L'indipendenza del collegio sindacale nelle società chiuse tra norme, riforme e realtá
Autore | Silvia Vanoni |
Pagine | 855-878 |
Silvia Vanoni
L’indipendenza del collegio sindacale nelle società chiuse
tra norme, riforme e realtá
S: 1. Introduzione: l’origine del “problema” della indipendenza dei sindaci. – 2. L’impostazione
del testo dell’art. 2399 c.c. risultante dalla riforma del 2003. – 3. Le ipotesi di rapporti professionali e
patrimoniali con la società. – 4. L’evoluzione interpretativa del carattere “continuativo” del rapporto
professionale. – 5. Gli altri rapporti di natura patrimoniale. – 6. Il sindaco revisore contabile. – 7. Il
requisito della indipendenza nella disciplina comunitaria. – 8. L’attuazione della direttiva 2006/43/
CE in Italia. – 9. La posizione degli ordini professionali. – 10. Valutazione della disciplina risultante
dal recepimento della direttiva comunitaria.
1. La scarsa ecienza dell’organo di controllo interno delle società di capitali, or-
gano introdotto già dal legislatore del codice di commercio del 1882 (artt. 183-185 cod.
comm.), aigge notoriamente gli studiosi del diritto societario da quasi centocin-
quant’anni. Leggendo le pagine introduttive dedicate al tema del collegio sindacale da
qualunque manuale universitario, si constata che le critiche all’istituto sono generalmen-
te sintetizzate in due aspetti: da un lato, l’eccessiva ampiezza dei compiti adati ai sin-
daci e, dall’altro lato, il collegamento troppo stretto dei componenti del collegio con
l’organo sottoposto al loro controllo, ossia gli amministratori, in ragione della identità
della volontà da cui promana la nomina, ossia i soci di maggioranza1. Una correzione di
1 Ex multis, A P, Il diritto delle società3, a cura di M-O-B-P-
V, Bologna, 2009, 176 ss.; G.F. C, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società7, a cura di M.
Campobasso, Torino, 2009, 397 ss.; D S, Diritto delle società2, Milano, 2005, 353 ss.; F jr. –
C, Gli imprenditori e le società14, Milano, 2009, 635 ss.; J-D-T, Appunti di
diritto commerciale. Impresa e società7, Milano, 2010, 396 ss.; P-R, Corso di diritto commercia-
le, II, Società4, Bologna, 2009, 168 ss. L’inadeguatezza dell’istituto del collegio sindacale, la cui impostazio-
ne segna l’adesione all’opzione dell’approccio privatistico di stampo liberale rispetto alla soluzione del pro-
blema del controllo sulla gestione delle società di capitali e si presenta priva di radicali innovazioni dal 1882
ad oggi, benché sottoposta a progressivo sviluppo ed anamento, è stata oggetto di approfondito dibattito
sia nel corso dei lavori preparatori del codice di commercio del 1882, sia nei decenni successivi, attraversan-
do l’epoca della nuova codicazione per giungere no ai nostri giorni (sul tema, S, Sindaci (collegio
dei)- a) Storia, in Enc. dir., XXLII, Milano, 1990, 706 ss.). E vale la pena sottolineare n d’ora che uno dei
cardini del dibattito sviluppatosi nel sessantennio intercorrente tra i due codici, cioè la maggiore convenien-
za tra un sistema basato sul controllo interno della gestione e quello basato sulla revisione dei conti adata
a soggetti esterni alla società, si è in parte riproposto nelle discussioni sollecitate dalla esigenza di attuare la
direttiva 2006/43/CE relativa alla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati (v. infra nt. 48)
in tema di ambito di competenza dell’organo di controllo interno e del revisore legale dei conti. Lo scettici-
smo sulla ecacia dei controlli adati al collegio sindacale spinge P. M, Riforma del collegio sinda-
cale e ruolo dei revisori, in Giur. comm., 1995, 101 ss., a tracciare i contorni di un sistema informativo che
estenda i poteri dei revisori dei conti e separi nettamente tale funzione da quella di controllo sulla gestione,
anticipando l’impostazione della riforma attuata con il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 per le società quotate.
Maggiore ottimismo sul ruolo del collegio sindacale, alla luce delle modiche introdotte con il d.lgs.
58/1998 per le società quotate e con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 per le altre società, è espresso invece da
856 Studi in onore di Umberto Belviso
tali patologie non può quindi che riguardare, sul piano oggettivo, l’ambito dei compiti
adati all’organo in esame e, sul piano soggettivo, sia le capacità dei componenti – la
professionalità – sia la loro imparzialità ed autonomia di giudizio – l’indipendenza.
Solo negli ultimi decenni, si sono registrati interventi normativi signicativi, na-
lizzati ad attenuare gli inconvenienti segnalati, muovendo dall‘area in cui l’inecienza
dei controlli sembrava produrre i rischi più accentuati, ossia le società quotate in borsa.
È infatti incontestabile che l’indipendenza degli organi di controllo rileva non solo per
l’aspetto interno della ecacia dei risultati concreti dell’attività adata a tali organi, ma,
anche, per l’aspetto esterno e generale della ducia riponibile dai terzi – potenziali soci,
potenziali investitori e creditori – sulla ecienza del sistema dei controlli sulla gestione,
aspetto di particolare rilievo quando si tratti di società che fanno appello al mercato
quale fonte di nanziamento2.
È quindi per le società quotate che, n dalla metà degli Anni Settanta, si è ridotto
l’ambito delle materie sottoposte alla vigilanza dei sindaci, attribuendo obbligatoria-
mente la funzione di revisione contabile a soggetti esterni specializzati dotati di organiz-
zazione e professionalità ritenute adeguate all’incarico (d.p.r. 31 marzo 1975, n. 136),
mentre, benché solo con il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, si sono meglio deniti i requi-
siti di professionalità e di indipendenza dei componenti del collegio sindacale e si è sta-
bilita la regola secondo la quale almeno un sindaco deve essere nominato dalla minoran-
za assembleare. Interventi ancora più recenti, gli degli scandali dei primi anni del
dicile decennio appena conclusosi – Parmalat in primo luogo3 – hanno inciso, da un
lato, sul diuso malcostume del cumulo di un eccessivo numero di incarichi in capo ai
medesimi soggetti (situazione che, quand’anche non crei ipotesi di palese conitto d’in-
teressi in ragione degli intrecci di incarichi e poteri, rende comunque meno penetrante
l’attività di controllo per l’impossibilità oggettiva di dedicarvi il tempo e l’impegno ade-
guati), dall’altro lato, sulla indipendenza dei revisori contabili, stabilendo criteri più ri-
gidi per l’individuazione di rapporti diretti o indiretti suscettibili di minare l’autonomia
di valutazione di tali soggetti.
Per le società non quotate, benché costituiscano la principale forma organizzativa
d’impresa della nostra economia, il legislatore è stato meno sollecito. È ben vero che di
regola i soci di minoranza sono maggiormente coinvolti nella vita della società e sono
quindi maggiormente in grado, rispetto ai soci delle società di grandi dimensioni, di rac-
G. C, Elogio, con riserve, del collegio sindacale, in Giur. comm., 2003, 251 ss. e nell’ambiente professio-
nale dei commercialisti: cfr. M, Novità nei controlli del collegio sindacale: il «modello latino», in
Società, 2003, 1314 s.;I., Attualità dei requisiti di indipendenza e professionalità dei sindaci di società: spunti
di riessione per il legislatore, ne Il controllo nelle società e negli enti, 2000, 447 ss., con un richiamo alle posi-
zioni della Commissione Europea e della Fédération des Experts Comptables Européens.
2 R, Articolo 2399 c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. M-L.A. B-
G-N, Collegio sindacale. Controllo contabile, a cura di Ghezzi, Milano, 2005, 63 e, sulla ratio delle
disposizioni che impongono l’indipendenza dei sindaci, 54 ss.; l’importanza del ruolo dei sindaci è tradizional-
mente considerata di tale rilievo da avere indotto taluni a prospettare la loro qualicazione come pubblici u-
ciali (sul punto, B, Aspetti funzionali e organizzativi del collegio sindacale, in Giur. comm., 1994, I, 653 s.).
3 Sulla vicenda Parmalat, nell’ottica del “fallimento” dei controlli, cfr. B- C, Il “caso Par-
malat” e l’indipendenza dei controllori: amministratori, sindaci e revisori alla prova del “crack”, in Banca impre-
sa, società, 2005, 211 ss.
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