Le nuove imposizioni di volontà: il ridicolo della mediazione obbligatoria ex d.l.vo 4 marzo 2010, n. 28

AutoreStefano Bertone
CaricaAvvocato, foro di Torino

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1. Un incipit non convenzionale.

Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, 1827. Capitolo decimo.

“Il buon prete cominciò allora a interrogarla, nella forma prescritta dalle regole. - Sente lei in cuor suo una libera, spontanea risoluzione di farsi monaca? Non sono state adoperate minacce, o lusinghe? Non s’è fatto uso di nessuna autorità, per indurla a questo? Parli senza riguardi, e con sincerità, a un uomo il cui dovere è di conoscere la sua vera volontà, per impedire che non le venga usata violenza in nessun modo.

La vera risposta a una tale domanda s’affacciò subito alla mente di Gertrude, con un’evidenza terribile. Per dare quella risposta, bisognava venire a una spiegazione, dire di che era stata minacciata, raccontare una storia . . . l’infelice rifuggì spaventata da questa idea; cercò in fretta un’altra risposta; ne trovò una sola che potesse liberarla presso e sicuramente da quel supplizio, la più contraria al vero. - Mi fo monaca, - disse, nascondendo il suo turbamento, -mi fo monaca, di mio genio, liberamente”.

Sono contrario alla mediazione obbligatoria introdotta con il D.L.vo 4 marzo 2010, n. 28, che ritengo incostituzionale e pericolosa nel settore tutela dei diritti della persona: perché trasmette il messaggio1 che si possa essere avvocati di sé stessi; perché, non prevedendo l’obbligo di difesa dell’avvocato, manda allo sbaraglio in Italia decine, centinaia di migliaia di danneggiati ogni ano, pregiudicando per sempre le loro pretese. Perché terrà sempre più lontani dai tribunali le vittime, mortificandone i diritti e conducendo nel medio periodo alla scomparsa dei termini “diritto/risarcimento”, a favore dei più mercantili e leggeri (per i conti di industrie e assicuratori) “facoltà/ rimborso”, il tutto con valori medi irreversibilmente in diminuzione.

Questa norma non è altro che un ulteriore passo del “tort reform nostrano” che da alcuni anni imperversa in leggi e sentenze e che aveva avuto una pietra miliare in SS.UU. 11 novembre 2008, n. 26972, la quale si era permessa di dire che “Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici”, e che pertanto avevo definito “decisione futile, immaginaria ed intollerante”2

Il rischio complessivo e concretissimo è un regresso agli anni ‘60, con la scomparsa di molte delle conquiste nel settore della RC, l’usurpazione del ruolo dei tribunali a favore di personaggi privati che magari fino al giorno prima facevano i liquidatori di imprese assicuratrici3 e la creazione di una nuova generazione di doppi danneggiati: vittime prima per l’illecito, e vittime dopo, per aver gestito da sé perché il sistema ha fatto credere loro che fosse cosa buona, giusta e conveniente . . .) an, quantum, perizia medico legale, profili prescrizionali . . . ad esempio in casi di responsabilità medica.

Detto questo, qui della “mediazione” discuterò quasi esclusivamente l’aspetto impositivo.

Per trasparenza dichiaro il mio conflitto di interesse: sono un avvocato che nei danni alla persona presta assistenza solo a reclamanti/danneggiati.

2. facoltà o imposizione?

Lo spirito della Direttiva. La nostra norma nasce dal recepimento della Direttiva n. 2008/52/CE4 (che incidentalmente, ricordo, doveva riguardare le sole controversie transfrontaliere, pur “non vietando” di estenderla ad altri procedimenti5. Nella trasposizione italiana la volontarietà che di base ispira il testo della direttiva6, scompare del tutto.

Guardate innanzitutto le definizioni: - Art. 3, Direttiva n. 2008/52/CE «si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di

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raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale».

- Art. 1, D.L.vo 4 marzo 2010, n. 287 “l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”.

È sparita la base volontaria, evidentemente . . . Che l’intento della Direttiva fosse quello di creare un sistema di mediazione facoltativo, lasciato all’arbitrio delle parti (con la possibilità per gli stati di renderlo ordinabile, purchè a determinate condizioni) lo si capisce da diversi passaggi della norma europea tra cui, nei considerando:

“10° considerando: La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai procedimenti in cui due o più parti di una controversia transfrontaliera tentino esse stesse di raggiungere volontariamente una composizione amichevole della loro controversia con l’assistenza di un mediatore […].

  1. considerando: la mediazione di cui alla presente direttiva dovrebbe essere un procedimento di volontaria giurisdizione nel senso che le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento. […] Inoltre, l’organo giurisdizionale dovrebbe, se del caso, poter richiamare l’attenzione delle parti sulla possibilità di mediazione.

  2. considerando: Ai fini della certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe indicare la data pertinente per determinare se una controversia che le parti tentano di risolvere con la mediazione sia una controversia transfrontaliera o meno. In mancanza di un accordo scritto, si dovrebbe ritenere che le parti concordino di ricorrere alla mediazione nel momento in cui intraprendono un’azione specifica per avviare il procedimento di mediazione.(25) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la divulgazione al pubblico di informazioni su come contattare mediatori e organizzazioni che forniscono servizi di mediazione. Dovrebbero inoltre incoraggiare i professionisti del diritto a informare i loro clienti delle possibilità di mediazione”.

Tutto confermato, con le sue contraddizioni, nel testo vero e proprio, ed in particolare:

Articolo 1, Obiettivo e ambito di applicazione “1. La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”.

L’articolo 3 l’abbiamo già commentato sopra.

“Articolo 5, Ricorso alla mediazione

  1. L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla media- zione allo scopo di dirimere la controversia. Può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili.

  2. La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario”.

    Questo secondo comma [che riecheggia il 14° considerando8], presenta il maggiore aspetto di contraddittorietà della direttiva: come si fa a obbligare una mediazione, che si è visto, è per definizione l’incontro di due diverse e libere volontà? È un problema che va risolto in ambito comunitario - evidentemente la Commissione ha subito delle pressioni non indifferenti, e sarà necessario far dichiarare l’illegittimità di quella previsione per contrasto con il nostro articolo 24 Cost. e il 6 CEDU.

    Ma in ogni caso - il contrario sarebbe stato impossibilelo stesso secondo comma prevede un enorme limite a questa contraddittoria obbligatorietà: “le parti devono poter esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario”.

    Vediamo adesso altre conferme dell’impianto volontaristico teorizzato fin dall’inizio dalla Commissione.

    Il Green Paper sull’ADR della Commissione europea Nel 4° considerando della Direttiva9 è citato il Libro verde della Commissione Europea sull’ADR10. Sono andato a leggere i commenti che la stessa Commissione europea ha svolto su quel Libro Verde. Ecco uno di quelli più interessanti11:

    “In its Green Paper, the Commission recalls that these new forms of alternative dispute resolution (ADR) must not be seen as a remedy for the difficulties encountered by the courts, but as a more consensual method for achieving social harmony, in many cases, more appropriate, than recourse to the courts or arbitration”.

    Poi, nelle risposte al Green Paper12, emerge che -anche dove i sistemi prevedono delle ADR obbligatorie -, queste restano . . . volontarie nella loro sostanza: e cioè, se non funzionano, se ad esempio le parti non si accordano, in qualunque momento si torna dal giudice… .

    “Question 5: Should the legislation of the Member States be harmonised so that in each Member State ADR clauses have the same legal value?

    Question 6: If so, should the validity of such clauses be generally accepted or should such validity be limited where these clauses appear in membership contracts in general or in contracts with consumers in particular?

    Question 7: What in any case should be the scope of such clauses?

    Question 8: Should we go as far as to consider that their violation would imply that the court has no jurisdiction to hear the dispute, for the time being at least?

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  3. Some respondents consider that Community intervention on this point is not justified, at least at the current stage of development of ADR.

  4. It was also pointed out that the question raised in the Green Paper does not really apply since ADR clauses are in fact persuasive rather than mandatory, since even where recourse to ADR is obligatory, the ADR process itself remains...

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