Le prove informatiche e la produzione dei documenti probatori su supporto informatico

AutoreAlessandra Villecco
CaricaAvvocato e Professore a contratto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Verona
Pagine193-221

Alessandra Villecco Avvocato e Professore a contratto presso la Facolt di Giurisprudenza dell'Universit degli Studi di Verona. Docente in Master in diritto delle nuove tecnologie e informatica giuridica - Cirsfid - Bologna. Chair della Conferenza Internazionale Computer aided-Law and Advanced Technologies (CLAT)

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@1. Introduzione.

Sono trascorsi dieci anni da quando con la legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. legge Bassanini), il Governo veniva delegato ad emanare regolamenti per dare disciplina compiuta alla tecnica della documentazione informatica.

In questi anni, l'impiego della tecnologia informatica e di conseguenza l'uso dei documenti informatici, ha avuto ampia diffusione in diversi settori, sia in ambito pubblico sia privato. Nel settore pubblico, all'interno di quello che viene designato come fenomeno di e-Government, è proprio nell'àmbito dell'esperienza processuale che la tecnologia informatica è chiamata a svolgere un ruolo strategico: si parla della creazione di un processo telematico di un processo che si concreta in una sequenza di atti affidati alla tecnologia informatica, atti e documenti la cui efficacia e il cui valore giuridico diventa un prerequisito fondamentale.

Molteplici sono gli aspetti del processo informatizzato che vedono l'utilizzazione di atti digitali: si pensi, ad esempio, al verbale di causa, al fascicolo d'ufficio, ai provvedimenti del giudice ma anche alle notificazioni e alle comunicazioni.

Ma si pensi anche, ed è l'oggetto delle riflessioni svolte in queste pagine, all'utilizzazione degli strumenti informatici ai fini probatori: l'art. 141, in commento,Page 194 disciplina in modo specifico, come risulta dalla stessa rubrica della disposizione normativa, la produzione in giudizio degli "atti e dei documenti probatori su supporto informatico", strumenti che devono essere qui studiati sia per quanto riguarda la loro tipologia, sia per i metodi di acquisizione, sia per la loro efficienza probatoria ai fini della formazione del convincimento del giudice.

@2. Le prove informatiche.

Ancora prima che il legislatore nazionale provvedesse, nel 19972, a dettare una disciplina sull'efficacia delle prove informatiche, il fenomeno della documentazione digitale era già largamente diffuso, in quanto diversi servizi e utenti, pubblici e privati, utilizzavano documenti prodotti da elaboratori elettronici3.

Sin dal primo apparire della nuova tecnologia dottrina e giurisprudenza si erano subito occupate dei documenti informatici specie sotto il profiloPage 195 della loro valenza probatoria4. Da una parte, furono considerate prove atipiche, quali mezzi probatori non espressamente contemplati da alcuna disposizione normativa ma comunque ammissibili, la cui efficacia poteva essere ricondotta a meri argomenti di prova; si ammetteva altresì che il giudice ben potesse conferire al documento informatico il valore di prova liberamente apprezzabile sufficiente comunque a fondare il proprio convincimento, purché di ciò desse adeguata motivazione. Tale orientamento fu poi superato per individuare la disciplina dell'efficacia dei documenti informatici in norme preesistenti da applicare per analogia, esattamente com'era stato fatto per il rilievo probatorio di telefax e telex utilizzando le norme in tema di efficacia probatoria delle copie fotografiche di scritture (art. 2719 c.c.).

Così, per quanto riguarda i documenti informatici, privi dell'ancora sconosciuta tecnica della firma digitale5, si ritenne d'applicare per analogia la norma di cui all'art. 2712 c.c., con ciò stesso equiparando il documento informatico quanto al valore probatorio e quanto alle modalità di acquisizione come una riproduzione meccanica.

Solo con il citato d.p.r.. 513/1997, poi sostituito dal d.p.r. 445/2000 e, infine, con l'emanazione del Codice dell'amministrazione digitale (CAD) è stata emanata la disciplina sostanziale dell'efficacia dei documenti elettronici, divenuti così strumenti probatori tipici, non solo come mezzo probante, ma anche per il predeterminato criterio in base al quale il giudice deve valutarli6.

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Nel nostro ordinamento sussiste una caratteristica, la "duplicità disciplinare della law of evidence"7, derivante dalla sua distribuzione fra codice sostanziale e codice di rito, ma si tratta di una disciplina che nell'ultimo mezzo secolo ha subito forti cambiamenti8, ora particolarmente evidenti per effetto delle leggi che regolano gli strumenti probatori affidati alla tecnologia informatica.

È ben vero, peraltro, che la disciplina sulla documentazione elettronica ha seguito un percorso tutt'altro che lineare, come dimostrano i continui cambiamenti che non è opportuno ripercorrere in questa sede, se non per precisare che questa frastagliata, disomogenea e spesso poco chiara normativa ha ostacolato la diffusione e la utilizzazione dei documenti informatici ed ha causato, conviene notarlo, sfiducia e diffidenza negli operatori che hanno ostacolato, in particolare, il fruttuoso avvio del processo telematico.

