Il diritto canonico

AutoreGaetano Dammacco
Pagine23-35

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@1. Il concetto di diritto canonico

La Chiesa per regolare la propria organizzazione e l'attività dei fedeli in ordine al proprio fine pone norme giuridiche direttamente o desumendone il contenuto ab extra.

Diritto canonico è appunto il sistema di queste norme, che pertanto costituiscono parti dell'intero sistema coordinate ed anche condizionate al fine, onde la funzione strumentale del diritto canonico, che ha il carattere della giuridicità sia per il principio della socialità del diritto (ubi societas ibi ius), sia per il consolidamento istituzionale della Chiesa (ubi ius ibi societas), il cui diritto è stato considerato per secoli con il diritto romano l'utrumque ius, sia per la funzione di dirimere e prevenire i conflitti intersubiettivi di interessi, sia perché è provvisto dell'imperatività con appropriate sanzioni. Perciò appare superata la teoria della statualità del diritto, che considerava lo stato unico detentore del diritto, caratterizzato dalla coazione o dalla coercibilità, senza negare, però, le sostanziali differenze del diritto canonico dal diritto statale.

La Chiesa, oltre che porre direttamente norme, può desumerne il contenuto ab extra (canonizatio), cioè da ordinamenti esogeni (Stati, ordinamento internazionale e supernazionale) o in certo senso dall'autonomia privata o da comunità endogene, che pongono consuetudini o godono del potere autonomico, oppure dal diritto divino, di cui la Chiesa è depositaria ed interprete, attraverso il magistero autentico ed istituzionalizzato (canoni 747 ss.). Page 24

@2. La giuridicità del diritto canonico

Con l'essenza di societas spiritualis della Chiesa, che proprio per questa sua essenza si differenzia nettamente dallo Stato, è stato ritenuto incompatibile il concetto di societas iudirica, onde è stata negata la giuridicità dell'ordinamento della Chiesa e del diritto canonico.

Su tale tesi, che si riallaccia al movimento protestante, ha fondamento la teoria della statualità del diritto, che riconosce come unico ordinamento giuridico lo Stato, fonte esclusiva di produzione del diritto, in quanto unico detentore del potere coercitivo, ritenuto irrefragabile garanzia ed elemento essen- ziale della giuridicità.

In contrario, però, a parte l'estraneità della coazione, o sia pure della coercibilità, alla norma giuridica, è stato rilevato che è inconcepibile un'organizzazione sociale, special- mente se storicamente consolidata, come la Chiesa, senza norme di condotta istituzionalmente garantite, imposte e rite- nute obbligatorie dagli appartenenti al gruppo sociale per la realizzazione del fine comune.

La giuridicità del diritto canonico, così riaffermata, è stata di nuovo negata, in quanto per le stesse peculiarità verrebbe meno il carattere dell'intersubiettività, assunto a caratteristica del diritto.

Tale opinione si basa sulla confusione tra il diritto canonico, che regola la condotta e i rapporti dei fedeli, e la teologia. Questo carattere differenziale del diritto canonico non è in contraddizione con la necessaria adesione interna all'azione esteriore; adesione non meramente formale ed estrinseca per la correlazione del foro interno con il foro esterno, in quanto il diritto nella costituzione della Chiesa ha una funzione, strutturata al fine, di prevenire, comporre ed eliminare con la norma di condotta i conflitti di interessi non solo, ma principalmente le divergenze di dottrina per la realizzazione di tale adesione.

Il diritto canonico, infatti, ha la funzione non tanto di comporre i conflitti di interessi, quanto di eliminare le divergenze Page 25 di dottrina attraverso il duplice munus: docendi et regendi, prevenendo, correggendo, rimuovendo le conseguenze rilevanti della concupiscientia e, quindi, promuovendo la riconciliazione.

Tutt'al più si può dire che nel diritto canonico il carattere dell'intersubiettività, come del resto tutto l'ordinamento della Chiesa, presenta aspetti particolari, anche ove non si aderisca ad una recente teoria, che ritiene la giuridicità delle norme intrasubiettive.

Pertanto la continua interferenza tra foro interno e foro esterno nel diritto della Chiesa non vuole dire cunfusione tra morale e diritto, tra teologia e diritto, tra atti esteriori, regolati dal diritto, ed atti interni, concetti tutti nettamente distinti, anche se interferenti e intimamente collegati, in quanto il diritto ha anche, sebbene non solamente, la funzione di eliminare il contrasto tra foro interno e foro esterno affinché la condotta esterna sia conforme all'interna determinazione, come dimostrano i canoni 276 § 1, 287 §§ 1, 2, 987, 988 § 1, 1357 § 1.

La condotta esterna, quella percettibile, è, quindi, la manifestazione della coscienza; quest'intima tensione ha portato alla confusione tra condotta esterna ed interiorità, mentre la loro conformità, cui è ordinato il diritto canonico, presuppone la distinzione. Perciò il diritto canonico può fare largo affidamento sulla coscienza, come dimostrano la non esigibilità della legge umana per grave incommodum (canoni 1116 § 1, 1323, 4º 1324 § 1, 5º), rimesso alla valutazione del soggetto, la sincerità del pentimento per l'assoluzione delle censure (can. 1347 § 2), l'efficacia dei provvedimenti condizionati alla verità dei fatti esposti nell'istanza (can. 63), la separazione personale dei coniugi decisa propria auctoritate (can. 1153), l'inesecuzione delle pene latae sententiae, in cui si incorre ipso facto, se il reo non possa osservarle senza pericolo di grave scandalo o se possa derivargliene infamia (can. 1352 § 2), e perfino l'efficacia delle sentenze, special- mente in materia...

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