Il delitto di strage di cui all’articolo 422 c.p.

AutoreFernando Giannelli/Maria Grazia Maglio
Pagine363-367

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1. Il delitto di strage ex art. 422 c.p. Precedenti storici

Il delitto di cui all’articolo 422 c.p. è visto dalla dottrina 1 come una figura criminosa assolutamente priva di precedenti storico-giuridici.

Il reato costituirebbe un’assoluta novità del codice Rocco, in quanto i precedenti che si indicano attengono, tutti, alla figura, finitima, di cui all’articolo 285 c.p., nonché al delitto di cui all’articolo 286 c.p.

Invero il delitto di cui all’articolo 130 del codice penale per lo Regno delle due Sicilie, del 1819, consistente nel portare “la devastazione, la strage o il saccheggio in uno o più comuni, o contro una classe di persone”, era collocato nella Sezione Il - dell’uso illegittimo della forza armata, della guerra civile, della devastazione e de’ saccheggi” - del Capitolo II - De’ reati contro la sicurezza interna dello Stato - del Titolo II - De’ reati contro lo Stato” - del Libro II - De’ misfatti e De’ delitti, e della loro punizione” - del codice suddetto; il reato di cui all’articolo 118 del codice penale per gli Stati di Parma, Piacenza e Guastalla, del 1820, consistente nell’“attentato che avesse per oggetto il suscitare la guerra civile tra sudditi, inducendoli ad armarsi gli uni contro gli altri, oppure il portare la devastazione, il saccheggio o la strage in uno o più comuni dello Stato, o contro una classe di persone”era annoverato fra i “crimini contro la sicurezza interna dello Stato”; il delitto di cui all’articolo 106 del codice penale per il Granducato di Toscana, del 1853, consistente nel commettere “un attentato diretto a muovere la guerra civile, o portare la devastazione, il saccheggio o la strage in uno o più comuni dello Stato, o contro un ordine di persone” concerneva il Capo I di quel codice “De’ delitti contro la sicurezza interna dello Stato”.

L’articolo 157 del codice penale sardo-piemontese del 1859, reso esecutivo per le province napoletane con legge del 17 febbraio 1861, prevedeva “l’attentato che avesse per oggetto di suscitare la guerra civile tra i regnicoli o gli abitanti dello Stato, inducendoli ad armarsi gli uni contro gli altri, oppure di portare la devastazione, la strage od il saccheggio in uno o più Comuni dello Stato, o contro una classe di persone”ed era collocato nel Capo I - “Dei reati contro la sicurezza interna dello Stato” - del Titolo I - “Dei reati contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato” - del Libro II di quel codice.

Il più immediato precedente - dell’articolo 285 e dell’articolo 286 c.p., non dell’articolo 422 c.p. - è quello di cui all’articolo 252 del codice Zanardelli: “chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile o a portare la devastazione, il saccheggio o la strage in qualsiasi parte del regno”, condotta delittuosa collocata nel Capo III -“Dell’eccitamento alla guerra civile, dei corpi amati e della pubblica intimidazione - del Titolo V - “Dei delitti contro l’ordine pubblico” - del Libro II di quel codice 2.

Se si guarda, però, al contesto degli articoli 247 e ss. del Regolamento pontificio del 1832 e degli articoli 429 e ss. del codice toscano, ed, in particolare, agli artt. 260 e 261 del primo corpus legislativo, 445, 446 e 447 del secondo 3, non si può fare a meno di notare che sono, colà, prevedute delle figure di incendio, crollo o sommersione volti ad uccidere, il che, se non andiamo errati, costituisce nient’altro che una delle epifanie possibili della strage preveduta dall’articolo 422 c.p.

2. La strage in senso atecnico e la strage in senso obiettivo

Il libro XXII dell’Odissea, ove si parla dell’eccidio dei Proci compiuto dal re di Itaca, una volta tornato dalle “acque fatali ed il diverso esiglio”, s’intitola “la strage dei pretendenti”, ma non si tratta della strage di cui parleremo nel corso del nostro lavoro: dopo la gara dell’arco (Libro XXI), Ulisse scocca le letali frecce, una ad una, contro i Proci, e, pertanto, non compie atti tali da porre in pericolo la incolumità pubblica; di più, egli difende dalle mire dei Proci la moglie Penelope ed il figlio Telemaco, nonché il proprio domicilio - la reggia - in ordine al quale costoro, atteso il numero dei”clandestini”, il sexus muliebris della regina e la giovane età del principe, non avevano potuto esercitare il “jus excludendi”. Ulisse pose, quindi, in essere un omicidio plurimo in una situazione di difesa legittima, della quale, se si fosse trattato di una comune mortale, e non di una dea, si sarebbe avvalsa anche Atena, che aveva assunto le sembianze di Mentore.

Quando Sansone s’accorse (“se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste risolto il mio enigma”) 4 della frode contro di lui perpetrata dai Filistei, che avevano indotto la moglie a farsi rivelare la soluzione dell’enigma proposto (“Da colui che mangia è venuto fuori cibo. Dal forte è uscito qualcosa di dolce”), scommettendo trenta tuniche e trenta bei vestiti, “allora, investito dallo spirito del Signore, Sansone discese ad Ascalon, vi uccise trenta uomini...” 5.

