Il 'nuovo' art. 570 bis C.P.: tra criticità applicative e finalità preventive

AutoreAntonio Di Tullio D'Elisiis - Domenico Giannelli
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Rivista penale 6/2018
DOTTRINA
6/2018 Rivista penale
DOTTRINA
IL “NUOVO” ART. 570 BIS C.P.:
TRA CRITICITÀ APPLICATIVE E
FINALITÀ PREVENTIVE
di Antonio Di Tullio D’Elisiis, Domenico Gian-
nelli
Come è noto, per effetto dell’art. 2, c. 1, lett. g), D.L.vo,
1 marzo 2018, n. 21, è stata inserita nel nostro ordinamen-
to giuridico una nuova norma incriminatrice, vale a dire
l’art. 570 bis c.p., denominata “Violazione degli obblighi
di assistenza familiare in caso di separazione o di sciogli-
mento del matrimonio” e che prevede quanto segue: “Le
pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che
si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di
assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli
effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli ob-
blighi di natura economica in materia di separazione dei
coniugi e di aff‌idamento condiviso dei f‌igli”.
Posto ciò, come si evince dalla relazione illustrativa del
Governo in ordine a quanto statuito dal decreto legislativo
che l’ha introdotta, si è osservato che detta norma, “con
funzione di salvaguardia degli soggetti più deboli” (1), as-
sorbe “le previsioni di cui all’articolo 12-sexies della legge
1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimen-
to del matrimonio), a mente del quale: «Al coniuge che si
sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a
norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano
le pene previste dall’articolo 570 del codice penale», e di
cui all’articolo 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Dispo-
sizioni in materia di separazione dei coniugi e aff‌idamento
condiviso dei f‌igli), che a sua volta recita: «In caso di vio-
lazione degli obblighi di natura economica si applica l’arti-
colo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898»” (2).
Orbene, un primo problema da affrontare è quello di
comprendere se detto assorbimento sia stato totale o solo
parziale.
In altri termini, si deve capire se la nuova norma incri-
minatrice comprenda tutti i casi già preveduti da queste
norme giuridiche oppure no.
Al riguardo molti legali, all’indomani dell’entrata in vi-
gore di questa legge, hanno manifestato perplessità sulla
reale portata applicativa di questa disposizione legislativa.
In primo luogo è stato osservato che, dal momento che
l’articolo 3 della legge n. 54 del 2006 è stato abrogato, non
può più rilevare il successivo art. 4 della legge n. 54/2006
ai sensi del quale: “Le disposizioni della presente legge
si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione
degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai
procedimenti relativi ai f‌igli di genitori non coniugati” (3).
E infatti, non essendo stata riproposta questa norma
di legge in riferimento a quanto previsto dall’art. 570 bis
c.p., sembra che ad oggi siano annoverabili, tra i soggetti
passivi del reato, solo i f‌igli dei genitori coniugati atteso
che detto articolo di legge fa espresso riferimento al solo
coniuge mentre, per quanto attiene alla persona non co-
niugata, la predetta norma non ne fa riferimento alcuno.
