Il mobbing

AutoreUmberto Carabelli - Maria Teresa Carinci
Pagine201-206

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@12.1. Il termine e il concetto

Il termine mobbing «deriva dal verbo della lingua inglese to mob che significa assalire, aggredire (…) e descrive il comportamento di un gruppo di animali che si accaniscono contro uno di essi per espellerlo dal branco. Il primo ad usare tale termine fu (…) Konrad Lorenz e successivamente tale concetto fu ripreso dalla psicologia del lavoro quando si è trovata nella necessità di esprimere quel medesimo fenomeno di aggressione nell’ambiente di lavoro»1.

Ricerche sociologiche e di medicina del lavoro, nonché un numero ormai consistente di sentenze, denotano la diffusione del fenomeno in ambito lavorativo tanto nel settore privato, quanto nel settore pubblico. Nonostante queste evidenze empiriche, però, l’ordinamento italiano è ancora privo di una disciplina esaustiva specificamente dedicata al mobbing2. La giurisprudenza, comunque, ha supplito a tale carenza provvedendo sia alla definizione del concetto di mobbing giuridicamente rilevante, sia alla individuazione degli strumenti di tutela nell’ambito del sistema delle norme vigenti.

In primo luogo, la giurisprudenza (costituzionale, di legittimità e di merito) ha coniato la nozione giuridica di mobbing: secondo l’orientamento ormai consolidato il mobbing è un «atteggiamento ostile, di persecuzione psicologica e violenza morale, posto in essere in forma sistematica e duratura attraverso pratiche vessatorie di diverso tipo da parte di uno o più soggetti nei confronti di una vittima»3. secondo i giudici, quindi, sono suscettibili di integrare il mobbing numerose differenti condotte – per lo più commissive ma, in alcuni casi, anche omissive – che possono estrinsecarsi sia in atti giuridici veri e propri sia in semplici comportamenti materiali aventi in ogni caso la duplice peculiarità di poter essere, se esaminati singolarmente, anche leciti, legittimi o irrilevanti dal punto di vista giuridico, e tuttavia di acquisire comunque rilievo quali elementi della complessiva condotta caratterizzata nel suo insieme dall’effetto e tal- volta, secondo alcuni, dallo scopo di vessazione, persecuzione ed emarginazione4.

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Al riguardo, è emersa dalla disamina dei singoli casi una multiforme fenomenologia di condotte quali la marginalizzazione dall’attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi, l’inattività forzata, la mancata assegnazione degli strumenti di lavoro, i ripetuti trasferimenti ingiustificati, il ripetuto esercizio ingiustificato del potere disciplinare, la prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto, la prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi, l’impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie, l’esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative e di aggiornamento professionale, l’esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo, i maltrattamenti verbali e le offese personali, la delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a colleghi ed a soggetti estranei all’impresa, ente od amministrazione. secondo i prevalenti orientamenti giurisprudenziali, tali condotte configurano il mobbing qualora, travalicando la normale conflittualità sul lavoro che naturalmente comporta episodi di contrasto, siano di apprezzabile intensità, sistematiche o quantomeno reiterate una serie di volte e protratte per un lasso di tempo sufficientemente ampio (per lo più le sentenze indicano il periodo di sei mesi). In alcuni casi, si ritiene necessaria anche l’intenzionalità intesa quale volontà lesiva nei confronti del soggetto mobbizzato, a prescindere da uno specifico fine perseguito5.

La giurisprudenza ha altresì chiarito che di mobbing si può parlare sia nel caso in cui le condotte vessatorie siano poste in essere direttamente dal datore di lavoro o, in suo nome e per suo conto, da dirigenti e preposti (mobbing verticale discendente o bossing) oppure siano poste in essere da colleghi del lavoratore (mobbing orizzontale o mobbing verticale ascendente)6.

@12.2. L’inquadramento giuridico e i profili di responsabilit&agrave

L’inquadramento giuridico delle condotte di mobbing e l’individuazione dei relativi titoli di responsabilità impone di distinguere tali profili con riferimento a tre rapporti: 1. il rapporto tra amministrazione datrice di lavoro e dipendente vittima di mob- bing; 2. il rapporto tra chi pone in essere l’azione di mobbing (c.d. mobber) e il dipendente vittima di mobbing; 3. il rapporto tra il mobber e l’amministrazione datrice di lavoro.

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@@12.2.1. L’inquadramento giuridico e i profili di responsabilità nel rapporto tra pubblica amministrazione datrice di lavoro e vittima del mobbing

Nell’ambito del rapporto di lavoro tra la p.a. e il dipendente vittima di mobbing, la giurisprudenza ampiamente maggioritaria ha condivisibilmente ricondotto le concrete fattispecie di mobbing ad una violazione della previsione dell’art. 2087 cod. civ. che, imponendo l’adozione da parte del datore di lavoro delle «misure … necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»7, è fonte di responsabilità contrattuale del datore di lavoro, per non aver prevenuto o vigilato, o addirittura per aver posto in essere, comportamenti lesivi dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore. Tale norma obbliga, infatti, il datore di lavoro sia a predisporre le misure per prevenire i fattori di rischio, sia a maggior ragione ad astenersi dal porre in essere direttamente comportamenti lesivi dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore.

Va notato che la p.a./datrice di lavoro non può, evidentemente, porre in essere direttamente delle condotte vessatorie. Tuttavia, anche nel lavoro pubblico può ricorrere la fattispecie di bossing, allorquando il comportamento dolosamente mobbizzante sia posto in essere dal dirigente o dal preposto. Ciò comporta il sorgere di una responsabilità contrattuale dell’amministrazione8, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2087 e 1228, cod. civ.9. Anche nel caso di mobbing orizzontale, la p.a. è gravata della responsabilità contrattuale se non dimostra di aver adottato idonee misure preventive e di aver adeguatamente vigilato sull’ambiente di lavoro e se, una volta venuta a conoscenza dei comportamenti vessatori, non ha posto in essere quanto necessario per impedire il reiterarsi del comportamento illecito10.

Non...

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