Implicazioni delle condotte e responsabilità del medico sportivo

AutoreVittorio Mirra
Pagine281-285

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@1. Introduzione

Non esiste un'attività umana che come lo sport eserciti su un numero di persone così elevato (di ogni razza, lingua e ceto sociale) un richiamo tanto potente.

Ormai gli ideali socio-pedagogici del barone De Coubertin sono sopraffatti dall'esigenza di vincere sempre, perché le vittorie attirano interessi e capitali.

Ma è da evidenziare che ogni attività sportiva, anche quella apparentemente più innocua, non diversamente da tutte le altre attività umane, può comportare una serie non indifferente di pericoli, tanto che diviene spesso fonte di danni irreparabili per gli atleti; non è raro, infatti, osservare che l'azione di gioco, anche non agonistico, è occasione di lesioni o, addirittura, della morte di un atleta.

Non bisogna dunque tralasciare diversi profili di responsabilità per ipotesi di lesioni o morte conseguenti o comunque riconducibili ad attività sportive e cioè le eventuali violazioni di doveri di diligenza gravanti su soggetti aventi la funzione di garantire che i rischi derivanti da determinate attività sportive siano contenuti il più possibile.

Può accadere, infatti, che la responsabilità per i danni causati a sportivi (ed anche a terzi) durante una competizione, sia da attribuire alla condotta di persone che non prendono direttamente parte alla competizione, ma la organizzano, la dirigono, la controllano o svolgono altre mansioni per consentirne il corretto svolgimento.

A volte la responsabilità di tali soggetti si cumula con quella degli atleti, mentre in altre circostanze essa è esclusiva.

Tanto più che proprio l'importanza dei beni offesi, quali la vita e l'incolumità della persona, non possono lasciare l'ordinamento totalmente indifferente; è logica dunque una ricerca di sussunzione di tali fenomeni all'interno di fattispecie previste dalla legge, considerando però che dal punto di vista penalistico bisogna sempre mantenere salda l'esigenza di rispettare i principi cardine del diritto penale: quello di legalità, di offensività e di materialità.

Sarà bene perciò non esimerci dall'esaminare anche i principi su cui fondare o escludere (a seconda dei casi) la responsabilità per eventi lesivi avvenuti durante una competizione sportiva riferendoci a quei soggetti che, per un motivo o un altro, occupano una c.d. posizione di garanzia 1 (primo tra tutti il medico sportivo), hanno dei doveri e delle regole da seguire nell'occuparsi della gara e che per questo sono più facilmente, ed anche più spesso, chiamati in causa per le loro responsabilità.

C'è infatti uno speciale vincolo di tutela tra questi ´particolariª beni giuridici ed i soggetti ´garantiª, i quali hanno la funzione di instaurare un rapporto di dipendenza a scopo protettivo per quei beni giuridici che hanno un titolare non in grado di proteggerli autonomamente.

Data la vastità e l'importanza del fenomeno, sono molte le voci che tutt'oggi richiedono una riduzione dell'ambito di autonomia sportiva a favore dell'ordinamento statale 2, che dal canto suo non può esimersi dal regolare tale materia al fine, da un lato di garantire il corretto esercizio dell'attività sportiva e dall'altro reprimere efficacemente comportamenti lesivi di beni o diritti costituzionalmente garantiti (in primis il diritto alla salute ex art. 32 Cost.) 3.

@2. Breve quadro normativo

Appare dunque chiaro che nello sport moderno, volto all'esasperazione del risultato attraverso la sottoposizione della propria capacità psico-fisica a ripetuti sforzi, il ruolo e le responsabilità del medico sportivo appaiono senz'altro rilevanti. In capo a questo soggetto grava, infatti, (come per tutti i medici d'altronde) un obbligo di protezione e di controllo, che lo colloca in una posizione di garanzia nei confronti dell'atleta.

In tema di tutela della salute degli sportivi, in particolare, si può sicuramente partire esaminando i riferimenti positivi che si sono occupati e che si occupano di tale tematica.

Possiamo notare come varie sono le disposizioni legislative che si sono succedute per tutelare la salute degli atleti (professionisti e non) nell'esercizio dell'attività sportiva.

In primo luogo si evidenzia la legge 26 ottobre 1971 n. 1099 4 (tutela sanitaria delle attività sportive), la quale ha reso obbligatorio l'accertamento con visita medica, distinguendo poi tra sportivi professionisti e dilettanti, attraverso un giudizio di idoneità specifica per i primi e di idoneità generica per i secondi.

Chiaramente le norme riguardanti gli sportivi professionisti (species del genus degli atleti in generale) sono più rigide e stringenti, ed una prova ci è data dalla legge 23 marzo 1981 n. 91 5, la quale stabilisce che l'attività sportiva professionistica è svolta sotto il controllo medico, secondo le norme stabilite dalle varie federazioni nazionali e rende Page 282obbligatoria una ´scheda sanitariaª, la quale deve essere semestralmente aggiornata (art. 7) 876.