Del resto, pur prendendosi atto di come, prima dell’en-
trata in vigore di questa legge, vi fossero due distinti e con-
trapposti orientamenti nomof‌ilattici con cui, da un lato,
si osservava che l’art. 4, comma secondo, legge n. 54 del
2006, in base al quale le disposizioni introdotte si appli-
cano anche ai procedimenti relativi ai f‌igli di genitori non
coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte
le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle
che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una
diversa soluzione avrebbe determinato una diversità di
trattamento, accordando una più ampia e severa tutela
penale ai soli f‌igli di genitori coniugati rispetto a quelli
nati fuori dal matrimonio (così: Cass. pen., sez. VI, 6 aprile
2017, n. 25267 (4)), dall’altro, si postulava diversamente
che, mentre in caso di separazione dei genitori coniugati,
ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o
di nullità del matrimonio si applicano tutte le disposizioni
previste dalla L. n. 54 del 2006, per quanto riguarda i f‌igli
di genitori non coniugati il riferimento ai "procedimenti
relativi" agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere
l’ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concer-
nono i procedimenti indicati dalla L. n. 54 del 2006, e che
sono quelli civili di cui all’art. 2, e non anche alle previsio-
ni normative che attengono al diritto penale sostanziale
(così: Cass. pen., sez. VI, 7 dicembre 2016, n. 2666 (5)),
invece, l’introduzione dell’art. 570 bis c.p. avrebbe fatto
venir meno la rilevanza di questo contrasto ermeneutico,
e ciò proprio per la ragione già esposta prima, ossia che
la fattispecie di cui all´art. 570 bis c.p. individua solo il
coniuge quale autore del reato (6) e non altri.
La norma così strutturata, pertanto, sembra presenta-
re dei prof‌ili di criticità costituzionale atteso che, per un
verso, si riduce il margine di tutela previsto da una prece-
dente norma incriminatrice non più in vigore e in assenza
di una ragionevole giustif‌icazione che possa giustif‌icare
una scelta legislativa di questo tipo, per altro verso, l’art.
315 c.c. stabilisce che tutti “i f‌igli hanno lo stesso stato
giuridico”, e quindi non vi dovrebbero essere eccezioni di
trattamento a seconda se un f‌iglio sia legittimo o naturale.
Riteniamo, pertanto, come il precetto normativo in
commento non sia esente da censure critiche comportan-
do la medesima l’irragionevole previsione del reato de quo
solamente per i coniugi e non anche per conviventi more
uxorio o soggetti non coniugati che soprattutto nei recenti
interventi legislativi in materia di unioni civili, ricevono
dall’ordinamento pari tutela rispetto ai soggetti uniti dal
vincolo del coniugio.
Del resto, la stessa Cassazione, in una pronuncia re-
cente, evidenziava che una diversa considerazione tra f‌igli
legittimi e f‌igli naturali, proprio in relazione a quanto era
previsto dall’art. 3 della L. n. 54 del 2006, comporterebbe
“una differenziazione priva di una reale motivazione sot-
tostante, in contrasto con la tendenza perequativa che ha
connotato tutti i più recenti sviluppi legislativi nell’ambito
civile e perciò distonica rispetto a principi ormai sedimen-
tati nel comune sentire, di assai dubbia conformità sul
piano della legittimità costituzionale” (7).
Tale pronuncia, pertanto, conferma i sospetti di illegit-
timità costituzionale di questa norma giuridica.
Lo stesso problema, tra l’altro, potrebbe involgere il
caso delle unioni civili per le coppie omosessuali e i patti
di convivenza per le coppie eterosessuali che non scelgano
il matrimonio, ma sanciscano la loro unione di fronte a un
avvocato o un notaio e all’uff‌iciale di stato civile, atteso
che il legislatore, nel caso di specie, non ha previsto nulla
al riguardo (8).
Al riguardo giova però osservare che l’art. 1, c. 20, legge
20 maggio 2016, n. 76 prevede che, al “solo f‌ine di assicura-
re l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimen-
to degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone
dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al ma-
trimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge»,
«coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle
leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti non-
chè negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si
applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile
tra persone dello stesso sesso”.
Di conseguenza, posto che la norma appena citata dà la
possibilità di dare un signif‌icato giuridico alla parola “co-
niuge” più ampio del suo signif‌icato letterale, perlomeno
quando si tratti di unione civile tra persone dello stesso
sesso, non si potrebbe ritenere applicato analogicamente
l’art. 570 bis c.p. trattandosi non di una interpretazione
analogica, quanto piuttosto di una interpretazione esten-
siva legittimata da un’apposita previsione normativa.
Il problema sembrerebbe invece permanere per i con-
viventi more uxorio atteso che i “conviventi di fatto han-
no gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti
dall’ordinamento penitenziario” (art. 1, c. 38, legge 20
maggio 2016, n. 76) e costoro non hanno dunque gli stessi
diritti in ipotesi afferenti il diritto penale.
Detto questo, un’altra problematica, che sembra con-
notare la disposizione legislativa in commento, riguarda il
fatto che in essa si fa esclusivo riferimento all’aff‌idamento
condiviso dei f‌igli mentre nulla si dice in ordine all’aff‌ida-
mento esclusivo.
Tal ché, stante i principi di tassatività e divieto di ana-
logia che, come risaputo, governano il nostro ordinamento
penalistico, ne consegue che “nei casi in cui non vi sia l’af-
f‌idamento condiviso non si applica l’art. 570 bis c.p.”(9).
A questo punto della disamina, una domanda sorge
spontanea: prima di questa riforma era lo stesso?
La risposta sembra essere negativa.
Infatti, dato che l’art. 12-sexies, c. 1, legge 1 dicem-
bre 1970, n. 898 prevedeva che al “coniuge che si sottrae
all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a nor-
ma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano
le pene previste dall’art. 570 del codice penale”, e tenuto
conto che l’art. 6, c. 2, legge n. 898/1970 dispone che il
“Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai f‌igli,
le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro
primo, del codice civile”, potevano allora rilevare, ai f‌ini
della eventuale emersione di fatti penalmente conf‌igura-
bili a norma dell’art. 12-sexies L. 898/1970, per un verso,
l’art. 337-ter, c. 4, c.c. (“Salvo accordi diversi liberamente
sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al
mantenimento dei f‌igli in misura proporzionale al proprio
reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la correspon-
sione di un assegno periodico al f‌ine di realizzare il princi-
pio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del f‌iglio.
2) il tenore di vita goduto dal f‌iglio in costanza di con-
vivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di
cura assunti da ciascun genitore”), per altro verso, l’art.
337-quater, c. 1, c.c. (“Il giudice può disporre l’aff‌idamento
dei f‌igli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con prov-
vedimento motivato che l’aff‌idamento all’altro sia contra-
rio all’interesse del minore”).
Ebbene, se alla luce del combinato disposto ex articoli
12-sexies L. 898/1970, 6, c. 2, L. n. 898/1970, 337-ter. c. 4,
c.c. e 337-quater, c. 1, c.p., era responsabile penalmente
anche il genitore che non versava quanto dovuto all’al-
tro genitore aff‌idatario del f‌iglio in via esclusiva mentre
oggi invece ciò non sembra essere conf‌igurabile proprio
perché, come dedotto prima, non assume più penale ri-
levanza, ai f‌ini della conf‌igurabilità dell’illecito penale in
commento, l’aff‌idamento esclusivo.
Ebbene, pure tale vulnus normativo pone dubbi sulla
ragionevolezza di questa normativa atteso che non è dato
sapere perché l’art. 570 bis c.p. rilevi solo per l’aff‌idamento
condiviso, e non anche per quello esclusivo.
Un altro elemento di criticità è stato ravvisato da colo-
ro i quali hanno fatto presente che, alla "luce dell’estrema
genericità della norma, si espone ad una denuncia anche
il coniuge che, nonostante abbia puntualmente versato
l’assegno mensile, non abbia rimborsato le spese straor-
dinarie per i f‌igli (ad es. una visita medica o lo sport po-
meridiano), spese che spesso superano quelle ordinarie,
e soprattutto che non sono predeterminate o prevedibili
su base periodica, e che potrebbero quindi risultare non
sostenibili in base al reddito della parte valutato dal Tri-
bunale nello stabilire il mantenimento; eppure il legisla-
tore non fa alcuna menzione ad un limite o a termini per
l’adempimento degli altri “obblighi di natura economica in
materia di separazione dei coniugi e di aff‌idamento condi-
viso dei f‌igli"(10).

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