, 813.
(44) Trib. Catanzaro, ord., 16 settembre 2010, in https://www.ilri-
sarcimento.com/area-news/postacelere-in-ritardo-ce-il-risarcimento/
violenza-privata-in-genere/. Va tuttavia precisato che, per il Giudice di
legittimità, non è condivisibile la tesi per cui il concetto di reiterazione
presupporrebbe una serialità di comportamenti: tale conclusione non
si riscontra neppure nei progetti di legge riguardanti l’introduzione del
reato di atti persecutori, ove si parla soprattutto di reiterazione della
condotta, senza riferimento nè all’arco temporale in cui tale reiterazione
deve svilupparsi, nè ad un concetto numerico delle azioni illegali. Ciò
che la Corte ritiene elemento imprescindibile per l’integrarsi della fat-
tispecie è che la condotta incriminata (di minaccia o molestia) abbia
indotto nella vittima un grave stato di ansia e di paura o di timore per la
propria incolumità, e l’abbia costretta a modif‌icare le proprie abitudini
di vita; pertanto, verif‌icandosi tale pregiudizio nella psiche della vittima,
anche due sole condotte sono suff‌icienti a concretizzare quella reitera-
zione cui la norma subordina la conf‌igurazione della materialità del fat-
to: vd., Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2013, n. 45648.
(45) Relazione dell’on. Beretta alla Seconda Commissione della Ca-
mera, pubblicata in “www.penalecontemporaneo.it” .
(46) Cfr. Corte EDU, sez. II, 1 settembre 2015, causa K. c. Italia.
(47) Si è eff‌icacemente osservato che, in realtà, il presupposto di
applicabilità dell’istituto è la valutazione prognostica che «l’interruzione
dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui
livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso
aziendale». Orbene, essendo tale misura alternativa al sequestro di cui
all’art. 321 c.p.p., e comportando – essa– un’attività di vero e proprio
risanamento aziendale mirato su f‌inalità specif‌iche ad opera dell’ammi-
nistratore, attività da svolgersi sotto il controllo del giudice, sarà inte-
ressante verif‌icare quali saranno gli orientamenti della giurisdizione di
merito nell’optare per il tentativo di intervento di risanamento, oppure
per la cautela reale, solitamente antecedente di sviluppi ed esiti infau-
sti per le aziende: A. GIANFROTTA, Intermediazione e sfruttamento del
lavoro: luci e ombre di una riforma necessaria. Come cambia la tutela
penale dopo l’approvazione della legge n. 199/2016, cit.
(48) Per un’analisi approfondita dei temi da ultimo accennati, vd. P.
SILVESTRE, Caporalato: la disciplina della conf‌isca e il controllo giu-
diziario dell’azienda, 2016, in https://ilpenalista.it/articoli/focus/capo-
ralato-la-disciplina-della-conf‌isca-e-il-controllo-giudiziale-dell-azienda.
(49) Sulla conf‌isca ex art. 12 sexies vd. F. MENDITTO, La conf‌isca
allargata o per spropriazione di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306/92,
conv. dalla L. n. 356/92, in http://questionegiustizia.it/articolo/la-conf‌i-
sca-allargata-o-pe-sproporzione-di-cui-all-art_12-sexies-d_l_n_30692_
conv_dalla-l_n_35692_16-12-2014.php, 16 dicembre 2014.
(50) Si tratta delle liste delle aziende ammesse alla data del 16 mag-
gio 2018 a cura della Cabina di regia per la rete del lavoro agricolo di
qualità, www.inps.it.

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