Riparazione per l'ingiusta detenzione E S-Favor Rei. La storia di un istituto sospeso fra un'incerta evoluzione dommatica ed i condizionanti segnali provenienti dal giudice delle leggi e da quello di legittimità. L'attuale equilibrato orientamento di una corte di merito

AutoreGiuseppe Maria Gallo
Pagine406-407

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@I. Rapidissimi cenni storici

Mediante l'art. 314 del vigente codice di rito, veniva introdotto, nell'ordinamento, un principio rispondente al dettato costituzionale della riparabilità dell'errore giudiziario. Rintracciare i temi che caratterizzarono il serrato dibattito nazionale sull'argomento risulterebbe troppo macchinoso e fortemente inadeguato rispetto al tenore della presente trattazione.

Quel che giova rammentare, è che la vischiosità e la compressione della disciplina «sulla riparazione» costituirono i termini estremi da cui mossero tutte le riforme, anche quelle di molto antecedenti al D.P.R. n. 447/88 (al riguardo, si veda la L. n. 504/60).

Era del tutto incontestabile l'irragionevolezza costituzionale (art. 24, comma 4, Cost.) del criterio afferente l'esclusione del diritto alla riparazione per l'ingiusta carcerazione preventiva. Tuttavia, all'uopo, neanche il legislatore del 1960 seppe fornire una soluzione convincente; posto che si manifestava, come del tutto inadeguata al soddisfacimento dei casi concreti, anche la striminzita previsione dell'art. 571 c.p.p. abrogato. Peraltro - e non a caso! - la norma in questione, repentinamente, apparve ampiamente ledere l'art. 5, n. 5, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Sicché, anche la tanto auspicata svolta legislativa del 1960, in una sequenza impietosa e folgorante, rivelò, da subito, i suoi evidenti - financo clamorosi, e, comunque, gravissimi - difetti congeniti!

Tralasciando l'approfondimento del portato di pur incisive pronunce della Corte costituzionale (una tantum, la n. 1/69), sicura importanza riveste, nella disamina delle tappe evolutive dell'istituto in trattazione, la scelta di conferire globale compiutezza e legittimità alla pretesa riparatoria mediante l'art. 2, n. 81 della legge 108/74, e, poi, attraverso lo specifico strumento disciplinare dell'art. 2, n. 100 della legge 81/87. Avveniva, in tale ambizioso contesto, l'introduzione dell'«epocale» avamposto discretivo che, in maniera del tutto definitiva, avrebbe consentito, da allora in poi, di discernere la fattispecie dell'«errore giudiziario» da quello dell'«ingiusta detenzione».

Venendo al presente, risalta il modo nel quale l'art. 314 del c.p.p. ha attraversato, immune da sussulti, in istato di quiescenza, le turbolenze imperversanti sugli altri settori del sistema processuale. Sul fronte interpretativo, l'unica novità, per giunta recentissima, è rappresentata, mercè la pronuncia n. 109/99 della Consulta, dall'immissione, nella previsione normativa dell'art. 314 cit., della ipotesi di risarcibilità...

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