Comunicazione interculturale e formazione alla trasformazione costruttiva dei conflitti

AutoreSandro Mazzi
Pagine53-74

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Dove vi è pace, vi è cultura.

Dove vi è cultura, vi è pace.

Nicholas Roerich

Il richiamo a differenze e similarità culturali rappresenta una costante delle moderne società, pluralistiche e complesse, che attribuiscono valore crescente alla diversità. La comunicazione, per molti aspetti l'operazione sociale alla base delle forme culturali, conosce nella dimensione interculturale uno dei principali ambiti di approfondimento. I motivi per i quali è importante la ricerca sul tema della comunicazione interculturale sono molteplici. I ricercatori Martin e Nakayama individuano sei imperativi che ne impongono lo studio: lo sviluppo della tecnologia; i massicci cambiamenti demografici dati dai flussi migratori; le dinamiche dei mercati finanziari e dall'economia; le questioni relative alla pace nel pianeta; l'esigenza di consapevolezza e l'istanza etica1.

Obiettivo di questo contributo è sviluppare alcune riflessioni intorno alla funzione che la comunicazione interculturale può assumere nella cornice della formazione alla trasformazione costruttiva dei conflitti e più in generale in quella dei contesti di apprendimento di gruppo. Ove non diversamente specificato, prenderò in considerazione la comunicazione a livello interperso-nale e microsociale. Nel farlo, procederò innanzitutto da brevi chiarificazioni terminologiche. Nella fase successiva presenterò alcune esperienze formative e di apprendimento di gruppo che ritengo particolarmente significative.

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Infine, cercherò di evidenziare come i contesti interculturali possano sviluppare il potenziale trasformativo della comunicazione e come la comunicazione interculturale possa essere intesa sia come strumento sia come obiettivo della gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi.

@Chiarificazioni e scelte semantiche

@@Trasformazione costruttiva dei conflitti

In questo paragrafo intendo giustificare e chiarire la scelta della dizione trasformazione costruttiva dei conflitti. Nel contesto degli studi sul conflitto2, intorno agli inizi degli anni Sessanta si prese in uso la dizione di alternative dispute resolution (soluzione alternativa delle controversie), per differenziarla rispetto alla tradizionale giurisdizione civile. Col passare degli anni si è affermata la dizione conflict resolution, parallela alla nascita dell'espressione conflict management, che sottolinea come i conflitti sono una parte naturale dell'agire sociale, ponendo l'accento sulla loro prevedibilità e gestibilità. La connotazione efficientista del termine implicava la necessità dell'intervento di uno specialista. Negli anni Novanta si è diffusa infine l'espressione conflict transformation, che descrive l'impatto sulle percezioni, le relazioni e le strutture sociali dei fenomeni conflittuali: così, da un lato veniva sottolineato che il conflitto non può essere semplicemente controllato ed eliminato, dall'altro che nella sua gestione è richiesta una trasformazione da parte degli attori e delle relazioni tra loro, allorché si voglia radicare una risposta costruttiva al conflitto. L'attributo costruttivo si riferisce tanto ai modi di gestione del conflitto, quanto ai suoi esiti, che dovrebbero risultare anche sostenibili nel tempo3.

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@@Comunicazione

Le definizioni di comunicazione non si contano ormai più4. Molto spesso nella letteratura sui modi e le forme del linguaggio umano si procede dalla nota tesi di Paul Watzlawick per la quale non possiamo non comunicare5. Tale punto di vista sembra voler sottolineare che per un essere umano (e per estensione qualsiasi sistema, almeno tra quelli viventi) è impossibile non esprimere, non diffondere nell'ambiente circostante informazioni su di sé: che si tratti di stati d'animo che usano le forme espressive del linguaggio non verbale e paraverbale, oppure teorie e punti di vista che usano i canali del linguaggio verbale, o altro ancora, l'emissioni di informazioni appare inevitabile. La comunicazione diventa per certi versi sinonimo di espressione. Da questaPage 56prospettiva acquisisce significato anche la formula comunicazione di massa, la comunicazione che si fa attraverso stampa, radio, cinema, televisione e nuovi media, che può essere sommariamente descritta come un processo di invio di informazioni verso un pubblico di potenziali riceventi. Una delle caratteristiche di questi ultimi è di disporre di una limitata possibilità di interazione a livello interpersonale, come mette a fuoco Danilo Dolci, che sviluppa il tema della comunicazione in altra direzione, che egli chiama autentica, o legge della vita, e che costituisce l'elemento basilare dell'approccio presentato in questo contributo. Si intende per comunicazione un processo bidirezionale che conosce la dimensione fondante e privilegiata a livello interpersonale " per cui la comunicazione di massa non esiste, è un ossimoro, commenta Mario Luzi6 - e che, attraverso ripetute e continue interazioni tra i soggetti coinvolti, tende alla conoscenza e alla comprensione reciproca. La comunicazione autentica non può consistere in un processo unidirezionale:

Mentre il trasmettere può essere violento o nonviolento, inquinante o no, il comunicare essenzialmente è sincero e nonviolento, pure quando conflittuale. Mentre esiste un trasmettere che tende al comunicare (ad es. la domanda, la proposta d'amore), un rapporto esclusivamente e continuativamente unidirezionale tra una persona e un'altra, tra una persona e altre, nel tempo risulta - di fatto " violento: non esiste né può esistere alcuna comunicazione esclusivamente unidirezionale7.

