Omicidio contro il coniuge: l’aggravamento “indistinto” della pena apre una forbice che espone la norma (art. 577, Comma 2, c.p.) ad un sicuro vizio di incostituzionalità. Giusto processo (art. 111 Cost.) senza giusta pena?

AutoreCarlo Morselli
Pagine810-812

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Quelli giuridici non sono testi emanati da fonti che risalgono alla (e che esprimono la) sfera somma della perfezione, ma prodotti validi rebus sic stantibus (esposti al giudizio ablativo della Consulta, oltre che emendabili in via autentica) secondo quanto il legislatore, di una certa epoca storica e radicato all’ideologia corrispondente (il codice penale del 1930, al riguardo, è intriso di una incisiva caratterizzazione autoritaria, tipica del regime fascista)1, ha ritenuto rilevante e meritevole di tutela, nel settore penale reprimendo e sanzionando le condotte che ledono o espongono a pericolo il bene oggetto di specifica salvaguardia2. Il prodotto normativo, dunque, è segnato dal tempo in cui si è codificata la regula iuris resa, integrando questa configurazione anche un limite negativo, di validità e “vitalità” di quello, fino a quando, cioè, non viene influenzato da un nuovo corso normativo, anche appartenente ad una fonte diversa, ratione materiae, ma a quello intrinsecamente collegato (successione atipica delle leggi nel tempo). Capita, così, che la composizione dell’impianto normativo originario possa apparire o risultare lacunosa e la sua tenuta insicura imponendosi il relativo adattamento, o per un limite del legislatore del tempo (che ha lasciato irragionevolmente fuori dalla regolamentazione fatti socialmente rilevanti) o perché nel tempo determinate vicende, medio tempore regolate dalla legge extrapenale, appaiono idonee ad essere attratte alla disciplina ordinatrice della legge penale (ex facto oritur ius), in via autonoma o quale deroga alla regola.

L’accidentalità storica segnalata può ricercarsi nell’art. 577, comma 2, c.p., la cui previsione, avente ad oggetto una circostanza c.d. speciale, assoggetta ad un aggravamento della pena, della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se l’omicidio incriminato all’art. 575 c.p. “è commesso contro il coniuge”. La previsione di un surplus di pena può inquadrarsi in una legislazione che, ancora, non aveva presenti e quindi non prevedeva istituti in grado incidere proprio sul vincolo di coniugio, come, invece, si è verificato con la riforma del 1975, n. 151 (mediante la c.d. riforma del diritto di famiglia), con gli istituti della separazione e del divorzio. Il capo V del titolo VI, ricompreso nel libro primo, del codice civile, regola i due istituti dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi.

Infatti, “la validità e l’efficacia originaria del matrimonio non impediscono, secondo il comune insegnamento, che taluni fatti sopravvenuti siano destinati a modificare radicalmente il contenuto del residuo vincolo coniugale (separazione)”3, non essendo un valore da proteggere una coesione tutta esteriore della vita coniugale che occulta una rottura della comunione spirituale e materiale tra i coniugi (vincolo apparente). Prevale, in tal caso, l’esigenza di stabilire regole giuridiche che disciplinino gli effetti dell’intervenuta disgregazione della vita in comune e compongano gli interessi in conflitto con il minor sacrificio possibile delle posizioni più deboli, quali sono quelle dei figli. Così, diviene poziore, per l’ordinamento giuridico, attribuire rilevanza “all’interesse del coniuge che chiede di porre fine alla convivenza rispetto all’interesse all’unità della famiglia”4.

In tale quadro, “è ammessa la separazione personale dei coniugi”, secondo quanto dispone l’art. 150, comma 1, c.c., dettandosi, ma non tipizzandosi, i contenuti della forma della separazione c.d. giudiziale, integrabile “quando si verificano … fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole” (art. 151, comma 1, c.c., che non segue il principio della tassatività della cause di separazione). Dunque, il disegno complessivo della riforma del 1975 prende atto “della forza … delle trasformazioni sociali”5 e regola le vicende conflittuali interne al gruppo familiare.

Quid ius, oggi, nell’ipotesi in cui il reato di sangue intervenga quando è in corso il procedimento civile di separazione coniugale, magari, pendente, nella forma più radicale della c.d. separazione giudiziale ed è fallito il tentativo esperito dal presidente del tribunale, anche quale bonus vir, di riconciliare i coniugi (ad finiendas lites), oramai parti contrapposte nell’insuperabile conflitto6? La pena aggravata di cui all’art. 577 c.p. presuppone, ragionevolmente, che sia indenne il vincolo di coniugio da forme di intervento giudiziale diretto necessariamente ad intaccarlo, e non che la frattura, rappresentata dagli interessati nei termini di impossibilità della pacifica prosecuzione del rapporto, sia già stata “registrata” e cristallizzata negli atti processuali...

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