Il ricorso in cassazione

AutoreStefano Ambrogio
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@1 Concetti generali

Il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione ordinario, con il quale le parti chiedono l'annullamento della sentenza per motivi di diritto. Esso trova il suo fondamento nella previsione costituzionale dell'art. 111, 7° comma, Cost., in base al quale il ricorso in cassazione, ammesso avverso tutti i provvedimenti giurisdizionali, è esperibile solo per violazione di legge, essendo precluso in tale sede qualsiasi giudizio di fatto.

La dottrina (Pansini, Cordero, Riccio) sottolinea la rilevanza del ruolo del giudice di legittimità, chiamato a garantire l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge (cd. funzione di nomofilachia).

Sebbene nel nostro sistema processuale i giudici di merito non siano vincolati dal precedente (come, invece, avviene nei paesi di Common Law), tale funzione è di estrema importanza per assicurare una vera attuazione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sancito dalla Costituzione.

In considerazione del rilievo del suo ruolo, quale organo supremo di giustizia, particolare attenzione è dedicata dal legislatore alla composizione della Corte di cassazione che, nel rispetto del principio della specializzazione, è suddivisa in sezioni civili e penali, ciascuna delle quali composta da un presidente e quattro consiglieri.

Le sezioni unite sono, invece, composte dal primo presidente della Corte e da otto consiglieri (che provengono dalle sezioni penali qualora si tratti di valutare una questione in materia penale). Le sezioni unite sono competenti a decidere sulle questioni di speciale importanza o quando occorre diri- mere un contrasto giurisprudenziale insorto tra le sezioni singole.

Come abbiamo visto, il ricorso in cassazione è ammesso per tutti i provvedimenti giurisdizionali. Per cui per le sentenze appellabili il ricorso si configura come impugnazione di terzo grado, mentre per i provvedimenti inappellabili (come quelli emessi dal g.i.p. nel giudizio abbreviato o nel patteggiamento) il ricorso in cassazione è l'unico mezzo di impugnazione di secondo grado.

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Non è detto però che se la sentenza è appellabile, le parti procedano prima in appello e poi in cassazione. In omaggio al principio di celerità l'art. 569 c.p.p. ammette, infatti, il ricorso immediato in cassazione (cd. ricorso per saltum). È evidente, infatti, che, ove l'interessato debba far valere solo vizi di legittimità, costituisce un notevole vantaggio potersi rivolgere direttamente al giudice di legittimità, al quale spetta comunque l'ultima parola.

@2 Il ricorso in cassazione

Il ricorso per Cassazione può essere proposto solo per i motivi di legittimità tassativamente indicati dal legislatore nell'art. 606 c.p.p., i quali si possono suddividere in due categorie:

- errori commessi dal giudice di merito nell'applicazione delle norme di diritto sostanziale (error in iudicando);

- errori commessi dal giudice di merito nell'applicazione delle norme processuali (error in procedendo).

Rientrano nella prima categoria (errore nella decisione):

- l'esercizio, da parte del giudice, di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi, ovvero non consentita ai pubblici poteri. In tale ipotesi, si realizza un eccesso di potere. Si pensi, ad esempio, al giudice che crea per analogia una norma penale, pronunciando condanna per un fatto non previsto come reato, o al giudice che usurpa poteri amministrativi, ad esempio annullando o revocando un atto amministrativo;

- l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche; si pensi, ad esempio, al giudice che assolve l'imputato di furto per erronea applicazione delle norme civilistiche in tema di possesso e proprietà.

Rientrano nella seconda categoria (errore nel procedimento):

- l'inosservanza delle norme processuali penali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità e di decadenza. In questi casi, la Cassazione è giudice anche del fatto, e per risolvere la relativa questione può accedere all'esame diretto degli atti processuali (Cass. S.U. 28-11-2001). Si pensi, ad esempio, al giudice che fonda la sua sentenza su una testimonianza vietata dalla legge (quale la testimonianza del verbalizzante sul contenuto delle dichiarazioni raccolte da un teste) o assunta in maniera illegittima (senza far prestare giuramento), oppure alla sentenza di condanna emessa in relazione ad un fatto non contestato. Non si può ricorrere

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per Cassazione deducendo l'inosservanza di norme processuali penali che diano luogo a semplice irregolarità;

- la mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta ai sensi del 2° comma dell'art. 495 c.p.p., che disciplina il diritto alla controprova. In tale ipotesi, l'errore processuale rileva solo quando la prova avrebbe potuto determinare una decisione diversa (Cass., I, 15-4-2003). Si pensi, ad esempio, alla mancata assunzione di un testimone indicato dalla difesa a sostegno dell'alibi dell'imputato;

- la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato. In ordine al vizio di motivazione, requisito fondamentale della sentenza (Cap. 20, par. 4), con il termine mancanza si deve intendere un'effettiva omissione delle ragioni dei singoli punti della decisione, mentre con l'espressione manifesta illogicità s'intende la mancanza di coerenza degli argomenti esposti, che portano a conclusioni incompatibili con le premesse. È discusso se possa rientrare nel vizio in esame il travisamento dei fatti, ovvero il contrasto tra le argomentazioni esposte nella motivazione e gli atti processuali (si pensi alla descrizione del fatto diversa da quella risultante dalle testimonianze).

Il ricorso in cassazione è inammissibile:

- quando ha ad oggetto motivi diversi da quelli indicati tassativamente dall'art. 606 c.p.p., come ad esempio...

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