Inadempimento e affidamento del contraente deluso: una riflessione su risarcimento e caparra
Autore | Matteo Dellacasa |
Pagine | 203-253 |
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rivista di diritto privato Saggi e pareri
2/2013
Inadempimento e adamento del contraente
deluso: una riessione su risarcimento e caparra
di Matteo Dellacasa
SOMMARIO: 1. Caparra conrmatoria, clausola penale e risarcimento del danno: una
ipotesi di lavoro. – 2. La metafora del vincolo e la rilevanza dell’adamento. – 3. Perché
è suciente l’accordo? La dicoltà di provare l’adamento. – 4. Segue. Quando la legge
presume l’adamento, o lo sostituisce con una dichiarazione. – 5. Risarcimento dell’inte-
resse positivo e programmazione dell’attività imprenditoriale. – 6. Dicoltà nella deter-
minazione del risarcimento … – 7. … con particolare riferimento al preliminare di
vendita immobiliare. Se il valore della prestazione non coincide con quello di mercato. –
8. La caparra conrmatoria: il prezzo dell’adamento. – 9. Segue. Il rapporto con il ri-
sarcimento del danno: un confronto con la clausola penale. – 10. L’adamento nella di-
sponibilità della caparra e il problema della sua riducibilità. – 11. Spunti desumibili da
alcune esperienze straniere. – 12. Per la riduzione della caparra manifestamente eccessiva.
1. Caparra conrmatoria, clausola penale e risarcimento del danno: una
ipotesi di lavoro
Tanto la clausola penale quanto la caparra conrmatoria accordano un’attribu-
zione patrimoniale al contraente deluso dall’inadempimento, esonerandolo dalla
prova del danno che ne deriva; per mezzo di esse, le parti predeterminano la somma
di denaro attribuita alla parte fedele in luogo del risarcimento del danno, sempli-
cando, così, la gestione del conitto provocato dall’inadempimento. Questo ele-
mento comune giustica la scelta operata dal codicatore del ’42 di disciplinare le
due fattispecie nel contesto della stessa unità sistematica1.
Ciononostante, il legislatore regola in modo radicalmente diverso il rapporto tra
i rimedi convenzionali pregurati dalle due pattuizioni e il rimedio legale che si
identica con risarcimento del danno contrattuale.
In primo luogo, la dazione della caparra conrmatoria non preclude al contraen-
te deluso di ottenere il risarcimento del danno, purché lo stesso risulti provato: se
1 Sulla sistematica dei due istituti nel codice civile vigente, cfr. S. Mazzarese, Clausola penale, nel Commentario
Schlesinger, Giurè, 1999, p. 39 ss.; M. Polastri Menni, Se la caparra conrmatoria sia suscettibile di riduzione
equitativa da parte del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1965, p. 1197 ss.; G. Bavetta, La caparra, Giurè,
1963, p. 167 ss.; V. M. Trimarchi, voce Caparra (diritto civile), in Enc. Dir., VI, Giurè, 1960, p. 191 s.
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dunque egli riesce a dimostrare di aver subito un pregiudizio superiore alla caparra
ne può ottenere il risarcimento (art. 1385, comma 3° c. c. ). Di regola, invece, la
clausola penale limita la misura del risarcimento alla prestazione promessa: se il pre-
giudizio cagionato dall’inadempimento è superiore, il creditore può ottenere il pa-
gamento della dierenza solo a condizione che sia stata espressamente pattuita la
risarcibilità del danno ulteriore (art. 1382, comma 1° c. c. )2.
Secondariamente, se il contraente deluso chiede (la risoluzione e) il risarcimento
del danno, il giudice può certamente liquidarlo in una somma inferiore rispetto
all’importo della caparra conrmatoria. Quest’ultima, dunque, non costituisce la mi-
sura minima del risarcimento3. Invece, quando è stata pattuita una penale con la
previsione del risarcimento ulteriore, il creditore può ottenere la prestazione promes-
sa sebbene risulti provato un pregiudizio inferiore; in altri termini, la domanda volta
ad ottenere il risarcimento del danno non pregiudica il pagamento della penale.
Ancora, la legge prevede espressamente che la penale possa essere ridotta quando
(l’obbligazione è stata parzialmente eseguita e) il suo ammontare è manifestamente
eccessivo (art. 1384 c. c. ), mentre in relazione alla caparra conrmatoria non si
rinviene una disposizione analoga4.
In questa sede vogliamo riettere sulla ragione che sta alla base di tali dierenze
concentrando l’attenzione sul rapporto tra la caparra conrmatoria e il risarcimento
del danno, e riservando alla clausola penale il ruolo di termine di paragone. La ri-
essione sul rapporto tra la caparra e il risarcimento è nalizzata ad illustrare il
ruolo svolto dalla prima nel contesto in cui essa ricorre più di frequente: quello
della contrattazione preliminare avente ad oggetto beni immobili.