A tal riguardo non ha dato certo un positivo contributo la prolifica tecnica delle definizioni che il legislatore ha sentito il bisogno di elaborare nel disciplinare gli istituti aperti alla tecnologia informatica: definizioni spesso incongrue e talora contraddittorie se non anche inutili.

Così, per fare un esempio, non si comprende l'esigenza di ripetere nel regolamento sul processo telematico la definizione di documento informatico già contenuta nei testi legislativi che espressamente lo disciplinano. Come è noto, il d.p.r. n. 123 del 2001 definisce documento informatico ogni "rappresentazione informatica del contenuto di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ai sensi del d.p.r., 10 novembre 1997, n. 513" (art. 1 lett. a). Questa prima definizione del documento informatico, si affidava ad una formula incongrua, là dove essa si riferiva alla rappresentazione del "contenuto" dei fatti, è stata corretta dall'art. 1 lett. p) del CAD che ora definisce correttamente il documento informatico come "la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti".

Le lettere successive del medesimo art. 1 definiscono, rispettivamente, il duplicato del documento informatico (lett. b) come "la riproduzione del documento informatico effettuata su un qualsiasi tipo di supporto elet-Page 197tronico facilmente trasportabile" e il documento probatorio (lett. c) come "l'atto avente efficacia probatoria ai sensi del codice civile e del codice di procedura civile". A questo proposito l'espressione "documento probatorio" e la definizione che ne viene data è pleonastica se non anche erronea, poiché è come scrivere d'una "prova probatoria": invero, ogni documento è per definizione mezzo di prova e, in particolare, mezzo di prova rappresentativa e ciò in quanto capace di dare la rappresentazione di dichiarazioni di scienza o di volontà9 o di fatti o di cose10.

Il documento può aver ricevuto ex lege una particolare efficacia, perché è stato formato da un soggetto abilitato a dare pubblica fede alla sua efficacia rappresentativa. Questo accade per i documenti che riproducono dichiarazioni attribuibili alla parte dichiarante: documenti quindi "dichiarativi" quali l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata, ma anche la stessa scrittura privata, quando essa non viene contestata in giudizio. Ma il documento può essere non solo "dichiarativo", ma anche "rappresentativo" di fatti o di cose, nel caso in cui riproduca immagini, filmati o suoni, come avviene per le riproduzioni meccaniche disciplinate dall'art. 2712 c.c.

@@2.1. I documenti informatici.

In un primo tempo, il legislatore ha ricondotto il documento informatico, ancora privo di qualunque tipo di firma elettronica11, nell'àmbito delle riproduzioni meccaniche e della loro efficacia probatoria12.

Il CAD non si occupa più di disciplinare direttamente l'efficacia del mero documento informatico, in quanto la norma contenuta nell'art. 21, e per l'appunto intitolata "Valore probatorio del documento informaticoPage 198 sottoscritto", prende soltanto in considerazione i documenti muniti di firma sia digitale o elettronica qualificata sia elettronica semplice. Infatti, nel CAD non vi è più alcun rinvio all'art. 2712 sul valore probatorio del mero documento informatico: è questa stessa norma del codice civile che regola il valore probatorio del documento in questione, avendo l'art. 23 del CAD modificato l'art. 2712 c.c., che ora riconduce alle riproduzioni meccaniche anche le "riproduzioni informatiche".

Questa scelta non è priva di significato rispetto alla precedente regolamentazione, per cui ogni documento informatico, ancorché dichiarativo, veniva posto sullo stesso piano della riproduzione meccanica quanto all'efficacia. Sembrava così che si fosse attribuito valore a un documento scritto ma non sottoscritto, stravolgendo il sistema della prova documentale fondato sul valore attribuito alla sottoscrizione, un valore che si incentra sull'assunzione di paternità della dichiarazione documentata dalla scrittura sottoscritta, al punto che parte della dottrina aveva parlato d'una nuova categoria di prove13.

Invero, nessun problema particolare pone il documento informatico come strumento tecnico in grado di rappresentare o fatti o cose e quindi come riproduzione meccanica nel senso reso esplicito dal testo dell'art. 2712, c.c. Più delicato e problematico ricondurre nell'àmbito di applicazione della medesima norma quei documenti informatici che sono veicolo di una dichiarazione di volontà, come nell'ipotesi d'un messaggio di posta elettronica: soluzione questa che veniva giustificata dall'interpretazione evolutiva dell'art. 2712 c.c., a cui venivano ricondotte le registrazioni magnetofoniche intese quali documenti riproduttivi di dichiarazioni non sottoscritte14.

Ora invece, il nuovo testo dell'art. 2712, là dove riconduce alla disciplina delle riproduzioni meccaniche le riproduzioni informatiche, sembraPage 199 stabilire per implicito...

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