Il rimborso delle spese per la cosa comune sostenute dal comproprietario

AutorePaolo Scalettaris
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dott
2/2015 Arch. loc. e cond.
DOTTRINA
il rimborso
delle spese per lA cosA
comune sostenute
dAl comproprietArio
di Paolo Scalettaris
SOMMARIO
1. La giurisprudenza della Corte di Cassazione. 2. La “neces-
sità” delle spese per la “conservazione” della cosa. 3. La “tra-
scuranza” degli altri comproprietari. 4. L’onere della prova.
5. La natura eccezionale della norma.
1. La giurisprudenza della Corte di Cassazione.
L’art. 1110 c.c. prevede che il partecipante alla comu-
nione possa ottenere il rimborso delle spese che egli ha
sostenuto per la conservazione della cosa comune nel
caso di trascuranza da parte degli altri comproprietari o
da parte dell’amministratore.
Sull’argomento è intervenuta recentemente la Corte di
Cassazione con due sentenze pronunciate in date ravvi-
cinate.
Con la sentenza n. 21392 del 18 settembre 2013 (1) la
Corte ha affermato che, stante la diversità di funzione e di
fondamento ravvisabile tra le spese per la conservazione
e le spese per il godimento delle parti comuni, nel caso
di trascuranza degli altri comunisti il comproprietario
che abbia anticipato spese per la conservazione del bene
comune ha diritto al relativo rimborso, mentre tale diritto
non gli compete per le spese che concernano il godimento
del bene comune. Fra queste ultime deve ritenersi che
rientrino – ha precisato la sentenza - non soltanto quelle
relative all’uso ma anche quelle relative alla piccola ma-
nutenzione degli impianti comuni (nella vicenda def‌inita
dalla sentenza si discuteva appunto delle spese relative
alla piccola manutenzione dell’impianto di riscaldamento),
dovendo il comunista, nel caso di trascuranza degli altri
comproprietari relativamente agli interventi cui tali spese
si riferiscono, rivolgersi all’autorità giudiziaria ove non si
formi una maggioranza nell’ambito della comunione.
La sentenza ha seguito di pochi giorni altra decisione
della stessa Corte di Cassazione – la sentenza 9 settembre
2013 n. 20652 (2) - che, dopo avere affermato che l’art.
1110 c.c. consente eccezionalmente la rimborsabilità delle
spese sostenute dal singolo partecipante alla comunione
nel caso di trascuranza degli altri comunisti ma limitata-
mente a quelle necessarie per la conservazione della cosa
(e cioè limitatamente alle spese che sono dirette al man-
tenimento dell’integrità della cosa comune), ha precisato
che tra queste sono comprese tanto le spese relative ad
interventi necessari perché sia mantenuta l’idoneità del
bene alla destinazione cui è obiettivamente adibito quan-
to anche quelle relative ad interventi necessari per assi-
curare il servizio comune: tutte tali spese incidono infatti
sull’esistenza o sulla permanenza del bene o del servizio
che altrimenti verrebbero meno. Analizzando poi la fatti-
specie sottoposta al suo esame, la sentenza ha sottolineato
che le opere dirette alla conservazione della cosa possono
consistere anche nella sostituzione di parti costitutive
indispensabili per il funzionamento della cosa (come nel
caso di sostituzione di parti inservibili dell’impianto di ri-
scaldamento che altrimenti non potrebbe funzionare).
A conferma dell’attualità e dell’interesse dell’argomen-
to, solamente pochi mesi prima della pronuncia delle sen-
tenze ora ricordate la stessa Corte di Cassazione era inter-
venuta sul medesimo tema con altra decisione, la sentenza
8 gennaio 2013 n. 253 (3), con la quale, def‌inendo una
controversia incentrata sulla domanda avanzata dal com-
proprietario di un edif‌icio nei confronti degli altri compro-
prietari indirizzata al rimborso ex art. 1110 c.c. delle spese
sostenute per l’erogazione del servizio di illuminazione
dell’edif‌icio comune, la Corte aveva ricordato che nel pas-
sato in un’occasione si era affermato che rientrassero nella
previsione dell’art. 1110 c.c. anche le spese “destinate alla
continuità dell’erogazione di servizi come l’illuminazione”e
che di esse pertanto il comproprietario che le avesse anti-
cipate potesse pretendere il rimborso dagli altri compro-
prietari (4), ma aveva sottolineato che quello ricordato era
stato solamente “un precedente rimasto isolato, dal quale
si è discostata la successiva giurisprudenza di legittimità
…, in base al rilievo che l’illuminazione serve per il godi-
mento e non per la conservazione del bene”.
Disattendendo appunto tale isolato precedente la Corte,
con la sentenza del gennaio del 2013, ha ritenuto di aderire,
“stante la sua coerenza con la lettera e la ratio della norma
in considerazione”, all’opinione secondo la quale l’art. 1110
c.c. “eccezionalmente consente la ripetibilità delle spese
sostenute dal singolo partecipante alla comunione, in caso
di trascuranza degli altri, limitatamente a quelle neces-
sarie alla conservazione della cosa, ossia al mantenimento
della sua integrità, in modo che duri a lungo senza dete-
riorarsi” ed ha concluso che pertanto “restano … esclusi
gli oneri occorrenti soltanto per la sua migliore fruizione,
come l’illuminazione di un immobile, o per l’adempimento
di obblighi f‌iscali, come l’accatastamento”.
Con questa sentenza dunque la Corte ha ribadito l’af-
fermazione – peraltro, come si è visto, poi ulteriormente
confermata dalle successive decisioni del settembre 2013
- che la previsione dell’art. 1110 c.c. ha natura eccezionale
(“eccezionalmente consente la ripetibilità”) e che essa
concerne solamente le spese necessarie per la conserva-
zione della cosa e cioè le spese necessarie perché essa
sia mantenuta integra (“in modo che duri a lungo senza
deteriorarsi”): la f‌inalità della disposizione infatti non è
quella di consentire la fruizione e il godimento del bene,
ma solamente quella di evitare che questo si deteriori.
Le sentenze ora ricordate consentono di mettere in
luce gli aspetti chiave della previsione dell’art. 1110 c.c.

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