Il giurista nella società dell'informazione

AutoreVittorio Frosini
Pagine15-27

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Sono profondamente grato agli illustri colleghi ed amici, il preside Enzo Zappala ed il Direttore del corso Nicola Palazzolo, per avermi chiamato ad inaugurare il corso di perfezionamento in informatica giuridica, che con mia viva soddisfazione è stalo istituito a Catania. Giacché questa nuova disciplina accademica, che viene ormai insegnata in tutte le maggiori università, è nata proprio qui a Catania, come vorrei ricordare.

Come studioso di filosofia del diritto, chiamato alla cattedra catenese nel 1965, avevo avuto notizia dei lavori da pioniere di Lee Loevinger: il suo articolo, apparso nel 1949, The next step forward, aveva indicato una strada da percorrere, che era tuttavia ancora non esplorata in Italia; dove però erano stati acquatati dall'università di Pisa i primi computers. In quello stesso anno, un antico studente della Semola Normale superiore di Pisa, che era stato mm compagno di studi negli stessi anni ma in facoltà diverse (lui studiava fisica, io filosofia), il prof. Mammuccari divenuto professore nella facoltà di matematica catanese, vi fece acquistare un computer.

Era un enorme armadio, che conteneva un meccanismo elettronico, al quale potevano accostarsi pochi esperti. Io ne venni a conoscenza, e fui ammesso alla sua presenza, e osservai come esso funzionava: esattamente come il cervello di mn matematico, a cui venivano sottoposti dei problemi e che forniva le soluzioni Questo fatto alimentò il mio interesse intellettuale: mi convinsi che le applicazioni del computer avrebbero potuto, con metodologia appropriata, estendersi al diritta Nacque cosí l'idea di dedicare la mia prolusione catanese, che tenni il 12 dicembre 1965, al tema dei rapporti fra «Umanesimo e tecnologia nella giurisprudenza» e che fu il germe del mio libro su «Cibernetica, diritto e società» apparso nelPage 16 1968. Prima, che io lasciassi Catania, chiamato alla Facoltà giuridica romana, venne qui messa in statuto la materia «Ricerca automatica della giurisprudenza», che fu la progenitrice di questi studi

@1. Il giurista come rappresentante della civiltà occidentale

La figura del giurista è quella che meglio di ogni altra caratterizza la civiltà occidentale nella sua fisionomia originaria e storica. È il giurista come legislatore, come interprete e come giudice: il suo ruolo sociale è sempre quello di custode della legge civile, ed esso va perciò distinto da quello del sacerdote, custode della legge divina.

Le civiltà hanno avuto e hanno i propri rappresentanti anche in altre figure: l'artista, lo scienziato, il mercante, il guerriero; ma la civiltà occidentale inizia con le scuole dei sofisti nell'Ellade, prosegue e si espande con i creatori e i portatori della legge romana, si trasmette al di là dei mari nelle terre di nuove scoperte e conquiste, ed è sempre una civiltà del diritto, della ragion pratica di convivenza sociale, delle regole scritte che costituiscono la struttura dell'ordinata vita civile. È il giurista che crea le leggi, le commenta e le applica in giudizio, che mette la forza al servizio della legge, che nella sua coscienza riflette la coscienza più ampia della comunità in cui vive ed opera.

Il significato della funzione assunta dal giurista nel progresso della civiltà umana viene reso evidente dalla considerazione, che lo spazio e il tempo sono stati giuridificati. Oggi non c'è pasticcila di spazio sulla terra, che non sia stata riconosciuta come soggetta da una sovranità statale; e quando si compì il primo sbarco umano sulla luna, il 21 luglio 1969, e Neil Armstrong infisse sul suolo lunare la bandiera del suo paese terrestre, si accese subito la polemica sull'appartenenza giuridica del satellite. il problema venne discusso al convegno internazionale delle comunicazioni venuto a Genova nell'ottobre dello stesso anno, e prevalse la tesi che la luna, a seguito del trattato concluso nel 1967, che disciplinava le attività degli Stati nello spazio cosmico, doveva essere considerata come res communis omnimm.

@2. Il nuovo computo del tempo tecnologico

È stata citata una data, il 21 luglio 1969: ma il calendario, cui si riferisce, non è altro che un ordinamento giuridico del tempo, che può coin-Page 17cidere ma anche differire dal computo astronomico. L'imposizione del calendario nella civiltà occidentale fu dovuta a Giulio Cesare, che nel 46 a.C.

stabilì i cicli che percorre l'anno civile, e su di esso, con le modifiche apportate dal papa Gregorio XIII nel 1582, scorre ancora la nostra esistenza, Nell'alba del ventunesimo secolo si presenta però un evento innovatore: la creazione di una nuova misura del tempo, che è il tempo virtuale dell'Internet.

I collegamenti telematici sulla rete mondiale dell'Internet avvengono in tempo reale nel rapporto diretto che si instaura fra i due interlocutori on-line, come già avveniva con la comunicazione telefonica. Ma il tempo astronomico impone un divario temporale, dovuto alla rotazione del globo terrestre su se stesso e intorno al sole: l'ora in cui il messaggio si trasmette da Roma non è quella stessa in cui si riceve a New York. Questa differenza di orario può creare inconvenienti anche seri, in un collegamento di carattere commerciale fra le borse valori, o di carattere propriamente informativo, come le notizie destinate ai giornali. Il ciberspazio, che è lo spazio virtuale in cui passano i segnali informatici, ha bisogno perciò di un suo cibertempo, adeguato alle sue esigenze.

La soluzione di questo problema, il superamento della differenza fra i fusi orari, è stata elaborata da uno studioso americano di origine italiana, il prof. Nicholas Negroponte del Massachussets institele of Technology, con una sua recente proposta; secondo la quale, il tempo non viene più misurato in minuti secondi, ma viene suddiviso in bits. La durata di un giorno, ventiquattr'ore, viene frammentata in mille bits: ogni bit equivale dunque a 96,4 secondi, ossia ad una frazione di millesimo. Una casa svizzera produttrice di orologi, la nota Swatch, si è offerta di creare un tipo di orologio omologato sull'Internet Time e riferito da un nuovo meridiano del tempo virtuale, destinato a sostituire quello di Greenwich. In tal modo, alla domanda, rivolta da un interlocutore all'altro, «che ora è?» la risposta sarà l'indicazione di un tempo in bits che corrisponde a quello usato dal richiedente: il tempo virtuale.

Tuttavia, un tale sistema di misurazione cronologica non può validamente sostituire quello attuale finché esso non venga convalidato giuridicamente: questo fatto dimostra come sia necessaria una mediazione giuridica fra il tempo usuale e il tempo virtuale; e dimostra altresì come il diritto debba tenere il passo con il progresso dell'informazione automatizzata, che ha imposto un nuovo ritmo di marcia al progresso sociale.

Questa esigenza si è presentata all'inizio della seconda metà del ventesimo secolo, lo ha accompagnato lungo tutto il suo percorso, segnando le tappe di un'evoluzione del pensiero e della pratica del diritto, finoPage 18 agli attuali...

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