Sul problema dell'indifferenza logica nel diritto. Riflessioni sulla logica giuridica deontica

AutoreViktor Knapp
Pagine5-18

    Traduzione di Karin Stephan. Edizione italiana a cura di Roberti Nannucci.


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@I. Premessa teoretica e metodologica

  1. in questo articolo intendiamo approfondire alcuni problemi specifici della logica giuridica, e in particolare della logica giuridica deontict (premesso che una tale logica esista - cosa che ci sforzeremo di dimostrare).

    Dal punto di vista marxista la logica giuridica viene intesa in duplice senso. In senso lato viene considerata logica giuridica dialettica e formale al tempo stesso1, in senso stretto solo come logica giuridica formale. Le nostre riflessioni riguardano gli aspetti formali della logica giuridica, ineriscono cioè alla logica giuridica formale.

    Con logica giuridica in questo senso intendiamo grosso modo la logica del pensiero giuridico nella sua totalità, cioè quella logica che ha per oggetto non solo le norme giuridiche strido sensu, ma tutte le proposizioni giuridiche prescrittive, quindi anche quelle giudiziarie ecc.

    Dal punto di vista metodologico è, a nostro avviso, specifico della ricerca nel campo della logica giuridica ed in particolare della logica giuridica deontica il fatto che non proceda isolatamente ma solo di pari passo con la scienza giuridica e con la filosofia del diritto, con le quali la logica giuridica è strettamente legata. Nelle nostre considerazioni terremo quindi semprePage 6 conto degli aspetti logici, e nello stesso tempo degli aspetti teorici e filosofici del diritto nella soluzione dei problemi.

  2. Finora è stato scritto molto sulla logica giuridica, che viene intesa dai vari autori in modi assai diversi. Per questo vogliamo occuparci dapprima del quesito, che specie o che tipo di logica sia veramente la logica giuridica. La risposta a questo quesito ci porterà nel vero oggetto delle nostre riflessioni.

    Anche la domanda da noi posta può, comunque, essere intesa e risolta sotto molti aspetti. Per i nostri scopi vogliamo semplificarla notevolmente.

    Quale punto di partenza delle nostre riflessioni scegliamo il modello della cosiddetta norma giuridica «completa» che, nella prassi legislativa, appare in realtà assai di rado in questa forma pura, ma può essere utilizzata come modello ideale astratto. Questo modello di norma «completa» consiste, com'è noto, di due proposizioni:

    Proposizione I: Se si verifica la condizione e allora il soggetto x deve comportarsi nel modo p.

    Proposizione II: Se si verifica la condizione e e x non si comporta nel modo p, allora deve seguire la conseguenza giuridica secondaria s (di solito la sanzione).

    Esprimendo convenzionalmente il «dovere», cioè la modalità dell'«obbligatorio», con la lettera O possiamo rappresentare simbolicamente il modello di tale norma nel modo seguente, che per semplicità trascura il soggetto x, essendo nel modello l'unico soggetto:

    ((c -> O(p) & (c,~p)) -> O(s)

    L'analisi logica di questo modello, che naturalmente può essere ulteriormente sviluppato in vari modi, ci dimostra che le espressioni «c» e «c,~p» sono enunciati e le espressioni «O(p)» e «O(s)» sono proposizioni pre-scrittive, e quindi norme in senso stretto.

    Secondo noi, questo è tipico della logica giuridica; cioè che essa - tralasciando però la logica dei predicati - operi contemporaneamente, con enunciati e proposizioni prescrittive, anche se non necessariamente in ogni caso. In questo senso la logica giuridica rappresenta quindi una combinazione della logica degl enunciati e della logica deontica.

    @II. La logica giuridica deontica

    Di questi due aspetti della logica giuridica a noi interessa per i nostri scopi l'aspetto deontico; cioè la logica delle proposizioni prescrittive giuridiche.

    Questa logica suscita però, alcune perplessità. La prima - se la logica delle proposizioni giuridiche prescrittive sia veramente una logica deoetica.

