Che cosa impedisce ai lavoratori di scegliersi l'imprenditore. Le nuove frontiere delle politiche del lavoro nell'era della globalizzazione

AutorePietro Ichino
Pagine525-551
Pietro Ichino
Che cosa impedisce ai lavoratori di scegliersi l’imprenditore
Le nuove frontiere delle politiche del lavoro nell’era della globalizzazione*
S: 1. La protezione migliore contro lo sfruttamento e l’arbitrio del più forte. - 2. Rovesciare la
regola di Marshall-Hicks. - 3. Una nuova chiave di lettura del mercato del lavoro nella quale sono
(anche) i lavoratori a scegliere e «ingaggiare» l’imprenditore. - 4. Le obiezioni all’idea dei lavoratori che
ingaggiano l’imprenditore. Il limite del divieto di concorrenza. Il tramonto del divieto dello storno di
dipendenti. - 5. Breve censimento delle forme possibili dell’«ingaggio» dell’imprenditore da parte dei
lavoratori. - 6. La grande contraddizione tra l’insoddisfazione per l’imprenditoria indigena e la chiu-
sura nei confronti delle alternative che si of‌frono su scala mondiale. - 7. Alfa e omega: due modelli di
sindacato e di politiche del lavoro. - 8. Quando i lavoratori si precludono l’ingaggio dell’imprenditore
migliore: il caso delle ferrovie. - 9. Segue. Il caso Alitalia. - 10. Segue. Il caso dell’Alfa Romeo di Arese.
- 11. Segue. I casi analoghi verif‌icatisi di recente per la gestione delle autostrade, nel settore bancario,
nella vicenda Telecom. - 12. Importanza della volontà e dell’attitudine a valutare il piano industriale
e, se del caso, a scommettere su di esso. - 13. Poter negoziare a 360 gradi anche al livello aziendale, per
poter «ingaggiare» l’imprenditore migliore. - 14. I «paletti» a difesa del vecchio modello standard na-
zionale contro i modelli nuovi di impresa. - 15. Un modo diverso di guardare alla questione dello
sviluppo del lavoro regolare nel Mezzogiorno. - 16. Il vero problema: l’enorme aumento delle disugua-
glianze di produttività e quindi di reddito tra i lavoratori. - 17. Perché può essere pericolosa l’idea di
una minorità ontologicamente propria del lavoro subordinato.
1. Immaginiamo un Paese nel quale ci sia un solo venditore di generi alimentari
essenziali e insostituibili: f‌inché questa situazione perdura, in quel Paese è necessario
vincolare il venditore, con apposita norma, a garantire pari opportunità di acquisto a
tutti i cittadini, nonché probabilmente stabilire il prezzo degli alimenti in questione e
regolarne la distribuzione, per evitare che qualcuno possa esserne privato. Ma è evidente
che, pur in una materia di tanto vitale importanza, una sicurezza assai maggiore per
tutti i cittadini e per ciascuno, una protezione contro arbitrii, clientelismi, discrimina-
zioni e ricatti assai più ef‌f‌icace di quella che può essere data da qualsiasi regolamento, è
data dal moltiplicarsi dei venditori di alimenti: non vi è garanzia migliore contro le pos-
sibili restrizioni e deprivazioni che la possibilità di scegliere liberamente tra un’ampia
pluralità di fornitori che siano veramente in concorrenza fra loro. Lo stesso discorso vale
nel mercato del lavoro: se il lavoratore non ha un’ef‌fettiva libertà di scelta, occorre pro-
teggerlo mediante una disciplina inderogabile del rapporto contrattuale; ma contro il
cattivo trattamento riservatogli da un’impresa non vi è garanzia migliore per lui che la
possibilità immediata di andarsene sbattendo la porta, avendo la scelta tra molte impre-
se in concorrenza tra loro anche in questo mercato.
Questa considerazione preliminare fornisce una prima chiave di lettura elementare
dell’evo luzione delle nostre politiche del lavoro nell’arco del secolo scorso: focalizzate
* Relazione al convegno su Il lavoro: valore, signif‌icato, identità, regole, Bologna, 20-21 giugno 2007.
526 Studi in onore di Edoardo Ghera
sulla regolamentazione inderogabile dell’accesso al lavoro e degli standard di trattamen-
to in azienda in una prima fase – quella del monopsonio strutturale, tipico del mercato
del lavoro nel periodo della prima industrializzazione -, sul presupposto che il lavoratore
fosse di fatto privo di alternative, nella fase del mercato maturo esse hanno incomincia-
to, soprattutto per iniziativa dell’ordinamento comunitario, a focalizzarsi invece sempre
di più sull’incremento della possibilità di scelta del lavoratore, ovvero della sua employa-
bility, considerata come garanzia ottimale di equilibrio negoziale nel suo rapporto con
l’impresa. Le due tecniche protettive non sono tra loro inconciliabili: esse infatti sono
venute tra loro variamente intrecciandosi negli ultimi decenni, secondo combinazioni
diverse da paese a paese. Ma nell’ultimo quarto di secolo si assiste in tutta Europa a un
graduale ridursi del peso della regolamentazione inderogabile di fonte legislativa o con-
trattuale collettiva, a vantaggio di politiche ispirate al valore della employability, che ul-
timamente hanno trovato un punto di riferimento dotato di notevole attrattività nel
modello nord-europeo di coniugazione di una marcata f‌lessibilità del rapporto di lavoro
con forti garanzie di sicurezza e possibilità di scelta per il lavoratore nel mercato (la co-
siddetta f‌lexicurity, sperimentata al massimo grado in Danimarca1, ma in larga misura
anche in altri Paesi come Gran Bretagna, Irlanda e Olanda).
Ora, con gli sviluppi della globalizzazione, si è aperta una fase ulteriore nella quale
la possibilità di scelta dell’imprenditore da parte dei lavoratori è pensabile, e in qualche
misura incomincia a essere ef‌fettivamente agìta, non soltanto al livello individuale, ma
anche sul piano collettivo. Si prof‌ila pertanto la possibilità – e, nel panorama nazionale
e internazionale, si registrano le prime esperienze – di politiche tendenti a incrementare
la capacità di scelta collettiva dell’imprenditore, che possono essere intese anche come
politiche tendenti a incrementare la sostituibilità dell’imprenditore. Su questo terreno si
registra tuttavia un ritardo del nostro Paese, sia sul piano istituzionale, sia soprattutto sul
piano culturale.
2. Consideriamo questa regola (cosiddetta di Marshall-Hicks):
A. “Minore è la sostituibilità dei lavoratori come fattore produttivo, maggiore è il loro po-
tere contrattuale”;
e consideriamo il suo inverso, l’altra faccia della medaglia:
B. “Minore è la sostituibilità dell’imprenditore come fattore produttivo, maggiore è il suo
potere contrattuale”; e, all’opposto, “maggiore è la sua sostituibilità, maggiore è il pote-
re contrattuale dei lavoratori”.
Le politiche del lavoro prevalentemente seguite nel nostro Paese nel secolo scorso e
ancora negli anni più recenti hanno teso a impedire o rendere più dif‌f‌icile la sostituzione
del lavoratore nel suo posto di lavoro, per raf‌forzarne la posizione nei confronti dell’im-
prenditore. A queste politiche possiamo forse imputare il difetto di limitarsi a raf‌forzare
la posizione di chi un lavoro lo ha già; ma non può negarsi un loro solido fondamento
nel meccanismo sintetizzato dalla regola A.
1 V. in proposito, tra gli studi più recenti, Sartori 2007, 61-89.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT