Il delitto tentato

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine361-385
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Capitolo 32
L’iter criminis
IL DELITTO TENTATO
Premessa: l’iter criminis
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32
Ogni reato “viene al mondo” attraverso determinate fasi, che costituiscono
il cd. iter criminis.
In particolare, l’iter criminis è composto (nella sua massima estensione)
dalle seguenti fasi successive (Mantovani):
a) l’ideazione del reato, ossia l’elaborazione mentale con la quale il sog-
getto dà vita, nella propria psiche, al disegno criminoso. Tale fase è tipica
dei reati dolosi, caratterizzati dall’intenzione di commetterli (vedi Cap. 25),
mentre per i reati colposi può aversi ideazione della condotta con previsione
dell’evento, ma non ideazione dell’intero crimine;
b) la preparazione del reato, ossia gli atti preparatori alla realizzazione del
reato: tale fase può aversi nel dolo di proposito e nella premeditazione;
c) l’esecuzione del reato, ossia il momento in cui la condotta criminosa si
manifesta nel mondo esterno, attraverso la realizzazione di un fatto corri-
spondente a quello punito dalla norma penale;
d) il perfezionamento del reato, che indica quello stadio dell’iter criminoso
in cui il fatto concreto coincide con il fatto previsto dalla norma penale
incriminatrice, essendosi verif‌icati tutti i requisiti richiesti dalla fattispecie
legale (condotta, evento, offesa, nesso di causalità e elemento soggettivo);
e) la consumazione del reato, ossia il momento in cui il reato viene a ces-
sare, raggiungendo il culmine della sua portata offensiva.
Per meglio comprendere la distinzione tra perfezionamento e consumazione del
reato, si pensi a esempio:
- al reato di lesioni personali provocate con più colpi di coltello, nel quale il reato è
perfetto dopo il primo colpo ma si consuma solo con l’ultimo;
- ai reati a evento frazionato, come l’estorsione di tangenti, che in virtù della minaccia
iniziale vengono versate periodicamente: il reato si perfeziona con il pagamento
della prima tangente e si consuma con il pagamento dell’ultima.
Ovviamente perfezione e consumazione possono coincidere, come nel caso del-
l’omicidio realizzato con un unico colpo di pistola.
LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO
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Figura
autonoma
di reato
Art. 56 c.p.
2Nozione
Non sempre la fase dell’esecuzione del reato sfocia nella consumazione dello
stesso. Può accadere, infatti, che la condotta del soggetto non si realizzi per
intero o che l’evento lesivo non si verif‌ichi per cause indipendenti dalla
volontà del soggetto. In tal caso si parla di delitto tentato, previsto dall’art.
56 c.p., secondo cui “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a
commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie
o l’evento non si verif‌ica” (1° comma).
La punibilità del tentativo risiede nel fatto che, pur non avendo portato a ter-
mine il reato programmato, tuttavia il soggetto ha manifestato, con gli atti
parzialmente realizzati, la sua intenzione criminosa, mettendo in pericolo il
bene penalmente protetto (Mantovani).
Da quanto detto risulta evidente che il tentativo è qualcosa di meno del
reato consumato, poiché mentre quest’ultimo comporta la lesione effettiva
del bene o la sua messa in pericolo, il tentativo può soltanto realizzare la
messa in pericolo del bene penalmente tutelato; e ciò spiega perché il delitto
tentato sia punito meno severamente del delitto consumato.
Benché le varie ipotesi di delitto tentato richiamino sempre il nomen iuris
delle singole f‌igure di reato (tentato omicidio, tentata rapina, tentato furto
etc.), il delitto tentato è un delitto autonomo, che presenta tutti gli elemen-
ti necessari per la conf‌igurazione di un reato (fatto tipico, antigiuridicità,
colpevolezza).
Il delitto tentato, in particolare, è il risultato della combinazione di due
norme:
- la principale, ossia la norma incriminatrice che prevede la fattispecie di
reato;
- l’art 56 c.p., che, combinandosi con la singola norma incriminatrice (ad
esempio, con l’art. 624 c.p. sul furto) dà vita a un’altra f‌igura di reato (ad
esempio, il delitto tentato di furto) diretta a estendere la punibilità a ipotesi
che la norma principale non sanziona.
In altri termini, può vedersi la norma di cui all’art. 56 c.p. inserita e ripetuta
in ogni reato di parte speciale, laddove alla punibilità della fattispecie per-
fezionata si aff‌ianca la punibilità della fattispecie tentata. Ad esempio, l’art.
575 c.p., che punisce chiunque cagiona la morte di un uomo, è come se
fosse scritto nei seguenti termini: chiunque cagiona o tenta di cagionare
la morte di un uomo (e ciò vale per ogni altro reato).

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