Il reato continuato

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine327-338

Page 327

@1 Nozione e fondamento

Si ha reato continuato quando taluno con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge (art. 81, 2° comma, c.p.).

Se dal punto di vista strutturale la figura del reato continuato non si discosta da quella del concorso materiale (più azioni od omissioni atte a realizzare più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge), sotto il profilo funzionale ne rappresenta una deroga, in quanto sottoposto alla sanzione più mite del cumulo giuridico delle pene, in virtù del quale il reato continuato è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo.

Il fondamento politicocriminale del reato continuato e del trattamento sanzionatorio più mite rispetto al concorso materiale di reati risiede nella minore pericolosità sociale di chi commette più reati in esecuzione di un unico disegno criminoso rispetto a chi commette più reati autonomi; non manca, tuttavia, chi (Mezger), in disaccordo rispetto a quanto appena detto, ravvisa nell’identità del disegno una ragione di aggravamento.

@2 Elementi costitutivi del reato continuato

Gli elementi costitutivi del reato continuato che emergono dall’art. 81, 2° comma, c.p. sono:pluralità di azioni od omissioni, ossia più condotte autonome che sfociano in altrettanti reati; non ricorre, quindi, reato continuato quando con un’unica condotta si commettono più reati;

Peraltro, un’opposta tesi ritiene che il reato continuato possa essere configurato anche in presenza di una condotta unica, essendo necessario e sufficiente che vengano commessi più reati (Magliaro, Vassalli).

Page 328

più violazioni di legge: può trattarsi di più violazioni della stessa disposizione di legge (reato continuato omogeneo) o di più violazioni di diverse disposizioni di legge (reato continuato eterogeneo). Ciò comporta che può aversi continuazione anche in presenza di reati del tutto diversi tra loro (ad esempio, furto di un’arma e violazione di domicilio per effettuare un sequestro di persona allo scopo di acquistare un’ingente partita di droga destinata allo spaccio internazionale). Proprio per tale motivo vi è chi (FiandacaMusco) preferisce parlare, piuttosto che di reato continuato, di continuazione di reati;

  1. il medesimo disegno criminoso, ossia un atteggiamento psicologico che unifica i vari reati e distingue il reato continuato dal concorso di reati; secondo alcuni, tale requisito consiste nell’iniziale programmazione e deliberazione dei successivi episodi delittuosi (De Francesco; Cass. 10-3-1983); secondo la dottrina dominante (Antolisei, FiandacaMusco, Mantovani), invece, l’unicità del disegno criminoso presuppone, oltre alla programmazione e deliberazione iniziale dei singoli reati, l’ulteriore elemento dell’unicità dello scopo perseguito dal soggetto (in tal senso anche la giurisprudenza: Cass. 9-2-1988; 20-4-1985). Alla stregua di quest’ultimo indirizzo, il medesimo disegno criminoso consiste, quindi, nel progetto di compiere una serie di azioni delittuose, deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine (Antolisei).

    Alcuni autori (Antolisei, FiandacaMusco) sostengono che, nella deliberazione iniziale del progetto criminoso, è implicito il dolo unitario, ossia la volontà di commettere i successivi reati.

    Affinché sussista l’identità del disegno criminoso occorre che:

    - lo scopo criminoso che il soggetto intende realizzare sia sufficientemente specifico;

    - la rappresentazione ricomprenda tutti i reati del disegno criminoso nei suoi tratti generali ed essenziali, tanto che se viene commesso un reato che non rientra tra quelli programmati fin dall’inizio il reato stesso resta escluso dalla continuazione;

    - il disegno criminoso sia ideato in tutti i suoi aspetti sin dalla consumazione del primo reato che dà avvio alla continuazione.

    Ne consegue che la semplice tendenza a delinquere del soggetto, ovvero la presenza di un programma generico di attività criminose, espressione di un costume di vita deviante, correlato al bisogno economico, non sono di per sé indicativi dell’esistenza di un disegno criminoso, indispensabile per la riduzione a unità delle diverse violazioni; è viceversa necessario che, fin dall’inizio, i singoli reati siano previsti e preordinati quali episodi attuativi

    Page 329

    di un unico programma delinquenziale.

    Ad esempio, la condotta di chi, nel corso di vari mesi, emette numerosi assegni "a vuoto", può essere considerata espressione di una radicata e riprovevole abitudine di vita, ma non può essere ritenuta come espressione di un vero e proprio disegno criminoso (Cass., V, 30-3-1999).

    Ma fino a che punto deve arrivare la rappresentazione dei reati per far rientrare gli stessi nella continuazione criminosa? In altri termini: è sufficiente la generica ideazione dell’attività delinquenziale o è necessaria la prefigurazione delle singole modalità di realizzazione dell’attività? L’orientamento prevalente ritiene sufficiente la programmazione dei tipi di reato da commettere; pertanto, l’unicità del disegno criminoso non viene meno quando le modalità d’esecuzione cambiano a causa dell’evolversi degli eventi (ad esempio, era stato programmato il furto dell’autovettura x ma viene rubata l’autovettura y, poiché il primo veicolo aveva i pneumatici forati).

    Al contrario, va esclusa l’identità del disegno criminoso per quei reati ideati solo nel corso della realizzazione del progetto (ad esempio, Tizio, avendo progettato una serie di furti in appartamenti disabitati, trova inaspettatamente in uno di essi la presenza e la resistenza del proprietario che egli vince usando la violenza per prelevare le cose di suo interesse. Tizio verrà incriminato per il reato di rapina ex art. 628 c.p., non in continuazione con gli altri furti).

    I reati possono essere legati dal vincolo della continuazione anche se commessi in tempi diversi, come afferma l’art. 81 c.p. Ciò lascia pensare che un soggetto può programmare di commettere reati che poi realizzerà in un ampio arco temporale (Frosali, Morselli). Anche la giurisprudenza appare orientata a negare valore al fattore cronologico, in quanto, anche se è presente un intervallo di tempo considerevole tra due o più reati, questo, da solo, non è sufficiente a escludere la continuazione criminosa (Cass. 14-3-1984; 29-9-1982), poiché non può essere scartata la possibilità che un soggetto si proponga di commettere due...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT