Sui contratti individuali ed I vincoli degli accordi collettivi per le locazioni ad uso abitativo

AutoreVittorio Angiolini
Pagine189-196

Page 189

@1. Premessa

L'effettiva stipulazione degli accordi collettivi locali congegnati per le locazioni ad uso abitativo dalla L. 9 dicembre 1998 n. 431, nel mentre costituisce un traguardo importante per l'attuazione della riforma, è nel contempo all'origine di inediti interrogativi, taluni dei quali, che qua si cercherà di delibare, ruotano intorno ad un problema più vasto: il problema della forza giuridica dei vincoli che per i contratti individuali di locazione possono venire appunto dagli accordi collettivi locali, ovvero, poiché si tratta di vincoli equivalenti per efficacia, dall'emissione del decreto ministeriale di cui al comma 3 dell'art. 4, destinato ad operare in carenza degli accordi collettivi medesimi 1.

Il problema deve anzitutto essere affrontato per rapporto ai contratti individuali stipulati ai sensi dell'art. 2, comma 3 (d'ora innanzi qui denominati cotratti del «canale agevolato»), che sono un elemento centrale della riforma delle locazioni e, successivamente ed in modo distinto, per altri contratti individuali comunque toccati dagli accordi collettivi locali, quali quelli stipulati ai sensi dell'art. 5, comma 1 (d'ora innanzi qui denominati contratti di «natura transitoria») ovvero ai sensi dell'art. 5, comma 2 (d'ora innanzi qui denominati contratti «per studenti universitari») della L. n. 431 del 1998.

Si deve mettere in conto, inoltre, che il problema esaminato, inerente ai rapporti con gli accordi collettivi locali, è prospettabile su due piani i quali, almeno astrattamente, potrebbero darsi come distinti o distinguibili tra loro, e cioè, rispettivamente, sul piano della validità ed efficacia dei cotratti individuali di locazione abitativa nei rapporti tra le parti private contraenti e sul piano della validità ed efficacia dei medesimi contratti individuali ai fini pubblicistici delle agevolazioni fiscali. Infine, la questione dei rapporti tra i contratti individuali di locazione e gli accordi collettivi locali finisce per coinvolgere talora l'ulteriore questione dei rapporti tra gli accordi collettivi locali e la convenzione nazionale ormai recepita con D.M. 5 marzo 1999.

In questo quadro, per sè stesso tutt'altro che semplice, si deve poi essere avvertiti che quanto si verrà dicendo si appoggia, per ora, solo su di una lettura di carattere sistematico della riforma delle locazioni abitative; non bisogna dimenticare mai, soprattutto su temi come quelli di cui si discute, i quali non si erano posti perché non avrebbero potuto porsi alla luce della pregressa legislazione, che sull'interpretazione della L. n. 431 del 1998 siamo ancora in attesa di significativi riscontri giurisprudenziali.

@2. Sui vincoli degli accordi collettivi locali ai contratti del «canale agevolato» e sulle conseguente della loro inosservanza: limiti di canone e di durata

Secondo l'art. 3, comma 3 della L. n. 431 del 1998, i contratti individuali del «canale agevolato» debbono essere stipulati «sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che provvedono alla definizione di contratti-tipo». Ciò però - come del resto denuncia anche la lettera della disposizione, là dove si riferisce ad accordi collettivi locali che fungono da «base» per i contratti individuali, e là dove menziona al plurali i «contratti-tipo» - non pare dover significare che ogni regola o principio inserito negli accordi collettivi locali medesimi debba o possa diventare tassativamente vincolante, alla stregua di norma imperativa, per i singoli contratti del «canale agevolato».

Naturalmente, può darsi che il disattendere l'accordo collettivo comporti trasgressione ad una regola o ad un principio di diritto il quale sia vincolante per le parti contraenti già in sè e per sè, a prescindere dalla sua recezione nell'accordo collettivo medesimo: si pensi, ad es., ad un accordo collettivo locale il quale, semplicemente, ribadisca la disciplina della successione nel contratto di locazione tra coniugi di cui all'art. 6 della L. n. 392 del 1978, che è rimasta vigente e la cui violazione ad opera di un contratto individuale del «canale agevolato», anche dopo l'abrogazione dell'art. 79 della L. n. 392 cit., potrebbe essere qualificata come violazione di norma imperativa (art. 1418 c.c.). Ma, in questo ed altri consimili casi, a ben vedere, non è l'efficacia vincolante dell'accordo collettivo che assume effettivamente rilievo nei riguardi del contratto individuale.

Quando viceversa ad assumere rilievo sia proprio e soltanto un contrasto tra il contratto individuale del «canale agevolato» ed un accordo collettivo locale, ovvero il «contratto-tipo» allegato a tale medesimo accordo collettivo come sua parte integrante, il discorso muta. Per questo frangente, l'art. 13, comma 4, della L. n. 431 del 1998 commina, per espresso, solamente la nullità delle pattuizioni contenute nei contratti individuali del «canale agevolato» le quali siano volte «ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale».

Il che, alla luce dei contenuti del D.M. 5 marzo 1999 ricettivo della convenzione nazionale per il «canale agevolato» deve poi coordinarsi con l'altro disposto del coma 3 dell'art. 13 della L. n. 431 del 1998, per cui «è nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge». La convenzione nazionale di cui al D.M. 5 marzo 1999, sulla cui «base» debbono essere stipulati gli accordi collettivi locali per l'art. 4, comma 1 della L. n. 431 del 1998, ha infatti esplicitamente contemplato la eventualità che le previsioni sui canoni, o meglio sulle «fasce di oscillazione», da inserirsi negli accordi collettivi locali per il «canale agevolato», possano essere modulate per rapporto a «durate contrattuali superiori a quella minima fissata dalla legge».

In punto, è da osservare che, per i contratti del «canale agevolato», la durata è fissata imperativamente dal comma Page 1905 dell'art. 2 della L. n. 431 del 1998 solo come durata minima («non inferiore a...»); si può quindi sempre pattuire, nei singoli contratti individuali - anche nel silenzio degli accordi collettivi locali poiché la questione è rimessa dalla legge stessa all'autonomia contrattuale delle parti contraenti - una durata superiore a quella minima di legge.

Quando peraltro la maggiore durata del contratto individuale, rispetto alla durata di legge, sia prevista dall'accordo collettivo locale sul «canale agevolato» in funzione di un innalzamento del canone, o se si preferisce in vista del riferimento ad una «fascia di oscillazione» più elevata, è evidente che il rispetto dell'equilibrio e della correlazione tra durata e canone prevista dall'accordo collettivo medesimo va mantenuto, nel singolo contratto individuale; giacché un'ipotetica pattuizione che infrangesse l'equilibrio tra durata e canone sancito nell'accordo collettivo locale per il «canale agevolato» potrbebe facilmente essere qualificata come nulla, per violazione (non del comma 3 bensì) del comma 4 dell'art. 13 della L. n. 431 del 1998: se la fissazione del canone, o comunque della relativa «fascia di oscillazione», è fatta dall'accordo collettivo locale in correlazione ad una determinata durata, ancorché superiore a quella minima di legge, nell'infrangere la durata così prefissata automaticamente si disattende la stessa fissazione del canone o della «fascia di oscillazione».

In altre parole, e più ampiamente, la nullità di ogni patto volto ad assicurare al locatore un canone superiore a quello massimo definito per il «canale agevolato» dagli accordi collettivi locali potrebbe comportare la nullità anche di ogni altra pattuizione volta, magari mediante particolari accorgimenti o procedure, a perseguire direttamente o indirettamente lo scopo vietato.

Sarebbe perciò nulla, per esemplificare, una pattuizione la quale, nell'introdurre nel contratto individuale la previsione di una commissione stragiudiziale per la rideterminazione del canone ove si registrino variazioni dell'imposizione fiscale, ne modificasse la composizione in deroga all'accordo collettivo locale così da mutare gli esiti di tale rideterminazione, oppure addirittura le demandasse, allorché la variazione dell'imposizione fiscale fosse più accentuata, di prescindere dal canone massimo (o dalla «fascia di oscillazione») prefigurato(a) dall'accordo collettivo locale stesso. Il che tuttavia non significa, come si vedrà tra breve, che sia precluso in sè e per sè, anche in carenza di ogni avallo dell'accordo collettivo, introdurre una previsione di commissione stragiudiziale per la rideterminazione del canone in relazione a variazioni dell'imposizione fiscale.

@3. Segue: Il problema di limiti ulteriori

La L. n. 431 del 1998, a parte quanto si è appena esposto in rapporto all'art. 13 sul canone e la durata, non sembra contenere altre esplicite disposizioni tese a subordinare la validità e l'efficacia dei contratti individuali del «canale agevolato» al rispetto di ulteriori limiti di sostanza derivanti dagli accordi collettivi locali. In forza del tenore del testo legislativo sulla riforma delle locazioni era però forse fatale che il problema dovesse porsi: lo stesso art. 4, comma 1 della L. n. 431 del 1998, quanto ai contenuti della convenzione nazionale, menziona altresì, accanto alla «definizione dei canoni», le «modalità per garantire particolari esigenze delle parti»; mentre l'art. 2, comma 3 della L. n. 431 cit. menziona, dopo «il valore del canone, la durata del contratto», anche «altre condizioni contrattuali» da stabilirsi «sulla base» degli accordi collettivi locali e dei relativi «contratti-tipo».

In questa cornice, era da attendersi che, come è accaduto, la convenzione nazionale, ed al seguito di essa gli accordi collettivi locali, fornissero indicazioni in ordine a clausole...

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