Previsioni di regolamenti ed ordinanze comunali in ordine alla rimozione di imbrattamenti, deturpamenti o danni da muri e facciate di proprietà privata

AutoreVittorio Angiolini
Pagine331-335

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  1. – Ci si interroga circa i problemi nascenti da quei regolamenti o quelle ordinanze comunali che – come è accaduto con l’art. 46 del regolamento di polizia urbana del Comune di Chiavari fornito a titolo esemplificativo – facciano carico ai proprietari privati di rimuovere dai muri prospicienti il suolo pubblico o di pubblico passaggio imbrattamenti, deturpamenti o danni posti in essere da terzi, estranei alla proprietà e dal proprietario privato neanche autorizzati (il regolamento di Chiavari discorre infatti, ed ad es., di «obbligo» del proprietario alla rimozione «indipendentemente dalla responsabilità per l’apposizione della scritta»).

  2. – Va preliminarmente chiarito come sia scontata, più in generale, la legittimità di regolamenti, o anche ordinanze comunali, che disciplinino, anche per l’aspetto esteriore, le facciate o i muri esterni degli edifici adiacenti spazi pubblici o di pubblico passaggio.

    La materia è infatti da tempo ricompresa nell’ambito del potere regolamentare comunale in materia edilizia, a cui già rinvia, tra l’altro, l’art. 871 c.c. con riferimento anche all’«ornato pubblico». In particolare, va poi sottolineato che l’evoluzione della disciplina amministrativa dell’edilizia e dell’urbanistica, a partire sin dall’ormai risalente art. 1, comma 1, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, ha mostrato una chiara propensione ad ascrivere al potere normativo comunale previsioni «a carattere storico, ambientale, paesistico».

    Il che per sé giustifica l’esercizio di poteri comunali di disciplina di facciate e muri in vista di un interesse pubblico anche solo alla conservazione dell’aspetto storicamente acquisito ovvero del pregio estetico.

    Si aggiunga, al riguardo, che l’art. 6 del D.L. 23 maggio 2008 n. 92 (come conv. in L. 24 luglio 2008, n. 125) ha altresì ampliato i poteri di ordinanza del sindaco, assommando alla tradizionale competenza per sicurezza, igiene e sanità, la competenza per la «sicurezza urbana», la quale, sebbene interpretabile in varia guisa, anche per l’essere una tale nozione non consolidata, sembra sicuramente poter ricomprendere la disciplina dell’imbrattamento, del deturpamento e del danneggiamento di muri e facciate in relazione ad interessi pubblici anche di tipo ambientale.

    Ed è altresì scontato che, a presidio delle prescrizioni a protezione di muri e facciate, come in genere per l’inosservanza delle prescrizioni di regolamenti ed ordinanze comunali, possano irrogarsi sanzioni amministrative; giacché l’art. 7 bis del D.L.vo n. 267 del 2000 e succ. integr. e modif., ha stabilito che «salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro» (comma 1), per un verso, e, per altro verso, ha stabilito altresì che la medesima sanzione amministrativa «si applica anche alle violazioni delle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari» (comma 1 bis); mentre l’art. 6 bis del D.L. n. 92 del 2008 (come conv. nella L. n. 92 del 2008), in deroga al comma 1 dell’art. 16 della L. n. 689 del 1981 concernente il pagamento in misura ridotta, ha disposto che «per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo».

    Sicché, i Comuni hanno un qualche non irrilevante margine di manovra, nell’esercitare poteri sanzionatori, anche in ordine al pagamento in forma ridotta conseguente alla contestazione dell’illecito, che sembra poter essere imposto in misura superiore a quella di legge.

  3. – In questo quadro, non è infrequente, ed anzi rientra pienamente nella tradizione, che le normative amministrative comunali, come d’altronde può accadere anche da parte di altre autorità pubbliche in base alla legislazione ambientale, possano imporre in varia guisa oneri conservativi di muri e facciate (anche sotto la forma del cd. «vincolo di facciata») a carico dei proprietari, in termini di obblighi e doveri manutentivi, anche in rapporto all’incolumità pubblica (che concerne non di rado balconi, davanzali, cornicioni, fregi e simili), ovvero in termini di divieto di alterazione delle caratteristiche dell’edificio ormai acquisite.

    Così come è altrettanto sicuro che i regolamenti e le ordinanze comunali abbiano competenza a reprimere, in quanto illecito amministrativo, comportamenti di soggetti terzi, diversi dai proprietari e con essi non in rapporto, tesi ad imbrattare, deturpare o danneggiare facciate e muri esposti al pubblico anche di edifici di proprietà privata.

    Il ragionamento sembra dover mutare radicalmente, tuttavia, quando con atti normativi comunali si cerchi di introdurre un obbligo o dovere del proprietario privato (la cui violazione magari repri-Page 332mere per via di sanzione amministrativa) circa la rimozione di imbrattamenti, deturpamenti o danneggiamenti di muri o facciate dell’edificio in proprietà che siano opera di terzi soggetti, non solo non incaricati bensì in nessun modo autorizzati dal proprietario privato medesimo.

    Anche in questo caso, si badi, un interesse pubblicistico a ripristinare muri e facciate ci può ben essere, non foss’altro dall’angolazione della protezione dell’integrità dell’ambiente urbano quando si tratti di muri o facciate a contatto con...

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