Il falsus procurator

AutoreAntonino Milazzo
Pagine125-210
CAPITOLO TERZO
IL FALSUS PROCURATOR
Sommario: 1. Premessa: mandato generale e procura. Riflessi sulla genuinità
della dicotomia verus e falsus procurator – 2. D. 47.2.43: falsus creditor e
falsus procurator. L’ipotesi del furto e la distinctio di Nerazio – 3. Ancora sul
furto del falsus procurator: D. 47.2.44 pr. e il pagamento del terzo delegato
– 4. Il falsus procurator e la ratifica del dominus – 5. Il falsus procurator nel
processo – 6. D. 47.2.81(80)6 e la simulazione della identità altrui – 7. Spun-
ti ricostruttivi in tema di interpretazione della dicotomia verus procurator-
falsus procurator.
1. Premessa: mandato generale e procura. Riflessi sulla
genuinità della dicotomia verus e falsus procurator
La ricognizione compiuta nel capitolo precedente ha permesso
di affermare come verosimile la genuinità della denizione del pro-
curatore contenuta in D. 3.3.1 pr.: l’analisi degli altri frammenti
ulpianei ha permesso di sottoporre a verica questa conclusione.
Da questa analisi è emerso come nel pensiero di Ulpiano sia matu-
rata una visione del procurator quale soggetto che non riceve più
una praepositio, intesa quale atto unilaterale del dominus negotii,
ma il cui incarico, viceversa, si basa su un accordo con quest’ul-
timo, accordo traslato nelle forme agili del contratto di mandato.
Il progressivo assottigliarsi delle differenze tra procura e mandato,
d’altro canto, fu reso verosimilmente più agevole proprio dall’emer-
gere del contratto di mandato, la cui duttilità, unita all’assenza di
forme speciche, consentiva un utilizzo variegato e proteiforme, che
ben si adattava agli incarichi – molteplici – conferiti al procuratore.
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Va qui soggiunto che il carattere denitorio del passo ulpianeo di
apertura del titolo dei Digesta sembra trovare conforto nel prosieguo
del frammento, il quale appare maggiormente attagliarsi ad una -
gura generale di procurator (quale il procurator omnium bonorum)
anziché ad una specica gura (quale il procurator ad litem):
D. 3.3.1.1 (Ulp. 9 ad ed.): Procurator autem vel omnium re-
rum vel unius rei esse potest constitutus vel coram vel per
nuntium vel per epistulam: quamvis quidam, ut Pomponius
libro vicensimo quarto scribit, non putent unius rei mandatum
suscipientem procuratorem esse: sicuti ne is quidem, qui rem
perferendam vel epistulam vel nuntium perferendum suscepit,
proprie procurator appellatur. Sed verius est eum quoque pro-
curatorem esse qui ad unam rem datus sit.
Il giurista, dopo aver precisato che il procuratore può essere in-
caricato per tutti o per specici affari, riporta l’opinio di Pomponio,
secondo il quale non può considerarsi procurator colui al quale sia
stato conferito uno specico incarico, così come non può denirsi
procuratore colui al quale sia stato conferito l’incarico di conse-
gnare una lettera o un messaggio. Ma Ulpiano si discosta da questa
posizione, ritenuta probabilmente minoritaria, affermando che si ha
procuratore anche laddove ad unam rem datus sit.
La continuità del discorso portata avanti dal principium impone
quindi di ritenere che Ulpiano non stia discutendo del procurator
ad litem, ma in generale del procuratore332: poco senso avrebbe una
virata del discorso dal rappresentante processuale al procurator in
generale, rispetto al quale si riporta la disputa che doveva aver agi-
tato i giuristi classici, circa la specialità del mandato e la sua sus-
sunzione all’interno della gura soggettiva del procuratore.
Insomma, il discorso che Ulpiano conduce nel libro nono del
suo commentario ad edictum appare possedere una vocazione ‘ge-
neralista’, tanto da costringere il giurista a soffermarsi anche sui
332 Cfr. sul punto P, Procurator e interpretatio cit., 411 ss. L’autore, partendo
dalla considerazione circa la genuinità di D. 3.3.1 pr., è indotto ad affermare che in età
classica ‘il procurator venisse viepiù considerato un mandatario’.
   127
modi di costituzione della procura, affermando che il procurator
esse potest constitutus vel coram vel per nuntium vel per epistulam.
La conferma del discorso che stiamo conducendo, se vogliamo,
sembra provenire indirettamente da un passo gaiano, nel quale il
mandato viene associato al negotia gerere:
Gai. 3.155: Mandatum consistit, sive nostra gratia mandemus
sive aliena; itaque siue ut mea negotia geras sive ut alterius,
mandaverim, contrahitur mandati obligatio, et invicem alter
alteri tenebimur in id, quod vel me tibi vel te mihi bona de
praestare oportet.
Il passo è stato rivalutato in questo senso da Arangio-Ruiz333, il
quale ha evidenziato come Gaio riferisca l’attività tipica del procu-
rator, in questo caso un procurator omnium bonorum334, al man-
dato, di fatto esprimendo una valutazione, forse inconsapevol-
mente335, di sovrapposizione tra procurator omnium bonorum e
mandatario. Dato che conferma come in età classica i giuristi si
trovassero in difcoltà nel distinguere i due proli giuridici, spesso
tendendo a sovrapporre i piani giuridici di azione del mandato e
della procura.
Arangio-Ruiz336 sostiene che detta tesi troverebbe una conferma
nei passi delle Istituzioni giustinianee le quali, riportando la classi-
cazione gaiana delle Res Cottidianae, implicherebbero, nell’e-
spressione negotia gerere, una implicita allusione al mandato gene-
rale, accentuata dalla circostanza che spesso vengono afancati,
alla procura generale, esempi di mandato speciale337.
333 A-R, Il mandato cit., 57 ss.
334 A differenza di Gai, 4.84, dove si ritiene comunemente che Gaio discuta del procu-
rator ad litem.
335 A-R, Il mandato cit., 57: ‘Dovremo dunque ammettere che allo spirito
di Gaio non ripugnasse, sia pure senza darsene pieno conto, che il procurator omnium
rerum fosse considerato un mandatario’.
336 A-R, Il mandato cit., 57 nt. 2.
337 V. I. 3. 26 dedicato al mandato: Mandatum contrahitur quinque modis, sive sua
tantum gratia aliquis tibi mandet, sive sua et tua, sive alienia tantum, sive sua et aliena,
sive tua et aliena. at si tua tantum gratia tibi mandatum sit, supervacuum est mandatum
et ob id nulla ex eo obligatio nec mandati inter vos actio nascitur. Mandantis tantum

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