Indizi e processo penale

AutoreIvan Borasi
Pagine269-274
269
dott
Arch. nuova proc. pen. 3/2013
DOTTRINA
INDIZI E PROCESSO PENALE
di Ivan Borasi
SOMMARIO
1. Nozione di indizio. 2. Libero convincimento indiziario.
3. Gravità indiziaria. 4. Precisione indiziaria. 5. Certezza
indiziaria. 6. Concordanza indiziaria. 7. Indizio come prova
contraria decisiva. 8. Valutazione indiziaria. 9. Sillogismo
indiziario. 10. Nesso logico-scientif‌ico indiziario. 11. Prove
atipiche indiziarie. 12. Ragionevole dubbio indiziario. 13.
Conclusioni.
1. Nozione di indizio
Nessuna def‌inizione specif‌ica del termine “indizio”
(1) viene data nel codice di procedura penale, anche se
è certamente possibile un parallelo, seppur tenendo conto
delle peculiarità di sede, con le disposizioni in tema di
presunzioni semplici del codice civile (2).
L’indizio con valenza decisoria f‌inale deve primariamen-
te essere visto come sintomo che, attraverso un percorso
logico, permette di rivelare un fatto rimasto direttamente
non dimostrato (3), purché rilevante in senso assoluto nel
caso concreto (4).
Secondo alcuni, nella logica penale l’indizio verrebbe
visto come collegato al fatto, mentre nell’ottica civile la
nozione di presunzione (5) sarebbe maggiormente riferita
al ragionamento probatorio del giudice (6). In realtà le
due nozioni di indizio e presunzione debbono entrambe
ritenersi riferite alla fase valutativa, come limite spurio al
principio del libero convincimento (7).
La prova indiziaria, def‌inita anche prova logica, ha
come contraltare la f‌igura della prova rappresentativa.
La seconda riguarda quelle situazioni che direttamente
rendono comprensibile al giudice un fatto oggetto di
prova, mentre con la prima non si arriva direttamente a
ciò, si riesce solo a provare un fatto collaterale a quello
principale, ma che, sulla base di un ragionamento logico-
scientif‌ico, può portare a ritenere verif‌icato, al di là di
ogni ragionevole dubbio (8), il fatto ignoto sul piano rap-
presentativo diretto.
La prova rappresentativa deve essere di captazione
diretta del fatto, altrimenti l’elemento che rappresenta
potrà avere una mera valenza indiziaria, con un livello di
forza diverso a seconda della maggiore o minore vicinanza
al fatto stesso.
Non è il mezzo di prova in sé che è rappresentativo o
meno, bensì è il fatto noto che colora il mezzo, e la conse-
guente disciplina. In altre parole, qualsiasi mezzo di prova
legittimo, ed il cui risultato conseguentemente è utilizza-
bile, può essere un indizio, mentre lo stesso non si può
dire in astratto per la prova diretta, detta anche storica,
che necessita di un’intrinseca capacità di rappresentare
da parte del mezzo.
L’indizio in sé non è un mezzo di prova minore rispetto
alla prova rappresentativa (9), ciò sia in relazione al valo-
re quantitativo unitario, sia in relazione al ragionamento
logico alla base della valutazione f‌inale in rapporto alla
mera prova rappresentativa diretta, dichiarativa o f‌igu-
rativa, anch’essa dubitabile in ragione della credibilità,
attendibilità e veridicità della fonte (10).
I momenti percettivi e valutativi sono in ogni caso
patrimonio indefettibile come oggetto del ragionamento
decisorio del giudice, sulla base del principio del libero
convincimento.
Ogni elemento acquisito legittimamente al giudizio
può trasformarsi in indizio, anche un comportamento
processuale, o extraprocessuale, con il limite dato dalla
necessaria valenza neutra (11), o al più corroborante (12)
di quei comportamenti tutelati da principi supremi, come
il diritto al silenzio, o il diritto di perseguire strategie pro-
cessuali varie.
Tali elementi però, seppur non valevoli come indizi veri
e propri, possono essere utilizzati per interpretare, e con-
seguentemente colorare, altri elementi, anche in funzione
di mero riscontro indiretto in ragione della vicinanza alla
prova.
In altre parole, si vuole rappresentare come i principi
di lealtà processuale, e il contraltare dell’abuso del diritto,
debbano rilevare non solamente sotto il prof‌ilo della legit-
timità di rito, e quindi solo indirettamente sulla decisione
di merito, ma anche direttamente su quest’ultima in ve-
ste di canone interpretativo, rilevante anche in materia
di ripartizione del rischio del fatto ignoto, avendo sempre
chiaro che nel processo penale l’onere probatorio unico
della prova di colpevolezza dell’imputato è posto dalla Co-
stituzione a carico dell’accusa (13).
Tale discorso, rilevante anche sotto il prof‌ilo del ragio-
nevole dubbio, non può arrivare al paradosso, in determi-
nate situazioni, di trasformare l’onere probatorio a carico
dell’accusa in una vera e propria probatio diabolica non
ragionevole.
La nozione di indizio non può essere vista solamente
nell’ottica del contra reum, ma avendo una valenza ge-
nerale, deve essere vista anche pro reo, vale a dire con
incidenza in negativo rispetto al fatto contestato, quale ad
esempio l’alibi indiziario; in quest’ultimo caso, il momento
di collegamento tra fatto noto e fatto da provare trova il
suo principale sbocco nel ragionevole dubbio, come fatto
alternativo rispetto al fatto tipico di reato. In realtà, la
differenza della f‌igura di indizio contra reum da quella
pro reo, si pone sul piano del canone ex art. 192 comma 2
c.p.p., non applicabile nel secondo caso.
Diversa dalla nozione di indizio contra reum è quella di
riscontro, che per un parallelo con il processo civile, può
porsi in relazione con la f‌igura dell’argomento di prova,
complementare ad un risultato probatorio in senso stretto.
Il riscontro è un indizio che colora una prova per lo più

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