Essendosi, però, avvalso soltanto della propria - anche se soprannaturale - forza fisica, neanche qui si può parlare di atti tali da porre in pericolo l’incolumità pubblica, per cui non di strage si tratta, sibbene di omicidio plurimo.

Neanche di strage si può parlare con riguardo alla vendetta che Sansone prese dei Filistei, che gli avevano bruciato la moglie concessa in sposa al paraninfo dal padre di lei, ed anche quest’ultimo. Disse loro Sansone: “Avete fatto

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ciò? Non avrò pace finche non mi sarò vendicato di voi!” “E li percosse l’uno sull’altro, facendo una grande strage” 6.

Non si tratta, ancora una volta, di strage, sulla base delle stesse argomentazioni riguardanti l’eccidio precedentemente narrato.

Ancora di omicidio plurimo, e non di strage, trattasi quanto al famigerato eccidio perpetrato contro i Filistei da Sansone servendosi di una mascella d’asino nella valle di Lechi: “Con la mascella d’un asino io li ho ben maciullati, con la mascella d’un asino ho colpito mille uomini” 7. Non si può discutere di atti tali da porre in pericolo l’incolumità pubblica.

Non vi fu strage, infine, neanche nel fatto commesso da Sansone nel tempio del dio Dagon 8. Sansone era animato dal fine concorrente di uccidersi, per cui, se si fosse, per avventura, salvato, avrebbe risposto di omicidio plurimo, non di strage.

“Ch’io muoia insieme ai Filistei!” “Poi spinse violentemente, facendo crollare l’edificio sui principi e su tutto il popolo che v’era radunato. E furono più quelli che Sansone «uccise morendo» che quelli che aveva ucciso durante la vita” 9 10.

Il concorrente fine di “uccidersi” priva della tipicità sua propria quello di uccidere, per cui, anche in presenza del compimento di atti tali da porre in pericolo l’incolumità pubblica, non si configura il delitto di strage.

Il secondo comma dell’articolo 174 c.p.m.g., prevedente il delitto del “comandante che ordina o autorizza l’uso di mezzi di guerra vietati dalla legge o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all’onore militare”, recita: “Se dal fatto è derivata strage, si applica la reclusione non inferiore a dieci anni”.

Orbene, tale “strage” non è quella appartenente alla struttura criminosa contemplata dall’articolo 422 c.p., ma è la semplice derivazione della morte di più persone dalla perpetrazione della condotta criminosa di cui al primo comma dell’articolo 174 c.p.m g.: poiché il fine di tale delitto non è quello di uccidere, ma di “nuocere al nemico”, riteniamo che si tratti di una sorta di lex specialis rispetto all’evenienza di cui all’articolo 586 c.p., che andrà applicata qualora non la strage derivi dalla commissione del delitto militare de quo, ma solo lesioni personali; s’applicherà unicamente, secondo il criterio di consunzione, l’articolo 174, 2° comma, c.p. se, insieme alla strage, la condotta di cui al primo comma dell’articolo 174 c.p.m.g. cagioni anche lesioni personali.

Orbene, quanto al coefficiente psicologico che anima la figura contemplata dall’articolo 586 c.p., riteniamo trattarsi di colpa per violazione di leggi penali 11.

Se si ritenga trattarsi di colpa in concreto 12, si dimentica che l’articolo 43 c.p., fra le ipotesi di colpa, menziona quella per inosservanza di leggi, fra cui ci pare 13 debba primeggiare proprio quella per inosservanza di leggi penali; se si voglia ascrivere il caso dell’articolo 586 c.p. a quello delle ipotesi di responsabilità oggettiva 14, si dimentica che l’evenienza di cui trattasi non è di carattere estrinseco, ma da ascrivere al novero delle circostanze aggravanti intrinseche: le pene di cui agli articoli 589 e 590 c.p. sono aumentate ex art. 64 c.p. quando la condotta consista nella commissione di un delitto 1516.

La circostanza de qua non può ritenersi, pertanto, “toccata” dagli effetti della riforma dell’articolo 59, l0co., c.p., operata dall’articolo 1 della legge 7.2.1990, n. 19 17.

Qualora più persone si siano rese responsabili del delitto di cui all’articolo 174 c.p.m.g., e ne siano derivate unicamente lesioni personali, si renderà applicabile, accanto alla disciplina dell’articolo 586 c.p., quella di cui all’articolo 113 c.p., non quella di cui all’articolo 116 c.p., conclusione coerente con la tesi che vuole la figura di cui all’articolo 586 c.p. soggettivamente caratterizzata dal coefficiente della responsabilità oggettiva 18.

Ragionando in questi termini, però, si costruisce l’evenienza di cui all’articolo 586 c.p. in termini di autonomia, il che osterebbe al giudizio di valenza instaurando tra la circostanza aggravante costituita dalla commissione del diverso delitto ed eventuali circostanze attenuanti 19 20.

3. La struttura criminosa della strage di cui all’articolo 422 c.p.

Il delitto di cui all’articolo 422 c.p. è da ascrivere alla categoria dei reati comuni 21; può essere commesso tanto per azione quanto per omissione 22.

Ovviamente, anche in ordine al delitto di strage può configurarsi il particolare reato omissivo di cui all’articolo 40, 2°...

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