La mobilità individuale e collettiva

AutoreUmberto Carabelli - Maria Teresa Carinci
Pagine239-245

Page 239

@16.1. Introduzione

Nell’ambito del lavoro pubblico italiano il termine “mobilità”, pur descrivendo il trasferimento di lavoratori da un’amministrazione all’altra, evoca istituti che rispondono a finalità differenti e che, pertanto, sono diversamente regolati. Il tratto comune di tali diversi istituti è, tuttavia, quello di essersi progressivamente ispirati alle regole del diritto privato, in quanto classificabili come atti di gestione del personale, pur mantenendo, specie in alcuni tratti della specifica disciplina, peculiarità pubblicistiche imposte dalle regole in materia di organizzazione degli uffici e di determinazione delle dotazioni organiche complessive1.

Nell’evoluzione normativa più recente, inoltre, le fattispecie in esame hanno condiviso un ulteriore profilo, più propriamente funzionale, messo in rilievo dalla dichiarata subordinazione dell’espletamento di concorsi per la copertura di posti vacanti in organico alla preventiva attivazione delle procedure volte ad attuare la mobilità individuale e collettiva dei dipendenti (v. § 7.3). La scelta legislativa evidenzia, infatti la potenziale idoneità degli istituti della mobilità, unitariamente considerati, ad evitare la dispersione di risorse e ad attuare un’efficiente redistribuzione del personale fra le diverse amministrazioni (v. § 2.3.4). In questa prospettiva si colloca, peraltro, la previsione, introdotta dalla riforma del 2009, che, nel rispetto delle norme contrattuali collettive, affida ad un emanando decreto interministeriale la definizione delle misure per agevolare i processi di mobilità per garantire l’esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico2.

@16.2. La mobilità individuale (cd. passaggio diretto)

Il c.d. ‘passaggio diretto’ del lavoratore, anche dirigente3 (v. § 5.5), da un’amministrazione all’altra, disciplinato dall’art. 30, D.Lgs. n. 165/2001, costituisce la forma ordinaria per realizzare il trasferimento individuale dei dipendenti. Esso risponde innanzitutto ad esigenze private di questi ultimi, ma, come si vedrà, può altresì rappresentare uno strumento per la gestione delle eccedenze di personale. L’istituto, inoltre, pur ispirandosi nel suo assetto complessivo alle regole del diritto privato, è peculiare del settore pubblico, non avendo, nel settore privato, una propria regolamentazione specifica.

Page 240

Viceversa l’ipotesi della mobilità individuale all’interno della medesima amministrazione è regolata dall’art. 2103, co. 1 ultima parte, cod. civ. ai sensi del quale «il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».

L’art. 30, co. 1, D.Lgs. n. 165/2001 prevede che le amministrazioni possano rico- prire posti vacanti in organico immettendo nei propri ruoli dipendenti in servizio presso altre amministrazioni, anche di diverso comparto, che abbiano presentato domanda di trasferimento, affidando alla contrattazione collettiva – e all’emanando decreto cui si è accennato in precedenza – il compito di stabilire procedure e criteri generali per l’attuazione di tale mobilità.

In particolare, gli elementi strutturali della fattispecie sono i seguenti:

iniziativa riservata al dipendente: proprio perché tende a soddisfare interessi individuali e privati, la norma dispone che la mobilità consegua alla domanda presentata dal dipendente. Questo, tuttavia, non implica che sussista in capo al dipendente un diritto soggettivo al trasferimento, che ben potrà essere negato dall’amministrazione di appartenenza;

esistenza di posti vacanti in organico presso l’amministrazione di destinazione: come già accennato in precedenza (v. § 7.3), il preventivo espletamento della mobilità volontaria costituisce condizione per il ricorso a procedure concorsuali per la copertura di tali posti, con espressa nullità delle clausole contrattuali collettive volte ad eludere tale condizione4. Le amministrazioni, pertanto, devono dare idonea pubblicità alla disponibilità di posti vacanti in organico da ricoprire con il passaggio diretto, fissando altresì in via preventiva i criteri di scelta da applicare. Il richiedente, peraltro, deve essere in possesso della medesima qualifica richiesta per il posto vacante, il che può porre problemi applicativi se le due amministrazioni coinvolte nel passaggio diretto adottano sistemi di classificazione del personale differenti. A tal fine, per i casi di mobilità intercompartimentale, il nuovo art. 29bis, D.Lgs. n. 165/2001, introdotto in occasione della riforma del 2009, affida ad un emanando decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri la definizione di una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai CCNL nei vari comparti;

– consenso dei tre soggetti coinvolti: sebbene l’attuale formulazione della legge non parli esplicitamente di consenso delle amministrazioni coinvolte, esso deve comunque ritenersi necessario per la realizzazione del trasferimento del dipendente. Tale conclusione è suffragata, innanzitutto, dalla qualificazione del passaggio diretto quale cessione del contratto con piena operatività, dunque, dell’art. 1406 cod. civ. Ma vi è di più: il legislatore, infatti, subordina la realizzazione della fattispecie alla formulazione di un parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici coinvolti nel processo di mobilità «sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire». Il consenso da parte dei soggetti pubblici interessati deve, quindi, essere espresso, sotto forma di parere favorevole, e deve altresì essere motivato: pur nel silenzio del legislatore Page 241 parrebbe doversi ritenere che altrettanto debba avvenire in caso di parere negativo. È da notare che il predetto parere non è espresso dagli organi di vertice delle amministrazioni coinvolte, bensì dai dirigenti dei servizi e degli uffici dai e nei quali materialmente transiterà il lavoratore.

L’espressa riconduzione della fattispecie alla figura della cessione implica, infine, che non è necessaria la stipulazione di un nuovo contratto di lavoro e che vi è continuità del rapporto. Il lavoratore, dunque, ha la possibilità di agire in via giudiziaria nei confronti dell’amministrazione di destinazione per il godimento di ogni pregresso diritto connesso al rapporto di lavoro (per esempio in ordine alle ferie maturate presso la precedente amministrazione5). Dopo l’immissione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, mediante...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT