Il dolo e la colpa. La coscienza e volontà
Autore | Massimiliano di Pirro |
Pagine | 273-290 |
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Capitolo 25
Elementi
Nozione
Il dolo
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IL DOLO E LA COLPA.
LA COSCIENZA E VOLONTÀ
Oltre all’imputabilità e alla conoscenza (o conoscibilità) della norma pe-
nale, ulteriori componenti della colpevolezza sono:
- l’elemento soggettivo (dolo o colpa);
- la coscienza e volontà della condotta (suitas).
Analizziamoli in dettaglio (per l’esame di quella particolare forma di impu-
tazione dell’evento al suo autore costituita dalla preterintenzione, si rinvia
al Cap. 27 relativo alla responsabilità oggettiva).
a) Nozione di dolo e tipologie
Il dolo è la forma normale (e più grave) della volontà colpevole, come
si desume dall’art. 42, 2° comma, c.p., secondo cui nessuno può essere pu-
nito per un fatto previsto dalla legge come delitto se non lo ha commesso
con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente
previsti dalla legge.
L’art. 43 c.p. definisce il dolo, stabilendo che il delitto è doloso (o “secondo
l’intenzione”) quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato del-
l’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto,
è dall’agente previsto e voluto come conseguenza della propria azione
od omissione.
Già da queste prime indicazioni emerge che il dolo è costituito da due ele-
menti:
- la rappresentazione, cioè la previsione anticipata del fatto che costituisce
reato (momento conoscitivo); a questo fine, è necessario che il soggetto
si rappresenti la realizzazione di tutti gli elementi del reato (la condotta,
l’evento naturalistico etc.);
- la volontà, diretta alla realizzazione del fatto rappresentato (momento
volitivo).
Parlando dell’evento (vedi Cap. 13), abbiamo visto che la concezione na-
turalistica (che considera l’evento in termini di modificazione del mondo
esterno) distingue tra reati di condotta, che si consumano col compimento
di una determinata condotta e non comportano alcuna modificazione nel
LA COLPEVOLEZZA (NULLUM CRIMEN SINE CULPA)
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Livelli di
intensità
mondo esteriore (ad esempio, il reato di evasione), e reati di evento, per i
quali la legge richiede che l’azione od omissione produca anche un deter-
minato effetto all’esterno (ad esempio, la morte della vittima nel delitto di
omicidio).
La concezione giuridica, invece, qualifica l’evento come lesione o messa in
pericolo di un bene penalmente protetto, con la conseguenza che un evento
(in senso giuridico) sussiste in tutti i reati.
Questa premessa è necessaria per dire che, se si accoglie la tesi naturalistica
dell’evento, mentre nei reati di condotta il momento volitivo riguarda la
sola realizzazione dell’azione o dell’omissione, nei reati di evento esso deve
riguardare anche il risultato della condotta.
La volontà dolosa, a seconda dei vari livelli di intensità dai quali la stessa
può essere caratterizzata, può dare luogo alla configurabilità (Cass., I, 29-
3-1996):
- del dolo intenzionale, se il soggetto persegue l’evento come scopo finale
della condotta o come mezzo necessario per ottenere un risultato ulteriore;
- del dolo diretto, se l’evento non costituisce l’obiettivo della condotta, ma
l’agente lo prevede e lo accetta come risultato certo o altamente probabile di
quella condotta; si pensi, a esempio, all’omeopata che prescrive a un malato di
tumore di attenersi esclusivamente a cure naturali inducendolo a tenersi lontano
dalla medicina ufficiale (chemioterapia), con la consapevolezza che tale com-
portamento causerà, con rilevante probabilità, la morte (Cass., I, 15-1-2008);
- del dolo eventuale o indiretto, connotato dall’accettazione del rischio di
verificazione dell’evento, considerato dal soggetto come una delle possibili
conseguenze della condotta. Il soggetto, cioè, ponendo in essere una condot-
ta diretta a altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di
ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accet-
tando il rischio di cagionarle. È bene precisare che, affinché sussista il dolo
eventuale, ciò che deve essere accettato dal soggetto non è il mero rischio,
ma il concreto verificarsi dell’evento lesivo (Prosdocimi).
Non può invece parlarsi di dolo eventuale o indiretto se il soggetto, pur essendosi
rappresentato l’evento, ha agito con la convinzione che il medesimo non si sarebbe
verificato. Infatti, se l’agente, qualora avesse previsto l’evento come conseguenza
certa della sua condotta, si sarebbe astenuto dall’agire, si configura la cd. colpa co-
sciente (vedi infra).
Il dolo eventuale va distinto anche dal dolo alternativo: mentre il primo, come ac-
cennato, è caratterizzato dal fatto che chi agisce non ha il proposito di cagionare
l’evento delittuoso, ma si rappresenta la possibilità che esso si verifichi e ne accetta il
rischio, il dolo alternativo è contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e
vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equivalente, l’uno o l’altro evento
e risponde per quello effettivamente realizzato (Cass. S.U. 25-3-1992).
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