L'imu anti-crisi. Gli immobili e l'incoerenza del carico fiscale

AutoreGuido d'Angelo
Pagine486-486
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var
4/2012 Arch. loc. e cond.
VARIE
L’IMU ANTI-CRISI
GLI IMMOBILI E L’INCOERENZA
DEL CARICO FISCALE (*)
di Guido D’Angelo
In questi ultimi tempi sembra che la soluzione della
crisi economica in Italia consista nell’imporre maggiori
tasse sulla proprietà degli immobili.
Come spesso accade, si registrano dichiarazioni e
provvedimenti contraddittori. Ad esempio, la legislazione
statale e regionale più recente è stata diretta a favorire
la costruzione di nuovi volumi (prevalentemente ad uso
abitativo) in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Pur di far costruire nuove case, si rinuncia a realizzare
un’esigenza fondamentale, cioè alla pianif‌icazione degli
interventi sul territorio, già compromessi dalla diffusione
dell’abusivismo edilizio, che nella maggior parte resta
impunito.
Ma nel contempo l’acquisizione di una nuova casa
per uso proprio o per investimento sembra destinata o a
determinare un onere assai gravoso e per molti insoste-
nibile od a rappresentare un pessimo impiego di risorse
risparmiate.
Da varie parti – in alternativa ad aumenti della tas-
sazione diretta o indiretta – si prospetta la necessità di
un’imposta patrimoniale. Ma normalmente non si rileva
che l’Imu è proprio un’imposta sul patrimonio e che, quin-
di, una patrimoniale già esiste e soltanto per i fabbricati.
Infatti, l’Imu si applica sul valore dell’immobile e non
è detraibile in sede di pagamento dell’imposta sul reddito
(Irpef). Ciò comporta, ad esempio, che il proprietario di
un immobile dato in locazione, oltre a pagare l’Imu, deve
pagare l’Irpef sul reddito ricevuto, cioè anche su quella
parte versata per l’Imu. Ciò si è verif‌icato anche in passato
per l’applicazione dell’Ici, ma con un margine di sopporta-
bilità tenuto conto dell’entità, generalmente non elevata,
delle rendite catastali.
Ma oggi lo slogan è il seguente: adeguamento delle
rendite catastali ai prezzi di mercato.
Se così fosse – con gli attuali parametri prescritti per
l’Imu – il proprietario che avesse locato una casa per mille
euro al mese (12.000 euro in un anno) dovrebbe pagare cir-
ca quindicimila euro di Imu e poi l’Irpef sul detto reddito.
Ovviamente si tratta di un assurdo che non si potrà ve-
rif‌icare nei termini indicati. Ma in ogni caso le prospettive
risultano negative, tanto che lo stesso sottosegretario alle
Infrastrutture Guido Improta qualche mese fa ha dichia-
rato al Corriere della Sera «se non mi sbrigo a vendere
un po’ di appartamenti, rischio di lavorare per pagare le
tasse».
Al di là della battuta, è evidente che il regime f‌iscale va
razionalizzato anche nel rispetto dei principi costituziona-
li. In particolare, la Costituzione repubblicana prevede la
tutela del diritto di proprietà (art. 42) e favorisce l’acces-
so del risparmio alla proprietà dell’abitazione (art. 47),
oltre a vietare l’esproprio senza indennizzo (che si conf‌i-
gurerebbe nell’ipotizzata tassazione sugli immobili). D’al-
tra parte, secondo l’art. 53 della Costituzione, il sistema
tributario deve essere informato a criteri di progressività
ed ogni cittadino deve concorrere alle spese pubbliche in
ragione della propria capacità contributiva.
Pertanto, si stabilisce quale percentuale del reddito
effettivamente riscosso ciascuno debba pagare, senza so-
vrapposizioni (come quella dell’Imu e dell’Irpef) e senza
l’imposizione di tributi, come l’Imu, la cui misura sarebbe
uguale per immobili locali e canoni di diversa entità e che
addirittura potrebbe essere maggiore per unità immobilia-
ri locate ad un canone inferiore rispetto a quello prodotto
da altre unità gravate da un’Imu meno elevata.
Si aggiunga, inf‌ine, la disposta riduzione dal 15 al 5 per
cento dell’imponibile per le locazioni, come se non esi-
stessero le ordinarie spese di amministrazione, di manu-
tenzione, di assicurazione e così via. Ma esiste ancora la
possibilità di coerenza e ragionevolezza?
(*) Tratto da Il Denaro.it

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