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    Ci sono autori che lo contestano2. Questi autori sostengono, detto in modo molto semplice, che le norme giuridiche sono sempre parte di un sistema giuridico determinato, cioè parte di un diritto vigente (di un diritto vigente al presente, o che era vigeete nel passato). Da questo fatto consegue che il pensiero giuridico si occupa non solo del contenuto di una norma giuridica ma anche del problema se è vero o falso che la norma giuridica in questione sia veramente vigeete in un sistema giurìdico determinato. Secondo questo punto di vista, per es., la proposizione (x) O(p) significa non soltanto «ad ogni soggetto x è prescritto di comportarsi nel modo p» ma «è vero che nel dato sistema giuridico è in vigore la norma secondo cui ogni soggetto x è obbligato a comportarsi nel modo p». Analogamente per es. l'implicazione (x) O(x,p) -> O(x,q) significherà non soltanto la stessa norma, secondo la quale nel caso che a un soggetto x sia prescritto p, gli è prescritto anche q, ma anche un enunciato vero, cioè che tale norma è in vigore in un sistema giuridico determinato.

    Questa concezione porta necessariamente ad un disconoscimento della logica giuridica deontica come tale. Poiché, se partiamo da questo punto di vista, nel pensiero giuridico non vi sarebbero proposizioni prescrittive (norme) ma soltanto enunciati veri o falsi sulle norme, oppure, più precisamente, sulla loro vigenza. Da questo, poi, conseguirebbe che nella logica giuridica deontict non esìste una logica deontica nel vero senso della parola ma che la logica giuridica deontica rappresenta soltanto una specie particolare della logica degli enunciati. Ne emerge poi che il pensiero giuridico, cioè la logica giuridica, consiste esclusivamente di enunciati, cioè più precisamente, da un lato di enunciati sui fatti, dall'altro sulle norme giuridiche. Una norma ipotetica oppure - come la chiama Ivin3 - una norma relativa consisterà allora, nell'ambito del diritto, di due asserzioni, così per es. la norma giuridica (x) O(c,p) si leggerebbe nel modo seguente: se è vero che esiste la condizione e allora è anche vero che ad ogni x è prescritto p.

    Noi non condividiamo questo parere. Esso è unilaterale e non corrisponde

    al pensiero giuridico. Dimostreremo le nostre obiezioni con due esempi.

    Prendiamo il primo dall'ambito della legislazione. Immaginiamo un disegno di legge che contenga una norma giuridica (x) O(x,p) -> O(x,q) e che poi diventi legge, in modo che la norma citata diventi una norma giuridica vigente. Se si considera questa norma dal punto di vista della logica degli enunciati, l'enunciato è assai diverso in entrambi i casi. Nel primo caso significherebbe l'affermazione che è vero che la norma (x) O(x,p) -> O(x,q) è stata proposta, nel secondo caso, invece, l'affermazione che è vero che tale norma sia in vigore. Dal punto di vista deontico, però, l'espressione (x) O(x,p) -> O(x,q) è identica e viene letta senza riguardo alla sua veridicità (in questo caso ìa questione della veridicità non si pone nemmeno) in tutti e due i casi semplicemente così: «ad un soggetto x è prescritto q sol-Page 8tanto quando gli viene anche prescritto p». Questo esempio mostra con evidenza che, primo, possa esistere una implicazione deontica cosiddetta «pura» che astragga dall'ambito della veridicità e che, secondo, questa implicazione non è affatto parallela all'implicazione analoga nell'ambito della logica degli enunciati.

    Prendiamo il secondo esempio dall'ambito giurisdizionale e lo dimostreremo con un semplice modello del silogismo giudiziale che coesiste nelle seguenti premesse e conclusione:

    I) Propositio maior (norma giuridica): Chi commette un delitto C deve essere punito con la pena P,

    II) Propositio minor (fattispecie): x ha commesso il delitto e E C,

    III) Conclusio (verdetto): a x è comminata la pena p E P.

    La proposizione II è senza dubbio un enunciato. Consideriamo, però, le proposizioni I e III. Per quanto concerne la proposizione I rimane altrettanto indubbio che il giudice deve non soltanto interessarsi della norma stessa (per così dire della norma in sé) ma necessariamente anche della sua vigenza. Dal punto di vista del giudice la proposizione I ha quindi la forma di un'asserzione: «È vero che colui che commette il delitto C deve essere punito con la pena P». Prendiamo poi la proposizione III la quale, per rendere le nostre esposizioni più chiare, può essere espressa anche nel modo seguente: «x deve sopportare la pena p» oppure «a x è prescritto di sopportare la pena p». Dal punto di vista del giudice questa proposizione non significa affatto una affermazione che x deve sopportare la punizione p, non significa quindi un enunciato, il giudice non afferma che è vero che x debba sopportare la pena p, ma gli infligge la pena. Questa proposizione quindi è dal punto di vista del giudice puramente normativa: in riferimento a x significa: «Tu devi sopportare la pena p». Questa proposizione mostra anche con evidenza - come fra l'altro era nel caso del...

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