Il rispetto del diritto vivente

AutoreElio Palombi
Pagine312-316
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giur
4/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
CONTRASTI
il medico ha operato; la diff‌icoltà obiettiva di cogliere e
collegare le informazioni cliniche; il grado di atipicità e
novità della situazione; la impellenza; la motivazione della
condotta; la consapevolezza o meno di tenere una condot-
ta pericolosa (oltre alle precedenti, sez. IV, n. 22405 del 8
maggio 2015, Piccardo, Rv. 263736; sez. IV, n. 47289 del 9
ottobre 2014, Stefanetti, Rv. 260740).
In altri termini, è da condividere l’assunto consolidato
nella giurisprudenza di legittimità secondo cui la valu-
tazione sulla gravità della colpa (generica) debba esse-
re effettuata “in concreto”, tenendo conto del parametro
dell’homo eiusdem professionis et condicionis, che è quel-
lo del modello dell’agente operante in concreto, nelle spe-
cif‌iche condizioni concretizzatesi.
Meritano di essere ricordati, tali criteri, non sempre
in relazione diretta al loro contenuto, riferito anche alla
rimproverabilità del momento di “scelta” delle linee-guida
adeguate al caso concreto che, come si è visto, esorbita
dal perimetro di operatività della novella causa di non
punibilità. Piuttosto è utile richiamare l’elaborazione del
metodo “quantitativo”, del quantum dello scostamento dal
comportamento che ci si sarebbe attesi come quello utile,
per determinare il grado della colpa.
La discrezionalità del giudice, ravvisabile nel dare pra-
tica attuazione ai detti criteri nel contesto del decreto
Balduzzi che li connetteva a linee-guida e buone pratiche
di non univoca individuazione, risulta oggi drasticamente
ricomposta attraverso la novella che riguarda il procedi-
mento pubblicistico per la formalizzazione delle linee-
guida rilevanti.
Oltre a ciò, la circoscrizione, dovuta alla legge Gelli-
Bianco, della causa di non punibilità alla sola imperizia
spinge ulteriormente verso l’opzione di delimitare il cam-
po di operatività della causa di non punibilità alla “colpa
lieve”, atteso che ragionare diversamente e cioè estendere
il riconoscimento della esenzione da pena anche a com-
portamenti del sanitario connotati da “colpa grave” per
imperizia – come effettuato dalla sentenza Cavazza – evo-
cherebbe, per un verso, immediati sospetti di illegittimità
costituzionale per disparità di trattamento ingiustif‌icata
rispetto a situazioni meno gravi eppure rimaste sicura-
mente punibili, quali quelle connotate da colpa lieve per
negligenza o imprudenza; determinerebbe, per altro ver-
so, un evidente sbilanciamento nella tutela degli interessi
sottesi, posto che la tutela contro la “medicina difensiva”
e, in def‌initiva, il miglior perseguimento della salute del
cittadino ad opera di un corpo sanitario non mortif‌icato
né inseguito da azioni giudiziarie spesso inconsistenti non
potrebbero essere compatibili con l’indifferenza dell’ordi-
namento penale rispetto a gravi infedeltà alle leges artis,
né con l’assenza di deroga ai principi generali in tema di
responsabilità per comportamento colposo, riscontrabile
per tutte le altre categorie di soggetti a rischio professio-
nale; determinerebbe, inf‌ine, rilevanti quanto ingiuste
restrizioni nella determinazione del risarcimento del dan-
no addebitabile all’esercente una professione sanitaria ai
sensi dell’art. 7 della legge Gelli-Bianco, poiché è proprio
tale articolo, al comma 3, a stabilire una correlazione con
i prof‌ili di responsabilità ravvisabili ex art. 590-sexies c.p.
10.3. È indicativa, in terzo luogo, l’evoluzione dei lavori
parlamentari.
L’originario testo della legge approvato dalla Camera
mostrava di volere differenziare, ai f‌ini della esenzione da
responsabilità, la colpa grave (da imperizia) dagli altri mi-
nori gradi della (stessa tipologia di) colpa, in una prospet-
tiva specif‌ica. Nel senso, cioè, che la colpa non grave (da
imperizia) era automaticamente inclusa in detta esenzio-
ne anche a prescindere dal raffronto con linee-guida, men-
tre quella grave dello stesso tipo lo era alla condizione del
rispetto delle stesse linee-guida.
La scomparsa della detta previsione dal testo successi-
vamente passato al vaglio dell’altro ramo del Parlamento
non può però dirsi un ripudio tout court della differenzia-
zione del grado della colpa, non risultando in tal senso
esplicitata la volontà del legislatore in alcun passo dei
lavori preparatori, quanto piuttosto, come auspicato nel
citato Parere della Commissione Giustizia del Senato, l’e-
spressione della rinuncia a quella peculiare distinzione
che si poneva come tendenzialmente apparente e quindi
fortemente a rischio di censura per incostituzionalità,
perchè garantiva una tutela eccessivamente e irragione-
volmente estesa alla colpa tecnica del sanitario in tutte
le sue espressioni, essendo per di più, la esclusione della
imperizia grave in caso di rispetto delle linee-guida, con-
formata in una sorta di presunzione che poteva essere vin-
ta soltanto con la prova delle “rilevanti specif‌icità del caso
concreto”.
Si apprende, dai resoconti delle discussioni della Com-
missione giustizia del Senato del 7, 8 e 21 giugno 2016 –
mostratasi interessata a cristallizzare certi approdi della
giurisprudenza di legittimità e a sollecitare una apposita
riformulazione dell’art. 6 poi realizzata –, semmai un rei-
terato ed esplicitato timore del legislatore che il comma 2
del precetto della legge in itinere si prestasse, attraverso
la condizione del rispetto delle linee-guida, ad una inter-
pretazione aperta alla esclusione della responsabilità pe-
nale anche per imperizia grave; evenienza non perseguita,
oltre che in aperta discontinuità con i principi del decreto
Balduzzi, nel cui solco, tanto nei lavori della Camera in
prima lettura quanto in quelli del Senato, si dichiara di
volersi mantenere.
Specularmente, può dunque ammettersi che la colpa
lieve è rimasta intrinseca alla formulazione del nuovo pre-
cetto, posto che la costruzione della esenzione da pena per
il sanitario complessivamente rispettoso delle raccoman-
dazioni accreditate in tanto si comprende in quanto tale
rispetto non sia riuscito ad eliminare la commissione di
errore colpevole non grave, eppure causativo dell’evento.
In conclusione, la colpa dell’esercente la professione
sanitaria può essere esclusa in base alla verif‌ica dei noti
canoni oggettivi e soggettivi della conf‌igurabilità del rim-
provero e altresì in ragione della misura del rimprovero
stesso. Ma, in quest’ultimo caso – e solo quando conf‌igu-
rante “colpa lieve” –, le condizioni richieste sono il dimo-
strato corretto orientarsi nel campo delle linee-guida per-

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