Il Riparto Di Giurisdizione Nelle Controversie Concernenti Gli Alloggi Di Edilizia Economica E Popolare

AutoreArcangela Maria Tamburro
Pagine403-406
403
dott
DOTTRINA
Arch. loc. cond. e imm. 4/2017
IL RIPARTO DI GIURISDIZIONE
NELLE CONTROVERSIE
CONCERNENTI GLI ALLOGGI
DI EDILIZIA ECONOMICA
E POPOLARE (*)
di Arcangela Maria Tamburro
È opinione comune di dottrina e giurisprudenza che
la natura degli I.A.C.P., istituiti con il R.D. 28 aprile 1938,
n. 1165, T.U. delle disposizioni sulla edilizia popolare ed
economica, sia quella di enti pubblici non economici a cir-
coscrizione territoriale, in ossequio alla funzione sociale
perseguita con l’attività pubblica di costruzione di alloggi
per i cittadini meno abbienti.
Tali enti, secondo l’art. 1 del D.P.R. 14 febbraio 1975, n.
226, che contiene l’approvazione del loro statuto-tipo, han-
no “lo scopo di provvedere alla realizzazione di programmi
di intervento di edilizia residenziale pubblica e di edilizia
convenzionata ed agevolata, nonché alle opere di edilizia
sociale ed alle case-albergo di tipo economico e popolare”;
tra i loro compiti rientra quindi quello della realizzazione
della c.d. “edilizia residenziale pubblica”, che costituisce,
secondo l’opinione condivisa, un pubblico servizio.
L’attuazione di tali compiti avviene con una attività
che consta, secondo l’art. 2 dello stesso statuto, dell’ac-
quisto o acquisizione di terreni fabbricabili e di fabbricati,
della costruzione di case popolari, della loro dazione in
locazione, con un contratto il cui contenuto è per la mag-
gior parte determinato dalla legge, agli assegnatari e, alla
scadenza della locazione del trasferimento della proprietà
dell’alloggio dall’ente all’assegnatario, con un altro con-
tratto di vendita.
Il D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, è intervenuto a
dettare una organica disciplina dell’intera materia delle
assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
delle ipotesi di decadenza dalle stesse nonché del loro an-
nullamento e revoca, per il venir meno nell’inquilino dei
requisiti.
Il rapporto che gli I.A.C.P. pongono in essere con gli as-
segnatari di alloggi popolari ha una struttura bifasica: nel-
la prima fase, quella costitutiva del rapporto, esso si conf‌i-
gura come un rapporto tipicamente pubblicistico, essendo
l’assegnazione dell’alloggio caratterizzata dall’esercizio
di poteri amministrativi da parte dell’ente pubblico cui
corrispondono situazioni giuridiche soggettive da parte
dell’aspirante all’assegnazione consistenti in posizioni di
interesse legittimo; nella seconda fase, invece, il rappor-
to è disciplinato dalla convenzione in locazione, secondo
criteri e principi di carattere privatistico, anche per quan-
to riguarda le posizioni giuridiche soggettive che hanno
la consistenza di diritti soggettivi, e correlativamente, di
obblighi veri e propri; tuttavia la convenzione di locazione
in effetti si atteggia in modo analogo ad un rapporto locati-
vo di diritto comune, ma è sempre condizionato dal prof‌ilo
pubblicistico in quanto il rapporto è sempre caratterizza-
to da clausole particolari stabilite dalla legge in funzione
della natura pubblicistica del servizio di edilizia residen-
ziale pubblica (1).
Già in un non recente passato, la Corte costituzionale
(2) ha chiarito che “non sussiste identità di situazione tra
l’inquilino di una privata abitazione ed il concessionario
di un alloggio popolare sul piano del rapporto locativo che
li lega ai rispettivi proprietari dell’immobile. Nel primo
caso ci si trova in presenza di un proprietario privato che
dall’investimento di un capitale nell’acquisto di una casa
e dalla locazione della stessa si propone di realizzare un
prof‌itto come corrispettivo del capitale impiegato, sicché
il rapporto che si stabilisce con l’inquilino è di natura
esclusivamente privatistica. Nel secondo caso, invece,
proprietario dell’alloggio concesso in uso è un ente pubbli-
co creato dallo Stato per il soddisfacimento di un proprio
f‌ine che si identif‌ica con l’interesse e l’obbligo sociale di
costruire appartamenti economici da porre a disposizione
delle categorie di cittadini meno abbienti e più bisognosi.
I canoni da questi corrisposti sono più modesti di quelli
correnti sul mercato e non equiparabili alla contropresta-
zione in senso privatistico, dato che esula dagli Istituti in
questione ogni f‌inalità speculativa o di lucro. Ovviamente
la natura pubblicistica sia degli enti che della funzione dai
medesimi esplicata si ripercuote sul rapporto che si in-
staura tra l’Istituto e l’assegnatario allorché l’alloggio del
primo viene concesso in uso al secondo, rapporto che (…)
trae origine da un atto di assegnazione avente il carattere
di concessione amministrativa sebbene dalla stessa scatu-
riscano poi diritti soggettivi a favore del privato. Dal con-
corso degli indicati elementi è quindi agevole inferire che
il rapporto intercedente tra Istituti per le case popolari
ed assegnatari degli alloggi presenta peculiarità e carat-
teristiche proprie, non riscontrabili nel comune rapporto
di locazione”.
È consolidato, quindi, l’orientamento che, facendo
leva sulla natura “di beni patrimoniali indisponibili” de-
gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, conf‌igura il
provvedimento di assegnazione quale “concessione di beni
pubblici” e il conseguente rapporto che ne deriva quale
“rapporto concessorio”, essendo peraltro irrilevante il “no-
men iuris” indicato dalle parti (3).
Tale indirizzo si fonda, poi, su una lettura costituzio-
nalmente orientata delle norme sul riparto di giurisdizio-
ne riconducibile ai principi affermati dalla sentenza della
Corte costituzionale n. 204 del 2004, in base ai quali può
ammettersi la giurisdizione esclusiva del giudice ammini-
strativo in conformità all’art. 103 Cost., comma 1, quando
sia ravvisabile non solo un obbiettivo ed apprezzabile in-
treccio di situazioni soggettive di diritto e di interesse, ma

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