La libertà informatica: brevi note sull'attualità di una teoria giuridica

AutoreTommaso Edoardo Frosini
CaricaProfessore ordinario di Diritto pubblico comparato nella facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Napoli
Pagine87-97

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@1. La Teoria Del Diritto Di Libertà Informatica

La dottrina della libertà informatica nacque nell'ormai lontano 1981 con l'intento di dare un respiro teorico al problema che allora impegnava maggiormente il giurista coinvolto nelle tematiche di diritto dell'informatica, che era quello della protezione della riservatezza con riferimento alla banche dei dati1. Innanzitutto, va sottolineato come la dottrina della libertà informatica aveva la sua matrice ideologica nella concezione di un nuovo liberalismo, inteso come fermento lievitante di una civiltà liberale promossa dalla rivoluzione tecnologica; e si sviluppava sulla base di una nuova dimensione del diritto di libertà personale, in una fase storica della civiltà industriale caratterizzata dall'avvento dei calcolatori elettronici. Tipico nuovo diritto scaturito dalla evoluzione della civiltà tecnologica, il diritto di libertà informatica manifesta un nuovo aspetto dell'antica idea della libertà personale e costituisce l'avanzamento di una nuova frontiera della libertà umana verso la società futura. Questa nuova forma di libertà personale deriva dall'esigenza di salvaguardare la persona umana dalla minaccia e dall'insidia rappresentate dalla degenerazione del nuovo potere sociale, economico e giuridico, che è il potere informatico; e quindi, la capacità di accumulazione, memorizzazione, elaborazione e trasmissione dei dati informatici personali, che conferisce un potere conoscitivo prima sconosciuto e che consente di attuare una sorveglianza occulta, onnipresente, pervasiva dei comportamenti privati.

Nella sua originaria versione, quella esposta nel 1981, la libertà informatica veniva raffigurata - al pari di quella politica - come positiva e negativa. La Page 88 libertà informatica negativa, esprime "il diritto di non rendere di dominio pubblico certe informazioni di carattere personale, privato, riservato (qualifiche queste, che potrebbero in certi casi non coincidere tra loro)"; la libertà informatica positiva, invece, esprime la facoltà "di esercitare un diritto di controllo sui dati concernenti la propria persona che sono fuoriusciti dalla cerchia della privacy per essere divenuti elementi di input di un programma elettronico; e dunque libertà informatica positiva, o diritto soggettivo riconosciuto, di conoscere, di correggere, di togliere o di aggiungere dati in una scheda personale elettronica"2.

Ecco che così il diritto di libertà informatica assume una nuova forma del tradizionale diritto di libertà personale, come diritto di controllare le informazioni sulla propria persona, come diritto dello habeas data. L'evoluzione giurisprudenziale ha riconosciuto e affermato questo nuovo diritto di libertà nei termini di protezione dell'autonomia individuale, come pretesa passiva nei confronti dei detentori del potere informatico, dei privati o delle autorità pubbliche. Con la nuova legislazione sulla tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali (in Italia, la l. n. 675 del 1996), arricchita da una normazione europea, la nozione del diritto di libertà informatica ha trovato riconoscimento nel diritto positivo; ma nel frattempo ha subìto una trasformazione, giacché il diritto di tutelare i propri dati si attua nei confronti di qualunque trattamento di essi, anche non elettronico; e ha subìto altresì un mutamento del suo carattere, prima ispirato al principio della difesa dinanzi al potere informatico, ora considerato come un diritto attivo di partecipazione del cittadino al circuito delle informazioni. Emerge così il problema del riconoscimento di un diritto all'identità personale come nuovo diritto della personalità, costituito dalla proiezione sociale della personalità dell'individuo cui si correla un interesse del soggetto a essere rappresentato nella vita di relazione con la sua vera identità. La libertà di custodire la propria riservatezza informatica è divenuta anche libertà di comunicare ad altri le informazioni trasmissibili per via telematica, per esercitare così la libertà di espressione della propria personalità avvalendosi dei sistemi di comunicazione automatizzata.

Il diritto di libertà informatica acquisisce oggi un ulteriore significato a seguito dell'avvento dell'Internet, e ciò vale a dimostrare la sua attualità teorica. Infatti, con l'Internet, il diritto di libertà informatica "è diventato una pre- Page 89 tesa di libertà in senso attivo, non libertà da ma libertà di, che è quella di valersi degli strumenti informatici per fornire e ottenere informazioni di ogni genere. È il diritto di partecipazione alla società virtuale, che è stata generata dall'avvento degli elaboratori elettronici nella società tecnologica: è una società dai componenti mobili e dalle relazioni dinamiche, in cui ogni individuo partecipante è sovrano nelle sue decisioni"3. Ci troviamo di fronte, indubbiamente, a una nuova forma di libertà, che è quella di comunicare con chi si vuole, diffondendo le proprie opinioni, i propri pensieri e i propri materiali, e la libertà di ricevere. Libertà di comunicare, quindi, come libertà di trasmettere e di ricevere. Non è più soltanto l'esercizio della libera manifestazione del pensiero dell'individuo, ma piuttosto la facoltà di questi di costituire un rapporto, di trasmettere e richiedere informazioni, di poter disporre senza limitazioni del nuovo potere di conoscenza conferito dalla telematica: di poter esercitare, insomma, il proprio diritto di libertà informatica. Appare chiaro, allora, come in questa nuova concezione "tecnologizzata" della libertà di comunicazione, fanno fatica ad affermarsi i contenuti delle tradizionali libertà costituzionali, in particolare quella di comunicazione e quella di manifestazione del pensiero. Pertanto, è la libertà informatica a rappresentare la nuova libertà costituzionale della società tecnologica, come dimostrano alcune esperienze di Costituzioni recenti e come lo si può senz'altro ricavare attraverso una interpretazione evolutiva delle Costituzioni meno recenti.

@2. La Libertà Informatica Nelle Costituzioni: Una Breve Rassegna Comparata

Nel collocare la libertà informatica sotto il prisma del diritto comparato, e volgendo così lo sguardo verso alcune recenti Carte costituzionali, si può osservare come la elaborazione della normativa costituzionale abbia tenuto conto dello sviluppo tecnologico informatico e abbia, pertanto, provveduto a scrivere delle norme costituzionali dalle quali si può dedurre il principio di libertà informatica in senso attivo e passivo. Mi limito a fare soltanto alcuni esempi, tra i più significativi. Prima però non si possono non ricordare le due Costituzioni europee, che hanno introdotto il principio della libertà informatica (sia pure non ancora nella versione attiva e passiva). Si tratta, come Page 90 noto, della Costituzione spagnola e di quella portoghese, entrambe varate verso la fine degli anni Settanta4.

Ma veniamo all'esame di alcune recenti Costituzioni. La Costituzione della Repubblica del Sudafrica5, che è del 1993, prevede tre articoli, che in combinato disposto tra loro fanno emergere il diritto di libertà informatica. L'art. 13 intitolato Privacy: "Ogni persona avrà diritto alla propria privacy; il che includerà il diritto a non essere assoggettato a perquisizioni della propria persona, della casa o della proprietà, a non subire il sequestro di beni privati o la violazione delle proprie comunicazioni private"; l'art. 15 dedicato alla Libertà di espressione, in particolare il primo comma: "Ogni persona avrà diritto alla libertà di parola e di espressione: comprendente la libertà di stampa e di uso degli altri media e la libertà di creatività artistica e di ricerca scientifica"; e, infine, l'art. 23 sull'Accesso alle informazioni: "Ogni persona avrà diritto di prendere...

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