I diritti di proprietà intellettuale e la genesi dell'accordo trips

AutoreGiuseppe Morgese
Pagine9-66

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Sezione prima La tutela dei diritti di proprietà intellettuale sul piano interno e su quello internazionale fino all'inizio dell'Uruguay Round

@@1. Il concetto di bene immateriale e la portata dei relativi diritti.

La prima legislazione moderna a tutela dei beni immateriali1 è stata adottata nel campo brevettuale all'inizio dell'età rinascimentale nella Repubblica Page 10 di Venezia2. La Parte veneziana del 1474, emanata per incoraggiare l'attività inventiva dei singoli a fronte del monopolio commerciale delle corporazioni mercantili, prevedeva la concessione di uno speciale privilegio agli inventori, la "lettera patente" (da cui il termine anglosassone patent). Essa stabiliva al contempo i requisiti oggettivi della novità, della particolare ingegnosità della soluzione e della sua realizzabilità affinché la loro invenzione potesse essere tutelata. Venivano indicate quali giustificazioni per una simile tutela lo stimolo dell'attività inventiva, il compenso delle spese sostenute dall'inventore, il diritto sulla creazione e l'utilità sociale della stessa3. Esigenze di tutela nei confronti delle opere artistiche e letterarie vennero invece in rilievo pochi decenni più tardi, in Inghilterra, con l'invenzione della stampa a caratteri mobili per mezzo della quale si aveva per la prima volta la possibilità di riprodurre il contenuto intellettuale delle produzioni letterarie in un numero virtualmente illimitato di esemplari.

Diversamente dalla Parte veneziana, le legislazioni inglesi a protezione di autori e inventori adottarono inizialmente un sistema di "privilegi reali" non ancorato a parametri oggettivi ma basato su valutazioni discrezionali da parte del sovrano4. Esse tutelavano non tanto il pregio intrinseco dell'opera o dell'invenzione quanto lo sforzo economico compiuto dall'editore o dall'inventore. Quindi, in ultima analisi, poggiavano sul merito soggettivo conseguito nello svolgimento di un'attività materiale5. Detti privilegi, tutelati da sanzioni di carattere penale, venivano peraltro concessi per qualunque tipo di attività economica, dunque non solo per la produzione di nuove opere artistiche o invenzioni industriali.

Questa impostazione iniziò ben presto a mostrare i suoi limiti rispetto alla crescente importanza delle creazioni artistiche e industriali nell'evoluzione dell'economia europea. Già nell'Inghilterra preindustriale, lo Statute of Monopolies del 1623 aboliva tutti i privilegi e i monopoli nell'esercizio delle attività economiche, mantenendo solo quello dell'inventore per lo sfruttamento della propria invenzione. Page 11 Benché ancora basata sul privilegio, la concessione dell'esclusiva veniva tuttavia ancorata a presupposti oggettivi (come nella Parte veneziana), quali il merito intrinseco dell'invenzione, e non allo sforzo soggettivo del suo autore6. Per la prima legge inglese sul copyright, che attribuisse tutela all'autore e non all'editore, si dovette invece attendere lo Statute of Anna del 17097.

Il passaggio a una concezione completamente oggettiva dei beni immateriali, in cui la tutela veniva ricondotta nell'ambito di principî di diritto comune e impostata sullo schema del diritto di proprietà8, si ebbe verso la fine del XVIII secolo. Detto passaggio rappresentava una delle conseguenze della rivoluzione industriale9 ma la sua elaborazione teorica risentiva del generale riconoscimento dei valori della libertà di esercizio e di concorrenza propri della rivoluzione francese del 1789 (che aveva abolito il sistema dei privilegi reali in quel Paese). Durante la prima metà del XIX secolo venne predisposta una serie di leggi speciali sul diritto d'autore e sulla protezione delle invenzioni industriali. Le opzioni di fondo di queste normative, e cioè il riconoscimento di un diritto assoluto su basi oggettive e non più discrezionali nonché la possibilità di libera utilizzazione da parte della generalità dei consociati decorso un certo periodo di tempo, sono rimaste pressoché inalterate fino a oggi10.

Si è giunti così all'affermazione di una nuova categoria di beni diversi da quelli materiali. Essi, proprio sulla base della separazione concettuale tra creazione intellettuale e sua incorporazione materiale11, risultavano caratterizzati al tempo stesso dagli elementi della realità e dell'immaterialità. Questi beni vennero pertanto denominati "immateriali" (immaterialguterrechte)12.