Anticipando qui i risultati dell’analisi, riteniamo che la caparra conrmatoria
remuneri l’adamento riposto dalle parti nell’attuazione del rapporto, ed in parti-
colare quella componente dell’adamento che si esprime nel trascurare aari alter-
nativi a quello pregurato dal contratto preliminare. La caparra, dunque, costituisce
una sorta di predeterminazione convenzionale dell’interesse negativo, o quanto
meno della sua componente più rilevante, che si manifesta nella perdita di opportu-
nità alternative a quella oerta dal contratto inattuato. La consegna di una somma
di denaro, che la parte fedele conda di ritenere quale che sia la condotta della con-
troparte (adempiente o meno), remunera il suo adamento nell’attuazione del con-
2 La dierenza si ricava dalla semplice lettura del testo legislativo, sul punto davvero univoco: per un riscontro
dottrinale, comunque, v., infra, nt. 70.
3 Lo ritengono la giurisprudenza e la dottrina prevalenti. Non mancano, tuttavia, opinioni diverse: per i rife-
rimenti v., infra, nt. 71.
4 Ci si chiede, allora, se l’art. 1384 c. c. possa essere applicato analogicamente alla caparra conrmatoria, o se
dalla disposizione possa ricavarsi un principio generale applicabile ad entrambe le fattispecie: per una sinte-
tica ricostruzione della questione v., infra, § 10.
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tratto: se il rapporto viene attuato, e l’adamento rispettato, la somma viene tratte-
nuta quale acconto sul prezzo (art. 1385, comma 1° c. c. ); se la controparte risulta
inadempiente, la somma compensa l’adamento, deluso, del contraente che recede
(art. 1385, comma 2° c. c. ). Su questa base trova giusticazione la disciplina del
rapporto tra la caparra conrmatoria e il risarcimento del danno, così come la die-
renza tra tale disciplina e quella della clausola penale.
2. La metafora del vincolo e la rilevanza dell’adamento
Prima di sviluppare questa traccia è necessario considerare il risarcimento del
danno derivante dall’inadempimento, concentrando l’attenzione su un aspetto par-
ticolare: la rilevanza che l’adamento del contraente deluso ha, ordinariamente, nel
risarcimento del danno e più in generale nel funzionamento dei rimedi contro l’ina-
dempimento. Nel linguaggio metaforico del legislatore e degli interpreti, questo si-
gnica valutare se l’adamento contribuisce a giusticare la «forza di legge» del
contratto (art. 1372 c. c. ) o, se vogliamo, il vincolo contrattuale. Ricorrendo alla
metafora del vincolo, infatti, si designano i rimedi esperibili dal contraente fedele
contro quello inadempiente: in primo luogo, l’adempimento coattivo e il risarci-
mento del danno.
Negli ultimi trent’anni la riessione sulle ragioni del vincolo, presente anche nel
contesto italiano5, è stata particolarmente stimolante e approfondita in quello statu-
nitense6. Adempimento coattivo e risarcimento del danno proteggono il contraente
5 I contributi più signicativi, peraltro, si collocano in un’ottica comparatistica: cfr. A. Somma, Autonomia
privata e struttura del consenso contrattuale, Giurè, 2000; G. Marini, Promessa e adamento nel diritto dei
contratti, Jovene, 1995; And. D’Angelo, Promessa e ragioni del vincolo, Giappichelli, 1992; Id., Contratto e
operazione economica, Giappichelli, 1992; G. Alpa, Denizione codicistica di contratto e vinculum iuris, in
Mat. Storia cult. giur., XX, I, 1990, p. 135; Id., Principi generali e diritto dei contratti. Un inventario di dicta
e questioni, in Giur. it., 1990, IV, c. 65; Id., La nozione classica di contratto in alcune recenti analisi della
dottrina nordamericana, in Annali Fac. Giur. Genova, XV, 1976, p. 620 ss. Nella trattatistica, cfr. R. Sacco,
in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, nel Tratt. dir. civ. diretto da R. Sacco, 3ª ed., Utet, 2004, I, pp. 55-62
e II, p. 16; V. Roppo, Il contratto, 2ª ed., in Tratt. Iudica-Zatti, Giurè, 2011, p. 500 s.; Id., voce Contratto,
in Dig. IV, disc. priv., sez. civ., IV, Utet, 1989, p. 129; F. Gallo, L’eredità perduta del diritto romano: a propo-
sito della produzione del diritto, in Europa e dir. privato, 2007, p. 1005.
6 In questo ambito, la riessione sul fondamento del vincolo contrattuale risulta più strettamente intrecciata
con il tema dei rimedi di quanto non avvenga nel contesto italiano. Non si tratta certo di una constatazione
sorprendente, se si considera che, a dierenza di quanto avviene nei sistemi di civil law, si ritiene che diritti
ed obblighi rappresentino la tutela accordata a determinati interessi, piuttosto che costituire il presupposto
indefettibile per l’applicazione dei rimedi: la relazione logica tra diritto e rimedio, in altri termini, si presen-
ta rovesciata, in quanto il secondo precede il primo [v., a titolo esemplicativo, con particolare riferimento
alla dichiarazione anticipata di non voler adempiere, A. L. Corbin, On contracts, V, West, 1964, § 1053, p.
309: «In one sense of the term, no breach of contract is ever anticipatory. Since the law gives a remedy at
once for a repudiation of a contractual duty and since a remedy, direct or indirect, is the denitional test of a
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