La corte costituzionale: impossibile la concessione in sanatoria per abusi in aree vincolate

AutoreMaurizio Santoloci
Pagine526-533

    Una pronuncia «devastante» per le sanatorie illegittime nelle zone soggette alla tutela vincolistica


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Le concessioni in sanatoria per opere edilizie realizzate in aree protette dal vincolo paesaggistico-ambientale sono da tempo oggetto di vivace polemica interpretativa ed applicativa. In pratica, le due tendenze di principio che si sono letteralmente fronteggiate in questi anni sostengono da una parte l'impossibilità assoluta per il comune di rilasciare dette concessioni se le opere edilizie illecite insistono su aree vincolate, e dall'altra il principio nettamente opposto.

La prassi in uso comune presso i comuni italiani è stata sempre in linea con la seconda ipotesi interpretativa e tali concessioni sono state e continuano ad essere regolarmente rilasciate.

Noi da parte nostra abbiamo sempre sostenuto la teoria della illegittimità totale in caso di rilascio.

Chi scrive, oltre che con articoli su questa Rivista, ha ripetutamente espresso tale orientamento anche in una serie di sentenze penali a propria firma. Tra le varie, si cita quella pubblicata per esteso su Rivista penale n. 4/2000 del mese di aprile 2000 la cui massima recita:

«La legge 431/85 (cosiddetta «legge-Galasso») - oggi T.U. D.L.vo n. 490/99 - non prevede nessun tipo di concessione comunale in sanatoria e/o di nulla-osta autorizzativo regionale in sanatoria per le violazioni al suo dettato. La concessione in sanatoria è invece prevista dalla legge 47/85 e riguarda possibilità di sanatoria soltanto ed esclusivamente per i reati tipici connessi inerenti l'aspetto urbanisticoedilizio e non può essere estesa ad altre norme seppur aventi ad oggetto interventi sul territorio sotto altre formulazioni. Consegue che i reati di violazione al vincolo paesaggisticoambientale della legge 431/85 (oggi T.U. D.L.vo n. 490/99) non sono soggetti al regime della concessione in sanatoria (e/o di nulla-osta autorizzativo regionale in sanatoria) e non è dunque possibile una estinzione dei relativi illeciti in sede penale sotto questo profilo. Una eventuale concessione in sanatoria rilasciata sulla base della legge 47/85 che riguardi opere realizzate in area soggetta al vincolo della legge 431/85 (oggi T.U. D.L.vo n. 490/99) e che dunque preveda sanatoria anche per gli aspetti illeciti connessi alla «legge-Galasso» è irrilevante in sede di processo penale nel senso che non può determinare l'estinzione di detti ultimi reati e tale atto dovrà essere oggetto di esame da parte del P.M. per valutarne gli aspetti di eventuale illiceità sotto il profilo penale». (Sentenza Trib. Terni 10 febbraio 2000, est. Santoloci, giudice unico penale, imp. Sabatini).

Medesimi concetti sono stati sempre espressi nel Codice dell'Ambiente di MAGLIA-SANTOLOCI nel corso delle edizioni di ormai diversi anni.

Va sottolineato che la Corte di cassazione ha sempre esternato identica teoria interpretativa con una serie praticamente sistematica e coerente di sentenze tendenti non solo a sottolineare l'impossibilità generale del rilascio della concessione in sanatoria da parte dei comuni per opere illecite realizzate in area di vincolo, ma addirittura ad avallare la disapplicazione del giudice penale delle concessioni così rilasciate in modo totalmente illegittimo.

Pur tuttavia dobbiamo registrare una completa estraneità di recepimento di tali principi, ancorché sostenuti perPage 527 anni dalla Cassazione, da parte di gran parte dei comuni italiani che hanno continuato in modo regolare e sistematico a rilasciare le concessioni in sanatoria anche per interventi illeciti insistenti su aree vincolate. In realtà fino ad oggi si è creato un equivoco terminologico e sostanziale che è servito da avallo tacito per tale prassi, giacché si è oramai confusa la nozione di «concessione in sanatoria» e di «condono» unificando ambedue le profondamente diverse procedure con il termine improprio ed atecnico di «sanatoria». E così, facendo ricomprendere in questa prassi abnomala anche tutti gli illeciti in aree protette.

Registriamo oggi tuttavia una chiarificazione inequivocabile e, riteniamo, definitiva della Corte costituzionale, la quale difficilmente, a questo punto, potrà essere disattesa. E certamente questa pronuncia avrà un effetto profondamente incidente e per certi versi traumatico in tutta la consolidata prassi (fino ad oggi illegittima, ma da oggi verosimilmente anche illegale penalmente) di rilasciare le concessioni in sanatoria nelle aree vincolate.

Con una importantissima e significativa ordinanza la Corte costituzionale afferma un principio chiarissimo: il comune non può rilasciare la concessione in sanatoria per opere edilizie realizzate in violazione di legge in territori soggetti a vincolo paesaggistico-ambientale (Corte cost., ord. 21 febbraio-6 marzo 2001, n. 46, Pres. Santosuosso, Rel. Chieppa).

