Ancora sui confini incerti tra la disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo ed il previo ricorso al giudice amministrativo, ai fini del risarcimento del danno (riferimenti alla figura del conduttore)

AutoreMichele Annunziata e Concetta Rainone
Pagine299-300

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  1. - La Corte di cassazione con sentenza 27 marzo 2003, n. 4538, in materia di danni causati da enti pubblici e relativa responsabilità e mutando orientamento sul punto ha affermato che: «Va respinta la domanda di risarcimento dei danni causati da un provvedimento illegittimo (nella specie, esclusione di socio di cooperativa a contributo statale), se non siano stati esperiti i rimedi specifici apprestati dall'ordinamento per contestare quel provvedimento; infatti, l'antigiuridicità del provvedimento non può essere accertata in via incidentale e il giudice non può qualificare come fatto illecito una situazione che, non essendo stata rimossa mediante gli specifici rimedi, l'ordinamento riconosce e garantisce come produttiva di effetti».

    Il mutamento si riferisce alla nota sentenza della Corte di cassazione 22 luglio 1999, n. 500, definita "storica" in dottrina, per aver dato finalmente ingresso nel nostro ordinamento giuridico alla risarcibilità della lesione di interessi legittimi, con potere del giudice ordinario di disapplicare direttamente il provvedimento amministrativo, lesivo dell'interesse legittimo tutelato (v., tra gli altri, ANNUNZIATA, Giudice ordinario e Pubblica Amministrazione, Padova, 2002, p. 161 e ss.).

  2. - Nel caso deciso, il ricorrente, socio di una cooperativa edilizia a contributo statale, non aveva tempestivamente proposto ricorso contro l'atto di esclusione (il ricorso doveva all'epoca essere proposto alla commissione di vigilanza per l'edilizia economica e popolare, ai sensi dell'art. 131 T.U. 28 aprile 1938, n. 1165). Successivamente chiedeva al giudice ordinario l'accertamento dell'illegittimità dell'esclusione e la condanna della cooperativa e dei soci amministratori al risarcimento dei danni.

    La Suprema Corte ha, con la sentenza suddetta, ritenuto fondato il rigetto della domanda da parte del giudice di merito sostenendo che l'antigiuridicità dell'atto lesivo (l'esclusione del socio dalla cooperativa) non può essere conosciuta dal giudice ordinario in via incidentale, senza efficacia di giudicato e che la contestazione dello stesso atto andava svolta in via principale attraverso gli strumenti specifici previsti dalla legge. Pertanto, se tali rimedi non sono esperiti o sono esperiti tardivamente, il giudice ordinario può accogliere la domanda di risarcimento danni perché non può dichiarare antigiuridico un atto che, non essendo stato tempestivamente impugnato, rimane produttivo di effetti: infatti nel caso de quo, la questione della legittimità dell'atto di esclusione del socio non è soltanto una questione pregiudiziale in senso tecnico, un mero antecedente logico-giuridico, ma fa parte del thema decidendum, della questione principale, in quanto è causa del diritto al risarcimento che va negato allorquando la situazione è ormai consolidata e definitiva per scadenza dei termini decadenziali di impugnazione e non può, quindi, comportare una mera...

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