In tema di presunzione di intestazione fittizia prevista dall'art. 26 D.L.vo n. 159/2011
Autore | Sergio Beltrani |
Pagine | 173-174 |
173
giur
Rivista penale 2/2015
LEGITTIMITÀ
Nel caso di specie, per quanto ampiamente detto, se
è vero che il tribunale è incorso in alcune violazioni di
legge, è anche vero che le medesime non hanno influito
sulla tenuta complessiva della motivazione in quanto, alla
fin fine, il Tribunale ha evidenziato gli elementi indiziari
in base ai quali ha ritenuto che la donazione in questione
è da ritenersi simulata.
La censura dei ricorrenti, quindi, va disattesa alla
stregua del seguente principio di diritto: “costituiscono
indizi gravi precisi e concordanti della simulazione di beni
intestati dall’indagato ad un terzo, la natura giuridica e le
modalità dell’atto dispositivo (nella specie donazione), il
rapporto di stretta parentela fra le parti dell’atto disposi-
tivo (padre e figlio), la vicinanza temporale fra l’atto di
spoliazione e la commissione da parte del dante causa di
un reato per il quale è prevista la confisca dei beni, la de-
stinazione del bene, le qualità personali dell’avente causa
(giovane età) e l’oggetto dell’atto dispositivo (ingente
somma di denaro)”.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricor-
renti al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
in Tema di presunzione
di inTesTazione fiTTizia
previsTa dall’arT. 26
d.l.vo n. 159/2011
di Sergio Beltrani
Con la sentenza n. 15829 del 2014, La Corte di cassazio-
ne ha escluso che la presunzione di fittizietà degli atti di
trasferimento compiuti - a titolo oneroso o gratuito - dal
proposto in favore di determinate categorie di persone,
prevista in tema di misure di prevenzione patrimoniale
dall’art. 26 D.L.vo n. 159 del 2011, si applichi al sequestro
penale finalizzato alla confisca prevista dall’art. 12 sexies,
D.L. n. 306 del 1992.
Si è in particolare, osservato che le disposizioni di cui
all’art. 26 cit. «sono dettate in un preciso ambito setto-
riale, non sono applicabili, in via analogica, nel normale
processo penale proprio perché si tratta di norme speciali
per le quali, secondo i notori principi generali, è vietata
l’applicazione analogica», come già ritenuto in linea di
principio, sia pur con riferimento a diversa fattispecie
(sez. II, sentenza n. 10471 del 12 febbraio/5 marzo 2014,
rv. 259347, per la quale la normativa in tema di tutela del
terzo prevista dagli artt. 53 ss. D.L.vo n. 159 del 2011 non è
applicabile al processo penale in cui venga in discussione
l’applicazione dell’art. 12 sexies cit.).
La volontà del legislatore di non applicare tout court le
norme del processo di prevenzione anche al processo pe-
nale relativo alle confische ex art. 12 sexies viene desunta
dal fatto che «anche nella legge n. 228/2012 - modificativa
del D.L.vo 159/2011 – non ha ritenuto di rinviare, per le
ipotesi delle c.d. confische allargate, alla normativa previ-
sta per il processo di prevenzione, essendosi limitato, in
modo espresso e tassativo, ad apportare una modesta mo-
difica solo all’art. 12 sexies/4 bis riguardante la gestione
dei beni confiscati e, mantenendo, quindi, fermo il rinvio
al c.d. codice antimafia solo per i suddetti aspetti proces-
suali (cfr. anche art. 12 sexies/2 bis che rinvia a norme del
processo di prevenzione riguardanti la gestione dei beni
confiscati)».
Quando si discuta di un sequestro finalizzato alla confi-
sca su beni appartenenti ad un terzo, il Pubblico Ministero
può addurre come prova presuntiva della simulazione sia
il rapporto di parentela, sia la gratuità dell’atto: «tuttavia,
mentre nel processo penale questi indizi rimangono tali
non determinando alcuna inversione dell’onere probato-
rio (salva, ovviamente, la facoltà del terzo di difendersi
allegando e provando il contrario), nel processo di pre-
venzione fanno automaticamente presumere la fittizietà
del trasferimento invertendo, illico et immediate, l’onere
probatorio a carico del terzo».
Si è concluso che «l’art. 12 sexies D.L. cit. prevede, al pri-
mo comma, un sistema probatorio, a carico della Pubblica
accusa, fondato su una duplice presunzione di natura iuris
tantum, che ove provata è sufficiente a far scattare la confi-
sca a carico dell’indagato salvo prova contraria derivante
dall’inversione dell’onere probatorio», e che «il suddetto
meccanismo di presunzione iuris tantum, non è, invece,
previsto in alcuna norma, per l’azione proposta nei confron-
ti del terzo relativamente alle ipotesi delle c.d. confische
allargate (contrariamente a quanto previsto nel diverso
processo di prevenzione ora disciplinato nel c.d. codice an-
timafia), sicché la Pubblica accusa che voglia provare che
il bene intestato al terzo appartiene, di fatto, all’indagato,
è gravata del normale onere probatorio che, può, fondarsi
anche su presunzioni semplici che, però, possono assume-
re dignità di prova solo ove siano plurime, gravi, precise
concordanti e cioè tali da consentire di risalire da un fatto
noto (intestazione ad un terzo di un bene) ad uno ignoto (il
bene, nonostante appartenga formalmente ad un terzo, è di
fatto nella disponibilità giuridica dell’indagato)».
Con la medesima sentenza la Corte di cassazione ha
anche osservato che costituiscono indizi gravi, precisi e
concordanti dell’interposizione fittizia di beni dell’indaga-
to ad un terzo:
- la natura giuridica e le modalità dell’atto dispositivo
(nella specie, donazione)
- il rapporto di stretta parentela tra le parti dell’atto
dispositivo (nella specie, padre e figlio);
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