L'influenza della dimensione mediatica sull'esistenza dei pericula libertatis

AutorePulito Lorenzo
Pagine199-203

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sino al momento del dibattimento o, comunque, il più a lungo possibile.
14. La scelta della misura cautelare. - Pure per questa parte, come s’è già accennato, vale la presunzione di esclusiva adeguatezza della misura carceraria, prevista dall’art. 275, co. 3, c.p.p..

Ma, anche sotto questo aspetto, al di là del dato formale, la custodia cautelare in carcere si presenta, in concreto, come l’unica misura adatta a contenere i suesposti pericoli.

L’evidenza mediatica acquisita dall’indagata e le sue possibilità di contatti, anche attraverso i più diversi dispositivi di comunicazione a distanza, con una moltitudine

non calcolabile di persone fanno sì che, solo se ristretta in carcere, ella si trovi nell’impossibilità di mantenere tali relazioni, che ben potrebbero garantirle, alla bisogna, una fuga e, comunque, di inquinare i risultati investigativi.

Tali contatti, invece, non potrebbero esserle interdetti nemmeno dagli arresti domiciliari, per la intrinseca natura di questa misura (che la reintegrerebbe nel contesto logistico e personale in cui è maturato il delitto), per il carattere necessariamente saltuario dei controlli praticamente esperibili, ma anche - è necessario dirlo - per la seduzione che la Misseri ha mostrato di subire dal fascino delle telecamere, ormai stabilmente installate davanti e dentro a quella casa. (Omissis)

L’infLuenza deLLa dimensione mediatica suLL’esistenza dei pericuLa Libertatis

di lorenzo Pulito

SOMMARIO
1. Preambolo introduttivo. 2. L’influenza della dimensione mediatica della vicenda sull’esistenza del pericolo di fuga e sulla misura cautelare idonea a salvaguardarlo. 3. Profili processuali in ordine alla convalida del fermo: a) la possibilità di integrare la motivazione della convalida del fermo con la successiva ordinanza custodiale; b) l’esistenza o meno di un termine per l’adozione di quest’ultima, dopo la rituale convalida; c) la fissazione di un termine per il deposito della motivazione del provvedimento di convalida e le conseguenze in caso di mancato rispetto di tale termine.

1. Preambolo introduttivo

Mentre nei “salotti televisivi” veniva celebrato il “processo mediatico” per il delitto della piccola Sarah Scazzi e dalle bocche di criminologi, psicologi, consulenti, giornalisti, opinionisti e tuttologi, esondavano i verdetti più disparati sulle responsabilità dei personaggi coinvolti nella cupa vicenda di Avetrana, il “processo giudiziario” stillava l’ordinanza in commento, nella quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto ricostruiva l’accadimento omicidiario.

Per quanto l’avvicinamento di un microfono o di un obiettivo alle fonti possa sembrare meglio garantire l’accesso alla verità, il processo celebrato nell’agorà mediatica non ha nulla a che fare con la giustizia penale: l’uno raccoglie in modo bulimico qualsiasi conoscenza che trasudi alla segretezza delle indagini, mentre l’altra seleziona i dati su cui fondare la propria decisione. Tuttavia, qualche volta,

come era già accaduto in passato - non senza perplessità -nel “caso di Cogne”, allorché la Corte di Appello di Torino aveva disposto che la perizia psichiatrica sull’imputata fosse condotta anche attraverso l’esame delle interviste televisive rilasciate dalla medesima (1), è proprio il processo giurisdizionale ad ingurgitare brandelli mediatici.

Così, nell’ordinanza in esame - ed in ciò consiste la novità - la dimensione mediatica sembra condizionare il giudizio sull’esistenza del pericolo di fuga e la scelta della misura cautelare idonea a salvaguardarlo: questa influenza consente di sviluppare alcune brevi riflessioni sul rapporto tra processo penale e mass media.

Il provvedimento esaminato è altresì utile occasione di approfondimento di profili processuali altrettanto rilevanti, quali quelli concernenti: la possibilità di integrare la motivazione della convalida del fermo con la successiva ordinanza custodiale e l’esistenza o meno di un termine per l’adozione di quest’ultima, dopo la rituale convalida; la fissazione di un termine per il deposito della motivazione del provvedimento di convalida e le conseguenze in caso di mancato rispetto di tale termine.

2. L’influenza della dimensione mediatica della vicenda sull’esistenza del pericolo di fuga e sulla misura cautelare idonea a salvaguardarlo

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, nel ritenere sussistenti le esigenze cautelari del pericolo di fuga e di inquinamento probatorio, ha sostenuto, a proposito della prima esigenza, che «l’ormai incontrollato clamore mediatico suscitato dalla vicenda, sull’intero territorio nazionale e forse anche oltre, ha consentito alla Misseri di intessere una rete vastissima di relazioni interpersonali, e comunque di appassionare alla sua vicenda umana, con sentimenti positivi o negativi, poco importa, un’incalcolabile moltitudine di persone, tra le quali è ben probabile che vi sia pure qualcuno disposto ad agevolarne la fuga».

L’aver legato la vicenda mediatica al pericolo di fuga ha indotto poi il magistrato a scegliere la misura cautelare della custodia in carcere, in quanto «l’evidenza mediatica acquisita dall’indagata e le sue possibilità di contatti, an-

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che attraverso i più diversi dispositivi di comunicazione a distanza, con una moltitudine non calcolabile di persone fanno sì che, solo se ristretta in carcere, ella si trovi nell’impossibilità di mantenere tali relazioni, che ben potrebbero garantirle, alla bisogna, una fuga e, comunque, di inquinare i risultati investigativi (…)».

Le coordinate entro cui inquadrare sistematicamente il tema da affrontare sono prima di tutto quelle della “logica cautelare”, la quale subordina la legittimità della restrizione prima del giudizio definitivo all’esistenza di precise e rilevanti ragioni di tutela, nel rispetto dei princìpi costituzionali e internazionali che disciplinano la materia e ne costituiscono l’architettura di base, che, in concreto, consistono nella tassativa fissazione di specifiche esigenze da salvaguardare con l’imposizione (2).

L’art. 274 c.p.p., com’è noto, ne delinea tre autonome, ontologicamente e strutturalmente differenti tra loro, descritte con una certa precisione normativa sia per 1’esigenza di una loro tassativa tipizzazione, sia nell’intento di evitare interpretazioni troppo “elastiche” che possano nascondere logiche strumentali.

Per quanto delineati normativamente, i pericula libertatis finiscono per essere comunque “evanescenti”, essendo collegati a valutazioni prognostiche ardue e scarsamente verificabili. La valutazione circa l’effettiva ricorrenza di almeno una delle esigenze determinate dal legislatore, sufficiente per la legittima applicazione di una misura cautelare personale (3), posto il principio di auto-nomia che affida ad ognuna di esse la capacità di attivare il meccanismo repressivo (4), finisce con il rientrare nella discrezionalità del giudice: sebbene la sussistenza delle singole “ragioni” cautelari debba essere “concreta” - nel senso che esse devono ricorrere effettivamente e, soprattutto, avere una oggettiva...

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