Il furto per provvedere ad un grave ed urgente bisogno

AutoreGiuliano Di Donna
Pagine45-48
600 601
giur giur
Rivista penale 6/2018
LEGITTIMITÀ
6/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
inconciliabilità tra il fatto materiale compiuto e il giudizio
di maggiore attitudine a delinquere erroneamente for-
mulato dalla Corte d’appello. Con il terzo motivo, inf‌ine,
deduce il ricorrente violazione di legge e vizio di motiva-
zione in relazione agli artt. 99, 62 bis, 69 e 133 c.p., per
avere la Corte d’appello ancorato il computo sanzionatorio
tenendo conto soltanto del numero dei precedenti penali
dell’imputato, già comunque valutati con l’applicazione
della recidiva. Insiste, dunque, per l’annullamento della
pronuncia impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è infondato.
2. Secondo il consolidato orientamento di legittimità,
il furto lieve per bisogno è conf‌igurabile nei casi in cui
la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente
destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno; ne
consegue che, per far degradare l’imputazione da furto
comune a furto lieve, non è suff‌iciente la sussistenza di un
generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occor-
rendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile
bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraen-
do la cosa (sez. V, n. 32937 del 19 maggio 2014, Rv. 261658,
sez. II, n. 42375 del 5 ottobre 2012, Rv. 254348).
3. Fermo il suddetto principio, va altresì precisato che
nell’ordinamento processuale penale non è previsto un
onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui prin-
cipi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospet-
tabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato
è tenuto a fornire all’uff‌icio le indicazioni e gli elementi
necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che
siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo
favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giusti-
f‌icazione (sez. II, n. 20171 del 7 febbraio 2013 Rv. 255916).
4. Ai f‌ini della sussistenza dell’ipotesi attenuata del
furto commesso in stato di bisogno l’imputato avrebbe
dovuto dedurre che la sottrazione era diretta al soddisfa-
cimento di un bisogno primario, non solo sotto il prof‌ilo
dell’elemento psicologico del reato, ma anche da un punto
di vista oggettivo, essendo necessario che la cosa sottratta
sia effettivamente destinata a soddisfare tale bisogno. La
giurisprudenza di questa Corte, sopra ricordata, ha infatti
ritenuto di dovere escludere la possibilità di fare degrada-
re l’imputazione da furto comune a furto lieve in presenza
di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole,
ritenendosi invece necessaria una situazione di grave ed
indilazionabile bisogno, alla quale non possa provvedersi
se non sottraendo la cosa.
5. Nel caso in esame l’unico elemento dedotto dal ricor-
rente per sostenere la conf‌igurabilità del grave e urgente
bisogno è il proprio stato di diff‌icoltà economica, desunto
dalla ammissione al gratuito patrocinio, laddove non è sta-
to neppure rappresentato che la sottrazione dei generi ali-
mentari fosse riconducibile a una seria esigenza non più
procrastinabile. Difettano dunque i tratti costituitivi della
fattispecie, consistenti appunto nella gravità del bisogno
e nella sua indifferibilità. Nè detta conclusione può trarsi
- come rappresenta il ricorrente nella sua doglianza - da
elementi presuntivi quali la natura del bene appreso, di
per sè insuff‌iciente a connotare i requisiti della fattispecie
invocata.
6. Il secondo e terzo motivo, che per connessione lo-
gica possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
Quanto alla recidiva, la pronuncia di primo grado, confer-
mata in appello, dà atto che l’imputato è gravato da molti
precedenti specif‌ici, tra cui una rapina in concorso. Se-
condo la giurisprudenza di questa Corte, non vi è obbligo
di specif‌ica motivazione, in assenza di specif‌iche deduzio-
ni difensive, per la decisione di aumento di pena per la
recidiva facoltativa nei casi di cui all’art. 99 c.p., commi 3 e
4, trattandosi di un aggravamento previsto dalla legge qua-
le effetto delle condizioni soggettive dell’imputato. (sez.
V n. 711 del 19 novembre 2009 Rv. 245733). È stato anche
chiarito che ai f‌ini del giudizio di comparazione tra le cir-
costanze attenuanti e la recidiva reiterata di cui all’art. 99
comma 4 c.p., - la quale anche a seguito delle modif‌iche
apportate dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 3 deve ri-
tenersi facoltativa - è suff‌iciente che il giudice consideri
gli elementi enunciati nell’art. 133 c.p., essendo sottratta
al sindacato di legittimità la motivazione se aderente ad
elementi tratti dalle risultanze processuali e logicamente
corretti (sez. II, n. 4969 del 12 gennaio 2012, Rv. 251809).
7. Nella specie la Corte d’appello ha rilevato che i pre-
cedenti specif‌ici - anche gravi - dell’imputato, tra cui la
rapina in concorso, denotavano una personalità tale da
giustif‌icare l’applicazione della recidiva e del giudizio di
equivalenza con le attenuanti; e che pertanto, in ragione
della tipologia di personalità del reo (criterio di cui all’art.
133 c.p.), la pena di mesi 5, determinata in misura maggio-
re rispetto al minimo edittale, si doveva ritenere adegua-
ta. Giova in proposito rammentare che la valutazione dei
vari elementi rilevanti ai f‌ini della dosimetria della pena
rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio
(se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui
all’art. 133 c.p., come nel caso di specie) è censurabile in
cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ra-
gionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi
(sez. II, n. 45312 del 3 novembre 2015; sez. IV n. 44815 del
23 ottobre 2015).
