Il potere d'astreinte endoprocessuale

AutoreIvan Borasi
Pagine211-214
211
dott
Arch. nuova proc. pen. 3/2015
DOTTRINA
iL potere d’astreinte
endoprocessuaLe
di Ivan Borasi
Quaestio poco esplorata in dottrina, riguarda lo stu-
dio dell’essenza, e dei limiti, del potere endoprocessuale
generale (1) appannaggio del giudice (2) penale (3), in
chiave di effettività (4), eff‌icienza (5), e precauzione (6),
quale sostanziale chiusura del sistema giustizia, come
ormai integrato (7).
Tale argomento, non solamente tange la f‌igura stricto
sensudel giudice, ed i suoi poteri in senso classico e tra-
latizio (8), ma anche il principio generale di legalità lato
sensu (9), in connessione al garantismo sostanziale (10),
da vedersi, all’attualità, quale carattere indefettibile del
giusto processo costituzionale (11), e dell’equo processo
convenzionale (12).
Tutto deve partire dalla rivisitazione complessa dei
poteri di disciplina e direzione del processo, posti in capo
al giudice monocratico e al presidente del collegio (13). Si
può dire che, da un certo punto di vista, i primi riguardano
la gestione delle persone e delle cose incidenti la macchi-
na processuale, mentre i secondi interessano il rapporto
con gli attori collaboranti nel processo (14).
Entrambi questi prof‌ili suddetti, in particolare, assumo-
no complessione quando si analizza la natura, come ammi-
nistrativa o giurisdizionale, di tutte le loro espressioni; da
tale sussunzione, derivano poi conseguenze di principio, e
regole, che colorano le argomentazioni d’analisi, in chiave
specif‌ica, o generale. Nel processo penale, infatti, si rea-
lizzano rapporti (15) tra poteri, o potestà, pubblicistiche,
ed interessi, anche privatistici lato sensu, in contatto (16),
secondo una logica procedimentale (para)amministrativa,
all’interno di un processo giurisdizionale (17), governato
dal rapporto “speciale” giudice/soggetti. La logica di risulta-
to tendenziale, può avere una valenza effettiva, solamente
se correlata indefettibilmente ad un prof‌ilo di eff‌icienza,
oltre che di effettività/eff‌icacia, il tutto in connessione ad
una sostenibilità sotto il prof‌ilo dell’economia processuale
generale (18). La commistione tra la funzione, ammini-
strativa (19), di direzione e disciplina del procedimento,
che potremmo def‌inire processuale, ed il positivismo legale,
in chiave di certezza del diritto, rectius certezza dei diritti
(fondamentali), rappresenta una sf‌ida di ricerca importante
in chiave evolutiva integrata del rito, nozione quest’ultima
ormai da leggersi in funzione dinamico-concreta (20).
Il ruolo della teorica dei poteri impliciti (21), di ampio
respiro laddove sf‌iora elementi di concezioni sistematiche
diverse, ma complementari, teleologicamente orientato
ad una sorta di “autodichia lato sensu regolamentatoria”,
diventa, da un lato, punto di partenza, e dall’altro, punto
d’arrivo, di un discorso d’effettività, a tutto tondo, delle
regole processuali. L’atipicità come regola di chiusura ge-
nerale, del resto, può essere letta sì come in senso striden-
te alla legalità processuale formale (22), ma pure come
esaltante l’effettività di un risultato tendenziale.
Il potere endoprocessuale del giudice, quindi, deve
primariamente essere visto come d’ausilio strumentale ad
un f‌ine, letto sui piani sostanziale e processuale di regime;
in altre parole, si potrebbe pensare ad un coacervo di stru-
menti non solo atipici, ma neppure tipizzabili, necessari
hic et nunc in concreto, ma non indispensabili in astratto,
a valenza preventiva e qualif‌icatoria, ma non sanzionato-
ria in senso proprio, o decisoria stricto sensu, il tutto sullo
sfondo di un’ottica differente rispetto al passato, dove la
distinzione fondamentale di sede era sostanzialmente li-
mitata tra direzione del dibattimento singolo, e disciplina
o polizia dell’udienza di giornata (23).
Il vaglio delle “situazioni” de quibus, proprio per le
peculiarità appena evidenziate, diverse dalle quaestiones
in senso classico, deve essere effettuato senza formalità
e contraddittorio, non abbisognando di espressa moti-
vazione a supporto, con provvedimento f‌inale di natura
meramente amministrativa, rispetto alla classica qualif‌ica
giurisdizionaledei provvedimenti “di contorno”; le partico-
larità evidenziate, derivano dall’ancillarità dell’oggetto di
vaglio rispetto allo scopo f‌inale del processo, carattere che
rende conseguente la non impugnabilità (24), per carenza
di interesse (25), delle determinazioni così prese ex off‌i-
cio (26), in quanto non espressione di poteri processuali
ordinatori o decisori in senso classico (27).
Tali considerazioni, devono portare ad introdurre il
tema comparato dell’astreinte, mezzo più o meno generale
di coercizione delle parti e dei terzi rispetto ai provvedi-
menti del giudice (28), tralatiziamente considerato dal
punto di vista sanzionatorio, ma non solo; in realtà, infatti,
la valenza maggiormente interessante del rationalein ana-
lisi, è portata dalla possibile incidenza endoprocessuale
della f‌igura de qua, soprattutto in funzione di innesto
generale nella “politica processuale”.
La sf‌ida è proprio portata dalla capacità di captare la
specialità dei caratteri dell’istituto di origine francese
(29), per prospettarne l’applicazione interna, attraverso
un’operazione non di traslazione, quanto di epifania nor-
mativa dello status quo, seppure in un’ottica innovativa,
od evolutiva che dir si voglia.
Il punto fondamentale dell’inosservanza “signif‌icativa”
ad oggetto del potere d’astreinte, in funzione di previsione,
e pressione, o coazione, prima che di sanzione vera e propria
(30), rappresenta il climax evolutivo, e quindi la chiave di
volta della “situazione”; tale “strumento”, permette sostan-
zialmente una sorta di anticipazione dell’esecuzione (31).
La logica risarcitoria, propria del concetto di domma-
ges intérêts (32), in ambito endoprocessuale, deve per-
dere il passo a favore di una forma di contrainte, anche
indiretta, più elaborata, con un ruolo forte da assicurare
per la menace (33).

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