La comunicazione autentica diviene strumento privilegiato per costruire relazioni sane, che possono contribuire a fare uscire l'umanità dalla condizione di malattia nella quale, secondo queste analisi8, attualmente versa. La comunicazione si configura così come il necessario processo attraverso ilPage 57quale è possibile esprimere la creatività di ciascuno; creatività che in altri autori è indicata come fattore determinante per la trasformazione dei conflitti9. Scrive al riguardo Dolci:

Comunicare è intimamente connesso a creatività e a crescere: non si può essere creativi senza comunicare, né si può comunicare senza essere creativi [...] Esercitare il proprio sano potere (radicato nel conoscere), essere creativi, è una necessità per ognuno10.

In altri termini, di più ampia diffusione nell'ambito degli studi sui conflitti, la comunicazione diviene agente di empowerment, ossia «il processo attraverso il quale persone o gruppi che si trovano in una situazione di impotenza apprendono modalità di pensiero e azione che permettano loro di agire in maniera autonoma per soddisfare i propri bisogni fondamentali»11. Questo nello specifico è uno degli obiettivi chiave della trasformazione costruttiva dei conflitti.

Dolci sottolinea anche la distinzione tra comunicazione e trasmissione:

Oggi più che mai saper distinguere trasmettere da comunicare è operazione non solo mentalmente essenziale alla crescita democratica del mondo: la creatività di ognuno, se valorizzata comunitariamente, acquista un enorme potere ora in massima parte sprecato12.

Questa chiarificazione semantica, o per dirla con le parole di Dolci, questa anatomia lessico-concettuale, non consiste in un semplice esercizio di stile o in una mera proposta terminologica: è il primo necessario e organico passo per il cambiamento sociale, che a sua volta ha per obiettivo l'uscita dallo stato confusionale in cui versa una grande parte della popolazione del pianeta. Coerentemente con il principio della nonviolenza (per cui il mezzo deve esse-Page 58re coerente col fine, in quanto coincidente con esso, come l'albero è già nel seme che gli dà origine), Dolci insiste sull'importanza di non usare il termine comunicazione - che, ricordo, etimologicamente significa mettere in comune " per descrivere meccanismi che non hanno l'obiettivo di instaurare processi di interazione profonda e bidirezionale a livello interpersonale.

Distinguere comunicazione da trasmissione diventa dunque per Dolci azione fondante di un processo di risanamento globale, che procede dal risolvere alcune confusioni semantiche e che finisce per attivare la creatività di ciascuno in funzione del cambiamento sociale.

@Cultura

Un primo approccio al concetto di cultura può partire dalla considerazione che tutti hanno una cultura e che quando si appartiene a quella più diffusa normalmente non se ne è consapevoli; d'altra parte, quale che sia, la cultura di appartenenza influisce in maniera determinante nella maniera in cui gli esseri umani interagiscono col mondo, spesso attraverso meccanismi inconsapevoli, a volte difficili da evidenziare e portare alla luce.

Possiamo definire la cultura come un sistema di valori e norme, condivisi da un gruppo di persone, che formano la base del vivere comune. I valori possono essere intesi come assunti condivisi riguardo ciò che un gruppo culturale ritiene che sia buono, giusto e desiderabile. Le norme, a loro volta, possono essere descritte come regole sociali e linee guida che prescrivono un comportamento appropriato in determinate situazioni. Per quanto detto, si può dedurre che la cultura sia un atteggiamento appreso che comprende vari elementi come il valore dato ai beni materiali e le istituzioni sociali, il linguaggio e l'estetica, la religione e i sistemi di credenze. La cultura si forma originariamente nei gruppi socio-linguistici di appartenenza, in base al luogo e al periodo di nascita e crescita, agli amici e alle conoscenze, al tipo di scuola frequentata e al livello di istruzione acquisito, grazie alle varie esperienze interculturali avute nella vita di tutti i giorni, al lavoro, nel contesto sociale o professionale. Ancora, un ruolo determinante per la formazione della cultura è rappresentato dai modi di pensare e dalle impressioni ricevute dai media13.

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Da un altro punto di vista il concetto di cultura non è univocamente definibile: nelle sue concretizzazioni la cultura...

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