DIRETTIVA 9 gennaio 2014 - Linee guida per l'applicazione «dell'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte». (14A01976)

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241 e, in particolare, gli articoli 2, 2-bis, 7, 10, 10-bis, 29 e 35;

Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;

Visto l'art. 28 del decreto-legge del 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 2013, con il quale l'onorevole avvocato Gianpiero D'Alia e' stato nominato Ministro senza portafoglio;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 aprile 2013, con il quale al predetto Ministro senza portafoglio e' stato conferito l'incarico per la pubblica amministrazione e la semplificazione;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 maggio 2013 recante delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri al Ministro senza portafoglio, onorevole avvocato Gianpiero D'Alia, in materia di pubblica amministrazione e semplificazione;

Adotta la seguente direttiva: 1. Premessa. La presente direttiva ha l'obiettivo di fornire alle pubbliche amministrazioni linee guida sull'applicazione dell'art. 28 del decreto-legge del 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui ha introdotto l'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte. La disposizione in esame modifica l'art. 2-bis della legge n. 241 del 1990, introducendo il comma 1-bis, che introduce il diritto dell'interessato ad ottenere un indennizzo da ritardo che, a sua volta, andra' corrisposto alle condizioni e con le modalita' stabilite dalla legge o da un regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 2, legge n. 400 del 1988 e, cio', fermo restando il carattere immediatamente applicativo delle disposizioni introdotte. L'art. 28 in questione intende garantire l'effettivita' dei principi sanciti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e, in particolare, tutelare i privati in conseguenza della violazione dei termini di conclusione dei procedimenti attivati ad istanza di parte, prevedendo, in detta specifica eventualita', il pagamento di una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo. Va, in primo luogo, rilevato come detta disposizione sia diretta a sanzionare la violazione di un obbligo, in quanto correlato al rispetto di un preciso termine di conclusione di un procedimento amministrativo cosi' come disciplinato dall'art. 2 della legge n. 241/1990. E' opportuno, infatti, ricordare che ai sensi dell'art. 2 sopra citato le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concludere un procedimento avviato d'ufficio o a istanza di parte con l'adozione di un provvedimento espresso, entro un termine definito da un regolamento adottato dalla specifica Amministrazione di riferimento o, in mancanza, entro il termine di trenta giorni. L'indennizzo da ritardo costituisce una disposizione applicabile in tutte quelle fattispecie in cui il procedimento, ad istanza di parte, debba concludersi entro un determinato periodo di tempo e, cio', a prescindere dalla natura giuridica del termine apposto e, quindi, dalla circostanza che il termine abbia un carattere perentorio (e determini il venir meno del potere dell'Amministrazione di pronunciarsi) o ordinatorio (persistendo il relativo potere). La fattispecie dell'indennizzo da ritardo va nettamente distinta da quella prevista dall'art. 7, comma 1, lettera c) della legge n. 69/2009 (in materia di danno da ritardo) che, a sua volta, ha introdotto il comma 1 dell'art. 2-bis della legge n. 241/1990). Detta ultima disciplina aveva fatto proprie quelle conclusioni cui era pervenuto quell'orientamento giurisprudenziale (per tutti si veda l'Adunanza Plenaria n. 7/2005), diretto a riconoscere la responsabilita' dell'Amministrazione per i danni causati dalla mancata e tempestiva adozione del provvedimento amministrativo. Si era ammesso che la violazione di un termine di conclusione del procedimento fosse suscettibile di cagionare una tardiva attribuzione del «bene della vita» richiesto dal privato, circostanza quest'ultima che, di per se', era stata ritenuta astrattamente idonea a determinare una lesione di un interesse legittimo pretensivo, cagionato dal ritardo con cui la p.a. avesse eventualmente emanato il provvedimento finale. La fattispecie sopra ricordata e, quindi, il danno da ritardo, presuppone, tuttavia, l'avvenuta prova dell'esistenza stessa del danno, del comportamento colposo o doloso dell'Amministrazione e, ancor di piu', della dimostrazione dell'esistenza di un nesso di causalita' tra il danno lamentato e la condotta posta in essere dalla Pubblica Amministrazione. A parametri del tutto differenti va, al contrario, ricondotta la fattispecie dell'indennizzo da ritardo, introdotta con la disposizione in commento. Quest'ultima, infatti, prescinde, dalla dimostrazione dell'esistenza di un danno e di tutti quei presupposti sopra ricordati e contenuti nell'art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990. L'utilizzo del termine «indennizzo» (nozione che trova differenti e specifiche discipline nell'ordinamento) consente di ritenere che il pagamento della somma di cui si tratta debba essere dovuto anche nell'eventualita' in cui la mancata emanazione del provvedimento sia riconducibile ad un comportamento "scusabile", e astrattamente "lecito", dell'Amministrazione. A tal fine dovranno essere ricomprese nell'ambito di applicazione della norma in esame anche quelle ipotesi in cui la violazione del termine sia da ricondurre ad un caso fortuito o a un'ipotesi di forza maggiore, secondo quei principi sul punto delineati dal Codice civile. Primo presupposto per la sua applicazione e', quindi, l'esistenza di un termine entro il quale un procedimento doveva essere concluso e, ancora, il semplice decorso di detto termine. Ne consegue che non rilevano, ai fini dell'inapplicabilita' della disciplina di cui si tratta, le ragioni ostative all'adozione del provvedimento dovuto o, ancora, quelle eventuali circostanze in base alle quali l'Amministrazione ha attivato il procedimento, senza tuttavia concluderlo. La nozione di indennizzo e', pertanto, conseguente ad una valutazione di «equita'» posta in essere dal legislatore, contemperando l'esigenza di sanzionare comportamenti inerti dell'Amministrazione (a prescindere o meno dalla «scusabilita'» degli stessi), prevedendo comunque una forma di «ristoro» per il «disagio» sopportato dal privato a seguito dell'avvenuta violazione di precisi termini di legge. L'introduzione nell'ordinamento di un principio di cosi' vasta portata ha suggerito non solo di prevedere una fase di prima attuazione, ma nel contempo di circoscrivere gli effetti della disposizione in esame ai soli procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attivita' d'impresa. L'applicazione della disposizione, avvenuta a far data dal 21 agosto 2013, consente di ritenere che detto indennizzo sia dovuto, solo ed esclusivamente, per i procedimenti avviati successivamente, o contestualmente, a detta data e, cio', in considerazione del fatto che solo in relazione a tali procedimenti risulta vigente l'obbligo di pagamento...

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