Il trattamento della prova digitale nel sistema processuale penale italiano. Anamnesi e prognosi di una patologia classica, declinata in una (apparente) riforma

AutoreDonato La Muscatella
CaricaL'A. è avvocato in Ferrara, perfezionato in computer forensics e investigazioni digitali presso l'Università degli Studi di Milano
Pagine263-279
Il trattamento della prova digitale
nel sistema processuale penale italiano. Anamnesi e prognosi
di una patologia classica, declinata in una (apparente) riforma
DONATO LAMU SCAT ELL A
SOMM ARI O:1. “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente” – 2. Il “dover es-
sere” del sistema – 2.1. Le fonti europee – 2.2. Gli ordinamenti dei Paesi europei –
2.3. Le fonti nazionali – 3. L’“essere” del sistema – 3.1. Il sequestro probatorio in mate-
ria di investigazioni digitali – 3.2. La ripetibilità degli accertamenti di digital foren-
sics – 3.3. Il valore probatorio dell’indirizzo IP per l’individuazione dell’autore degli
accessi abusivi a sistemi informatici o telematici – 4. Spunti per una vera riforma –
5. Conclusioni
1. “BIS OGNA C AMB IAR E TUT TO PER NON CA MBI ARE N IEN TE
Il procedimento penale è soggetto a frequenti istanze di rinnovamento,
talvolta legate alla mai sopita intenzione di rendere più eff‌iciente un mec-
canismo che, gradualmente, è giunto all’attuale grado di “congestione giu-
diziale”. Meno spesso, questi tentativi di innovazione cercano di affrontare
cambiamenti sociali che introducono elementi prima sconosciuti.
La regolamentazione dell’informatica forense ha costituito, per questa
seconda categoria, uno degli interventi più signif‌icativi attuati sul disposto
codicistico.
Una distinzione, sul tema, va posta sin d’ora: mentre gli accertamenti di
digital forensics1in senso stretto hanno trovato un’indiretta codif‌icazione2,
L’A. è avvocato in Ferrara, perfezionato in computer forensics e investigazioni digitali
presso l’Università degli Studi di Milano.
1Si può pacif‌icamente escludere chesiano riconducibili – se non per la fase della c.d. identi-
f‌icazione (per un approfondimento cfr. D. CACCAVE LLA,Gli accertamenti tecnici in ambito
informatico e telematico, in S.A. Terno, P. Mazzotta, “La perizia e la consulenza tecnica”, Pa-
dova, Cedam, 2006, p. 199 ss.) – alla categoria dei rilievi, riguardando «non la constatazione
o la raccolta di dati materiali pertinenti al reato ed alla sua prova [...]ma il loros tudio e la re-
lativa elaborazione critica, necessariamente soggettivi e per lo più su base tecnico-scientif‌ica»
(sulla distinzione tra i due istituti, v. S. SO TTANI ,Rilievi e accertamenti sulla scena del crimine,
in “ArchivioPenale”, 2011, n. 3,p. 2).
2Con la legge 18 marzo 2008, n. 48, di ratif‌ica ed esecuzione della Convenzione del Con-
siglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme
di adeguamento dell’ordinamento interno.
Edizioni Scientif‌iche Italiane ISSN 0390-0975 ISBN 978-88-495-3285-2
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non esiste una chiara nozione di prova (e di fonte di prova) digitale, classif‌i-
cata dalla letteratura tecnica come genere della più ampia specie della prova
elettronica, ossia «l’insieme di tutti quei dati, inclusi quelli derivanti dalle ri-
sultanze registrate da apparati analogici e/o digitali, creati, processati, memo-
rizzati o trasmessi da qualsiasi apparecchio, elaboratore elettronico o sistema
elettronico, o comunque disseminati a mezzo di una rete di comunicazione,
rilevanti ai f‌ini di un processo decisionale»3.
L’opzione del legislatore è, f‌in qui, comprensibile: trattandosi di un’evi-
denza per la quale già esistevano spazi processuali propri – restando conf‌inata
tra gli accertamenti tecnici e, poi, peritali – non pareva opportuno introdurre
un concetto ontologicamente privo di autonomia.
Meno condivisibile è, invece, l’approccio scelto per modif‌icare i mezzi di
ricerca della prova: si è cercato di dilatare il bacino operativo delle disposi-
zioni esistenti, producendo un risultato che, sebbene abbia il merito di aver
attribuito cittadinanza alle investigazioni digitali, presenta intrinseche criti-
cità, derivanti dall’aver voluto assegnare alle norme un ruolo ampliato, che
risente del conf‌litto tra il panorama di riferimento iniziale e quello che oggi
si trovano a misurare.
La giurisprudenza, per parte sua, ha provato a colmare tali lacune – ge-
nerate anche dall’inadeguatezza delle risorse investite per i nuovi strumenti
di indagine – ricorrendo a espedienti interpretativi già adoperati in passa-
to, principalmente relativi a presunzioni e inversioni dell’onere della prova,
per non sanzionare errori che, opportunamente puniti, avrebbero spinto gli
inquirenti a migliorare la loro prassi4.
Non si vogliono, tuttavia, anticipare le conclusioni.
Per approfondirel’argomento da una diversa angolazione, pare utile pren-
der le mosse dall’impianto normativo che, a vari livelli di produzione e nei
diversi Paesi, si è occupato dell’individuazione, acquisizione e analisi della
digital evidence; successivamente si descriverà l’impostazione preferita dalla
giurisprudenza italiana, procedendo per casi paradigmatici, sino a cercare di
delineare prospettive di sviluppo della materia.
3S. MASO N,Electronic Evidence: Disclosure, Discover y and Admissibility,London, Lexi-
sNexis Butterworths, 2007, p. 12 «data (comprising the output of analogue evidence devices
or data in digital format) that is created, manipulated, stored or communicated byany device,
computer or computer system or transmitted overa communication system, that is relevant
to the process of adjudication».
4Con un auspicabile miglior compromesso tra la (soccombente) teoria disciplinare delle
prove ed il (prevalente)principio di conser vazione degli atti imperfetti.
ISSN 0390-0975 ISBN 978-88-495-3285-2 Edizioni Scientif‌iche Italiane

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