Ancora più specifico è poi il D.M. 13 marzo 1995 7, il quale sancisce il fatto che ´l'esercizio dell'attività sportiva professionistica è subordinata al possesso del certificato di idoneità all'attività sportiva agonistica 8, che deve essere rilasciato solo da specialisti in medicina dello sport autorizzati e accreditati dalle regioni e dalle province autonomeª 9 (artt. 8-9).

Sussisterà perciò una responsabilità di società e federazioni 10 che consentano all'atleta di svolgere attività agonistica in mancanza di tale accertamento di idoneità o del suo rinnovo periodico.

E tale accertamento deve essere effettuato con continuità, nonché caso per caso, al fine di poter valutare anche particolari condizioni fisiche degli atleti ovvero precedenti infortuni o possibilità di ricadute.

Se, infatti, è regola di comune prudenza operare accertamenti e controlli medici nei riguardi di tutti gli atleti che si apprestano col ritiro precampionato a riprendere sforzi fisici di notevole intensità, detti accertamenti e controlli risultano particolarmente doverosi nei confronti di quegli atleti che hanno subìto in precedenza gravi infortuni e delle cui non ottimali condizioni di salute sono già a conoscenza le società sportive di appartenenza 11.

@3. Un approccio giuslavoristico: obbligo di sicurezza e responsabilità contrattuale

Le modalità delle condotte che si richiedono al medico sportivo, e di riflesso anche alle società sportive che li ingaggiano, sono state col tempo sempre di più ´affinateª dalla giurisprudenza, che gradatamente ne ha stabilito i contorni con una chiarezza ed una determinatezza sempre più specifiche.

In tema di responsabilità civile, le società ad esempio possono sicuramente essere chiamate a rispondere dell'operato dei propri medici sportivi e del relativo personale addetto a tutelare la salute degli atleti sulla base delle norme previste per l'inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 c.c.) 12 e per la responsabilità dei padroni e dei committenti (art. 2049 c.c.) 13.

Difatti nell'esercizio delle attività sportive a livello professionistico (che chiaramente richiede uno standard di attenzione più elevato), le società sportive (ovvero le Federazioni sportive nazionali, con riferimento a ´danniª avvenuti nello svolgimento di competizioni che vedono di fronte squadre nazionali) sono tenute a tutelare la salute degli atleti sia attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli della loro integrità psico-fisica, sia attraverso la cura degli infortuni e delle malattie che possono trovare causa nei rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno sport.

Sia le società che le Federazioni sportive possono essere perciò chiamate a rispondere in base al disposto degli articoli 1218 e 2049 c.c. dell'operato dei propri medici sportivi e del personale comunque preposto a tutelare la salute degli atleti ed essendo comunque tenute, come datori di lavoro del calciatore 14, ad adottare tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l'integrità fisica del lavoratore, tenuto conto in par ticolare del fatto che le cautele a tutela della salute cui è tenuto il datore di lavoro devono parametrarsi alla specifica attività svolta dallo sportivo professionista ed alla sua particolare esposizione al rischio di infortuni 15.

L'attività agonistica implica, infatti, un impegno fisico ed una esposizione agli infortuni che richiedono un controllo costante al fine di prevenire incidenti dovuti allo svolgimento dell'attività sportiva, che costituisce la prestazione professionale del giocatore anche quando non si esplica in partite o gare ma in sedute di allenamento 16.

La Corte di cassazione ha avuto modo di evidenziare che la condotta del medico sportivo (nella specie, un medico di una società calcistica a livello professionistico) in ragione della sua peculiare specializzazione e della necessità di adeguare i suoi interventi alla natura ed al livello di pericolosità dell'attività sportiva stessa, deve essere valutata con maggiore rigore rispetto a quella del medico generico, ai fini della configurabilità di una eventuale responsabilità professionale: in particolare, il suddetto medico ha l'obbligo di valutare le condizioni di salute del giocatore con continuità, dovendo anche valutare criticamente le informazioni fornite dagli atleti stessi o dai loro allenatori, al fine di poter individuare pure l'eventuale dissimulazione da parte dell'atleta dell'esistenza di condizioni di rischio per la propria salute 17.

Il settore agonistico, infatti, postula una conoscenza aggiornata delle regole della medicina sportiva e cognizioni più approfondite e specifiche di quelle proprie di un medico generico oltre al rispetto delle ordinarie regole di diligenza e prudenza nell'esecuzione della prestazione professionale 18.

I compiti che deve assolvere lo specialista in medicina dello sport riguardano sia una generale opera di prevenzione, sia compiti di cura delle malattie e degli infortuni; la norma di riferimento in tema di responsabilità per l'esercizio della professione...

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