Il perimento dell'edificio

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 01/09 597
Rassegna
di giurisprudenza
Il perimento dell’edicio
SOMMARIO
a. Demolizione. b. Omissione di lavori in edif‌ici o costruzioni
che minacciano rovina. c. Parziale. d. Ratio dell’art. 1128
c.c. e. Ricostruzione. f. Rovina di edif‌icio. g. Terremoto. h.
Totale.
a. Demolizione
Agli effetti dell’art. 1128 cod. civ. per perimento dell’edif‌icio
condominiale deve intendersi il materiale venir meno del bene,
determinato da fatti o avvenimenti accidentali, cui sia rimasta
estranea la volontà dei condomini: ne consegue che la disciplina
contenuta nella norma suddetta non può trovare applicazione,
di regola, nell’ipotesi di demolizione dell’edif‌icio a scopo di rico-
struzione, salvo il caso che le demolizioni si siano rese neces-
sarie per evitare crolli conseguenti alla vetustà dell’edif‌icio, che
avrebbero potuto cagionare danni a persone o a cose. In tale
ipotesi, infatti, il perimento dell’edif‌icio si verif‌ica a seguito di
rovina per vetustà di entità tale da rendere necessaria la demo-
lizione delle parti pericolanti e deve trovare disciplina nel citato
art. 1128. * Cass. civ., sez. II, 28 giugno 1980, n. 4102, Capodanno
c. Edilizia Morghen S.p.A. e Germano ed altri.
L’azione diretta non al semplice accertamento dell’esistenza
o inesistenza dell’altrui diritto, ma al mutamento di uno stato
di fatto mediante la demolizione di manufatti o costruzioni, dà
luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i proprietari
dei beni interessati; in tale ipotesi, la mancata integrazione del
contraddittorio è rilevabile anche d’uff‌icio in ogni stato e grado e
anche in sede di legittimità, ove la relativa eccezione può essere
proposta per la prima volta se sulla questione non siasi formato il
giudicato e se il presupposto e gli elementi di fatto a fondamento
dell’eccezione emergono con evidenza dagli atti senza necessità
di nuove prove e dello svolgimento di ulteriori attività vietate nel
giudizio di cassazione. (Nel caso di specie, l’attore, nella sua qua-
lità di comproprietà di un immobile, aveva chiesto l’eliminazione
dell’apertura creata dai condomini nel muro portante comune
al condominio e al fabbricato limitrofo ed il giudice di merito
aveva accolto la domanda sul presupposto che l’apertura fosse
suscettibile di tradursi in un diritto reale di servitù di passo; la
S.C., in applicazione degli esposti principi, rilevata la mancata
partecipazione al giudizio del proprietario dell’edif‌icio conf‌inan-
te, ha rimesso gli atti al primo giudice per la regolarizzazione del
contraddittorio). * Cass. civ., sez. II, 17 novembre 1999, n. 12767,
Carapacchio ed altra c. Mazzoli, in questa Rivista 2000, 250.
Le azioni volte ad ottenere la demolizione, sia pure parzia-
le, di un qualsiasi manufatto appartenente in comproprietà a
più persone, vanno proposte e coltivate nei confronti di tutti
i comunisti, in quanto le pronunce rese sulle stesse, essendo
destinate ad incidere su situazioni necessariamente comuni,
non potrebbero produrre effetti concreti nella pretermissione
di taluna delle parti interessate, alla quale le pronunce stesse
non sarebbero opponibili. * Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1996, n.
4094, Sesto c. Sorrentino.
Il giudice che richiesto di ordinare la demolizione di un’opera
eseguita da un condomino su una terrazza di copertura con-
dominiale perché altera il decoro architettonico dell’edif‌icio,
e perciò costituisce innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120,
comma secondo c.c., accoglie la domanda ai sensi dell’art. 1127,
comma terzo, c.c. perché ravvisa il pregiudizio estetico dell’edi-
f‌icio, e perciò l’illegittimità della sopraelevazione, ma accerta,
incidenter tantum, conformemente alle difese del convenuto,
la proprietà esclusiva della terrazza, non va ultra petita perché
questo è un presupposto della causa petendi — alterazione del
decoro architettonico — rimasta identica, come il petitum attri-
buito — la demolizione — pur se con argomenti diversi da quelli
prospettati. * Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10334, Meroni
ed altra c. Bianco P. ed altri, in questa Rivista 1999, 86.
b. Omissione di lavori in edici o
costruzioni che minacciano rovina
La responsabilità del singolo condomino per la contravven-
zione all’art. 677 cod. pen. può essere affermata solo quando il
pericolo di rovina abbia avuto origine nell’ambito della parte di
edif‌icio della quale il condomino stesso è proprietario esclusivo,
perché al compimento dei lavori delle parti comuni debbono
provvedere, secondo i casi, l’amministratore o l’assemblea dei
condomini, mentre ciascun condomino, per la disposizione del-
l’art. 1134 cod. civ., ha la facoltà e non l’obbligo di anticipare le
somme necessarie per i lavori urgenti. * Cass. pen., sez. VI, 24
luglio 1980, n. 9206 (ud. 22 aprile 1980), Lavagna.
L’obbligo di cui all’art. 677 c.p., in caso di mancanza di un
amministratore, grava sul proprietario (o sui proprietari) del-
l’edif‌icio condominiale (anche in virtù di quanto dispone l’art.
2053 c.c.), obbligo che è del tutto indipendente dalla causa che
ha determinato il pericolo, essendo irrilevante sia l’origine del
pericolo che la sua attribuibilità all’obbligato o la sua derivazio-
ne da caso fortuito o da forza maggiore. * Cass. pen., sez. I, 20
novembre 1996, n. 9866 (ud. 3 ottobre 1996), Brizzi e altro, in
questa Rivista 1996, 871.
Negli edif‌ici in condominio, per i quali ai sensi dell’art. 1138
cod. civ., la nomina dell’amministratore è obbligatoria risponde
penalmente ai sensi dell’art. 677 cod. pen., l’amministratore il
quale non rimuova il pericolo derivante da minacciante perico-
lo di rovina delle parti comuni salvo che l’omissione non sia a
lui imputabile per cause accidentali. * Cass. pen., 30 dicembre
1973, n. 2869
Ai f‌ini dell’applicazione dell’art. 677 cod. pen., per rovina
deve intendersi non solo il crollo improvviso o il disfacimento,
verif‌icatosi in periodo piuttosto breve, dell’edif‌icio o della co-
struzione nella loro totalità o nella maggior parte, ma anche il
distacco di una parte non trascurabile di questi. Ne consegue
che l’ipotesi criminosa ivi prevista sussiste non solo nel caso in
cui tutto l’edif‌icio sia pericolante, ma anche quando si trovi in
pericolo una sua parte rilevante come l’intonaco, il cornicione,
un balcone, una f‌inestra, un muro, che comportino rischio per
l’incolumità delle persone. * Cass. pen., sez. I, 16 maggio 1985,
n. 4779 (ud. 11 febbraio 1985), Fioriti.

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