Ma vediamo quali sono gli estremi e la portata esatta di tale pronuncia della Corte costituzionale, e soprattutto quali possono essere gli effetti per il passato e per il futuro.

@1. La «concessione in sanatoria».

Innanzitutto un chiarimento di fondo di ordine generale, per meglio inquadrare l'esatta collocazione della pronuncia della Corte costituzionale.

Oggi con il termine «sanatoria» si fa una certa confusione, e vi si ricomprende indifferentemente sia la «concessione in sanatoria» sia il «condono» comunemente chiamato «sanatoria».

In realtà si tratta di due istituti giuridici completamente diversi e per certi versi opposti.

Infatti la «concessione in sanatoria» è prevista dagli artt. 13 e 22 della legge n. 47/85 ed è una possibilità di intervento amministrativo permanente, che è sempre esistito fin dal momento dell'emanazione della legge-quadro in materia urbanistico-edilizia n. 47/85 e sempre esisterà fino a quando detta legge non sarà abolita.

Quale è lo spirito e la finalità di questa norma? È proprio quello, come ci dice la stessa dizione letterale, di consentire al privato che ha eseguito un'opera edilizia in violazione di legge, e cioè senza aver chiesto ed ottenuto preventivamente l'atto abilitativo a realizzare l'opera e cioè la «concessione urbanistico-edilizia», in via differita. Appunto «a sanatoria».

In qualche modo l'ordinamento prevede che quell'opera, comunque, era potenzialmente realizzabile su quella specifica area. Quindi il privato, se avesse rispettato le regole, avrebbe potuto ottenere in linea di massima la concessione preventiva e quindi realizzare l'opera perché conforme alla normativa vigente e agli strumenti urbanistici adottati in sede locale. E dunque l'opera in sè stessa sarebbe stata legata fin dall'origine.

Invece il privato ha violato la normativa specifica di settore, ed ha realizzato l'opera senza richiedere ed ottenere preventivamente la concessione all'amministrazione comunale.

Successivamente, vuoi perché soggetto a controllo da parte degli organi di vigilanza, vuoi anche in alcuni casi volontariamente, il privato può chiedere successivamente, ed ecco appunto il concetto «a sanatoria», la concessione che non aveva chiesto in via preventiva.

A questo punto il Comune svolge una istruttoria tecnica per verificare se quell'opera era o meno compatibile, prima che fosse realizzata, con gli strumenti urbanistici vigenti. Se quell'opera risulta tale, e cioè in pratica poteva essere autorizzata regolarmente prima che il soggetto la realizzasse, concede questa specie di concessione con effetti retroattivi in senso amministrativo, cioè rilascia la medesima concessione che avrebbe potuto, in ipotesi, rilasciare prima che l'opera fosse realizzata, decretandola invece in modo successivo.

Appunto «a sanatoria» e cioè a copertura amministrativa posticipata con una regolarizzazione che sortisce effetti retroattivi anche e non solo a livello amministrativo ma anche a livello di sanzione penale.

Infatti, la legge prevede in modo specifico (art. 22 citato) che laddove il Comune rilasci questa concessione in sanatoria (prevista dall'art. 13 citato) anche il connesso reato di violazione alla normativa urbanistico-edilizia si estingue.

Il che conferma che detta concessione in qualche modo santifica l'opera ab origine, e cioè retroagisce come se fosse stata rilasciata fino al momento iniziale dei lavori. Questo naturalmente presuppone due elementi essenziali:

1) che i lavori potevano essere considerati potenzialmente in regola con la normativa vigente e i piani locali fin dal primo momento d'inizio dei lavori;

2) che tale circostanza sia verificata e approfondita da un'istruttoria tecnica del Comune prima di rilasciare l'atto concessorio di sanatoria in senso ordinario.

Detto sistema corrisponde alla finalità della norma di regolarizzare tutti quegli abusi che sostanzialmente presentano esclusivamente una irregolarità di tipo formale ma non sostanziale giacché comunque potevano appunto essere realizzati in via regolare nel tessuto territoriale.

@2. Il «condono».

Il «condono» urbanistico-edilizio, invece, è qualcosa di radicalmente diverso.

Infatti trattasi di una specie di «perdono» amministrativo, di una sorta di «vendita delle indulgenze» che lo Stato, seguendo una prassi soggetta a forti e violente critiche, vara una tantum.

Infatti, senza che detta prassi sia prevista e codificata in via sistematica e continuativa dalla legge, lo Stato decide in modo isolato e specifico per una volta di «condonare» e cioè estinguere con una cancellazione amministrativa in blocco tutti gli abusi edilizi effettuati fino ad una certa data. Promettendo, come sempre accade nella teoria ma non nella realtà, di varare però per il futuro norme più severe contro gli abusi che si dovessero verificare da quel momento in poi.

È una specie di colpo di spugna amministrativo, una regolarizzazione non soltanto formale ma anche sostanziale e radicale di tutti gli abusi, a prescindere dalla conformità o meno potenziale e virtuale di tali lavori con le normative vigenti e gli strumenti urbanistici locali.

Praticamente si sana tutto e il contrario di tutto, purché le opere siano...

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