8. Si impone dunque il rigetto del ricorso. Segue per
legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese
processuali. (Omissis)
IL FURTO PER PROVVEDERE
AD UN GRAVE ED URGENTE
BISOGNO
di Giuliano Di Donna
SOMMARIO
1. Fatto e sviluppo processuale. 2. La fattispecie del furto. 3.
Il furto di cui all’articolo 626, comma 1, n. 2, c.p. 4. La distin-
zione tra l’agire per provvedere ad un grave ed urgente biso-
gno e l’agire in stato di necessità. 5. La Cassazione esclude
la riconducibilità del caso concreto nell’alveo del furto lieve.
1. Fatto e sviluppo processuale
La sentenza in commento ha ad oggetto il tentato furto
di generi alimentari commesso all’interno di un supermer-
cato.
Il Tribunale di Milano, rilevando l’equivalenza tra la
circostanza attenuante prevista dall’articolo 62, 1 comma,
n. 4, c.p. e la recidiva, condannava l’imputato per il reato
di tentato furto ex artt. 56 e 624 c.p. alla pena di mesi sei
di reclusione ed euro 150,00 di multa (1).
La Corte d’Appello di Milano, pur riconoscendo all’im-
putato le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis,
c.p. confermava la pronuncia del giudice di prime cure
mantenendo inalterata l’entità del trattamento sanzio-
natorio ed escludendo la riconducibilità della condotta
dell’appellante nell’ipotesi lieve di furto per bisogno di cui
all’art. 626, comma 1, n. 2, c.p.
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 11423
del 9 marzo 2017, confermava la pronuncia del Giudice di
secondo grado.
Prima di approfondire le motivazioni in forza delle
quali il Giudice di legittimità ha escluso la riconducibili-
tà della condotta dell’imputato nell’ambito del furto lieve
per bisogno, è opportuno soffermarsi sulla struttura di tale
reato ed effettuare un raffronto tra il concetto di bisogno
grave ed urgente e l’esimente dello stato di necessità.
2. La fattispecie del furto
Il furto è disciplinato agli articoli 624 e seguenti del
Prima di addentrarsi nell’analisi degli elementi carat-
terizzanti tale norma si deve ricordare che il furto appar-
tiene alla categoria dei delitti fondamentali. Tale catego-
ria comprende tutti quei reati che si distinguono per il
fatto di avere ormai assunto una presenza storica negli or-
dinamenti giuridici, che f‌ino all’epoca moderna si sono av-
vicendati negli Stati appartenenti al mondo occidentale.
Il furto ha subito, nel corso del tempo, uno sviluppo si-
gnif‌icativo della sua struttura, dettato dalle sempre nuove
esigenze sociali che nelle varie epoche storiche dovevano
essere fronteggiate.
Osservando ora la struttura attuale del reato in esame
questo è posto a tutela non solo del bene giuridico della
proprietà o dei diritti reali personali o di godimento, ma
anche del possesso da intendersi quale mera situazione
di fatto (2). A tale ampio raggio di beni giuridici tutelati
si è giunti a seguito dello sviluppo di due orientamenti, il
primo accoglie tutte quelle posizioni volte a sostenere che
il bene protetto dalla fattispecie ex art. 624 c.p. si debba
ravvisare nel semplice potere di fatto che il soggetto aveva
sulla cosa sottrattagli (3). Il secondo riduceva l’oggetto
della tutela necessariamente ad uno stato di diritto consi-
stente nella proprietà o in altri diritti reali (4).
L’imporsi del primo dei due orientamenti esposti tro-
va la sua ragione nel dato testuale della norma oggetto di
tale trattazione, la quale riconosce responsabile di furto
chi sottrae la cosa mobile al soggetto che la detiene. Il
concetto di detenzione deve essere inteso come potere di
fatto o di signoria sulla cosa mobile in considerazione. Da
quanto detto il furto sussiste ogni volta che viene turbato
tale potere, cioè in ogni caso in cui la cosa venga sottratta
al detentore.
Il testo dell’art. 624 c.p. afferma che commette il delit-
to di furto “chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui
sottraendola a chi la detiene, al f‌ine di trarne prof‌itto per
sè o per altri…”. Si rileva che chiunque possa rendersi au-
tore del reato in analisi, a patto che nel commetterlo si
sia agito con l’intenzione di appropriarsi def‌initivamente
della cosa altrui, o anche di impossessarsene a scopo di
prof‌itto. Non assume alcun rilievo che la sottrazione sia
stata effettuata con la f‌inalità di farne una temporanea
utilizzazione o di appropriarsene def‌initivamente (5).
In tema di soggetto agente vale la pena soffermarsi
sulla questione circa la conf‌igurabilità del furtum rei pro-
priae, che si avrebbe quando la sottrazione del bene sia
commessa dal proprietario a danno di chi esercita su que-
sto un diritto reale o personale di godimento (6).
La tesi che si pone a sostegno del furto commesso dal pro-
prietario trova il suo fondamento nella tradizione romana e
in altri ordinamenti che espressamente ammettono tale pos-
sibilità. Nel nostro ordinamento un’ipotesi del genere non è
prevista, però potrebbe essere conf‌igurabile considerato che
la Costituzione prevede una tutela decisamente ampia della
proprietà. Tale aspetto non appare decisivo al f‌ine di poter
prevedere il furtum rei propriae, infatti la mancanza della
previsione specif‌ica ne esclude l’applicabilità ed in più nel
nostro ordinamento si rileva un trattamento più mite per le
condotte abusive poste in essere dal proprietario (7).
Oggetto materiale del furto è la cosa mobile altrui. Con
tale termine si intende qualsiasi oggetto suscettibile di
detenzione, sottrazione e impossessamento, che fa parte
del patrimonio altrui, la cui appropriazione comporta una
riduzione del patrimonio nel soggetto passivo e l’acquisi-
zione di un’utilità per l’agente (8). Non è ovviamente con-

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