I beni appena menzionati non sono fisicamente presenti nella realtà pregiuridica come quelli materiali, ma rappresentano il frutto di una specifica previsione legislativa quanto alla loro stessa fattispecie costitutiva. Essi devono essere tenuti distinti dalla relativa attività creativa13, dalle creazioni intellettuali 14 Page 12 e infine dalle loro estrinsecazioni materiali15. Dalla necessità di una previsione normativa che disciplini la fattispecie costitutiva di simili beni deriva, in particolare, la circostanza per cui non tutte le creazioni intellettuali possono essere oggetto di diritti, e quindi identificate alla stregua di beni, ma solo quelle "particolarmente qualificate". Essendo il bene una porzione della realtà presa in considerazione e delimitata dal diritto, solo l'ordinamento giuridico può attribuire a tale porzione (cioè, a una specifica creazione intellettuale) una rilevanza non fattuale ma giuridica, quest'ultima assente in natura16.

L'affermata separazione concettuale del bene immateriale (inteso, giova ripeterlo, quale creazione intellettuale normativamente qualificata e disciplinata) dal suo mezzo di realizzazione fisica, dunque, ha portato la dottrina a individuare le caratteristiche del primo nella necessità di estrinsecazione17, nella trascendenza18, nella riproducibilità e circolabilità19, nell'indistruttibilità20, nella possibilità di contemporaneo integrale godimento21 e nell'insuscettibilità di immediato godimento economico22. Page 13

Con riferimento alla classificazione del relativo diritto, occorre invece sinteticamente distinguere tra le teorie formulate in materia di creazioni artistiche soggette al diritto d'autore e quelle elaborate in generale sui beni immateriali.

Le teorie sul diritto d'autore possono dividersi in tre gruppi. La teoria del "diritto strettamente personale" postula l'esistenza dell'opera d'arte non in quanto cosa oggettivata ma come semplice proiezione della personalità dell'autore. Nel tentativo di superare la non aderenza di questa costruzione teorica alla realtà economica, la teoria del "diritto misto" invece ipotizza l'esistenza di un diritto c.d. sui generis, con prerogative sia patrimoniali che morali, e lo caratterizza in diversa maniera a seconda del periodo storico considerato23. Infine, la teoria del "diritto reale" pone l'accento, nelle sue prime formulazioni, quasi esclusivamente sul contenuto patrimoniale della creazione artistica, intendendolo come diritto esclusivo di sfruttamento del bene immateriale. Per ovviare alla insufficiente valorizzazione del contenuto "morale" nella teoria del diritto reale, ma senza ricadere nell'elaborazione di un tertium genus non sorretto da alcun enunciato di diritto positivo, è stata successivamente elaborata la teoria c.d. "dualistica". Essa separa il contenuto patrimoniale da quello morale e riporta il secondo nell'alveo dei diritti della personalità, pur mantenendolo ancorato al bene immateriale di volta in volta considerato24.

Passando alla generalità dei beni immateriali, questi ultimi si qualificano come porzioni della realtà circostante dotate di autonomia rispetto al soggetto creatore, ai soggetti fruitori, alle altre produzioni dell'autore e/o di terzi nonché al mezzo di estrinsecazione. La circostanza che il bene immateriale sia obiettivamente determinabile permette alla norma di compiere una valutazione differenziata con riferimento al comportamento del creatore e a quello di altri soggetti. In particolare, data la componente quasi esclusivamente Page 14 economica del diritto in esame (che nelle invenzioni appare ancor più rilevante rispetto alle opere letterarie e artistiche), la posizione soggettiva attiva del creatore consiste nella possibilità di sfruttare economicamente il bene. A questa posizione corrisponde quella passiva della generalità degli altri soggetti (i non-creatori di quel bene) concretantesi in un obbligo di astensione dal medesimo sfruttamento25. Sembra pertanto che si possano rinvenire nello schema appena illustrato gli elementi fondamentali del diritto assoluto (ius excludendi alios). Esso inoltre, poiché il parametro di valutazione del comportamento degli altri soggetti viene fornito dall'elemento dell'esistenza del bene immateriale, pare qualificarsi in rapporto a quest'ultimo come diritto reale. Si può quindi sostanzialmente concordare con chi, in considerazione dell'insieme delle prerogative assegnate dalla maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali al titolare del bene e includendo tutte le possibili utilità economico-patrimoniali, sostiene che esso ricade nella categoria del diritto di proprietà26.

Vale la pena di ricordare come, alla ricostruzione giuridica del diritto sul bene immateriale in termini di diritto di proprietà, si sia storicamente contrapposta quella tesi che, pur riconoscendone il contenuto prevalentemente patrimoniale, nega la sua oggettività giuridica e lo riporta nell'àmbito del "diritto di monopolio". Questa teoria, basandosi sulla negazione dell'esistenza di un bene immateriale distinto dal suo mezzo di estrinsecazione, ritiene infatti che l'oggetto del diritto di brevetto e/o d'autore non sia la creazione intellettuale normativamente qualificata bensì un facere in relazione a uno o più beni materiali incorporanti quest'ultima. Di conseguenza, il contenuto del diritto risulterebbe essere quello di impedire che altri sfruttino la creazione dell'ingegno senza il consenso del titolare, ma nella particolare forma del divieto di concorrenza con il titolare del diritto nella riproduzione di determinati oggetti27. Parzialmente diversa è...

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