In tema di maltrattamento di animali

AutoreMarisa Vassallo/Claudio Biglia
Pagine490-493

Page 490

Con sentenza 19 febbraio 1999 la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna inflitta in primo grado ad alcuni allevatori valdostani resisi responsabili di truffa in danno della regione, per avere somministrato a bovini sani sostanze idonee a «positivizzarli» alle prove diagnostiche della tbc e della brucellosi, allo scopo di lucrare l'indennizzo previsto dalla normativa regionale per le ipotesi di macellazione coatta di capi di bestiame infetti.

Come insegna la bibliografia corrente, l'alterazione delle prove diagnostiche può essere ottenuta sia con sostanze prive di effetto farmacologico (essenza di trementina, petrolio), sia con prodotti farmaceutici regolarmente in commercio e normalmente impiegati come antinfiammatori (es., Finadyne), l'inoculazione dei quali deve avvenire esclusivamente in sede intramuscolare profonda, e non già per via intradermica.

In entrambi i casi (di inoculazione di sostanze estranee prive di effetti farmacologici, ovvero di inoculazione impropria di farmaci) si determinano nell'animale reazioni dolorose, ed altre reazioni locali che vanno dall'edema fino alla necrosi senza considerare possibili sofferenze a carico di particolari organi quali fegato e reni.

Anche gli ulteriori accertamenti sanitari necessari a risolvere casi di sospetta reazione aspecifica alla prova diagnostica sono fonte di sofferenza, che va dal semplice contenimento, ai prelievi ematici.

Infine, la conseguenza inevitabile della fraudolenta somministrazione è sempre l'anticipata uccisione dell'animale: ciò sia nel caso in cui la frode sfugga al primo controllo sanitario, effettuato nel corso della visita in stalla, attesoPage 491 che la macellazione coatta consegue necessariamente all'accertata «positività» alla malattia; sia nel caso in cui, emergendo sospetti della frode, si renda necessaria l'esecuzione di esame autoptico, atteso che solo questo fornisce la prova attendibile circa l'esistenza o meno della malattia.

Alcuni degli imputati del processo in esame, per neutralizzare le prove diagnostiche, si erano avvalsi di farmaci reperiti sul mercato (Buck 19); in altri casi è dubbia la natura della sostanza inoculata, così come del tutto sconosciute le modalità di somministrazione.

In ogni caso, un approfondimento di tali circostanze - incidenti, come visto, sull'aspetto sofferenza animale - avrebbe potuto avvenire soltanto attraverso la regressione del processo alla sua fase iniziale, per una eventuale estensione dell'azione penale anche al reato di maltrattamento di animali previsto dall'art. 727 c.p., essendo comunque certa, in tutti i casi considerati, sia la sofferenza dell'animale, nella sua duplice forma sopra considerata, sia la ingiustificata uccisione di esso, quale conseguenza della condotta di fraudolenta somministrazione.

Tale regressione, astrattamente possibile, è stata nella specie inibita dalla intervenuta prescrizione del reato.

Trattasi, infatti, di illecito contravvenzionale punito con la sola ammenda, per il quale l'art. 157 comma 1 n. 6 c.p. prevede il termine di prescrizione di due anni.

Lo scopo di questa breve nota è pertanto quello di stimolare, per i casi analoghi a quello sopra descritto, la riflessione e l'impegno degli operatori coinvolti nella prevenzione e repressione dei comportamenti umani inutilmente produttivi di sofferenza psicofisica, se non anche della dignità dell'animale.

Fra le varie condotte di reato previste dall'art. 727 c.p. quella degli allevatori del caso in esame potrebbe configurarsi come «incrudelimento verso animali senza necessità».

In astratto, sarebbe ipotizzabile una rilevanza della sola sequenza antecedente alla morte, e costituita dalla...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT