Il delitto di usura è incostituzionale?

AutoreLuigi Fadalti
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@1. Profilo storico.

Nel diritto romano il delitto di usura, da principio, era represso dagli edili con pene pecuniarie. Il magistrato interveniva contro l'usuraio (fenerator) con la procedura edile-comiziale, probabilmente quando il fatto appariva particolarmente pericoloso per la collettività, infliggendo una multa grave. Negli altri casi, invece, era data al danneggiato, contro l'usuraio, un'azione penale privata per il quadruplo degli interessi ingiustamente percepiti. Più tardi questa azione venne sostituita con un'azione civile di ripetizione dell'indebito, rigorosa, ma limitata al semplice ammontare degli interessi. Sembra che Cesare dittatore avesse ordinato la repressione criminale e straordinaria dell'usura, mediante la procedura della quaestio, di cui si ha traccia sotto i primi imperatori. Poco tempo dopo, la repressione criminale della usura venne abolita o cadde in desuetudine.

In buona sostanza, il delitto romano non demonizza l'usura e ne lascia libera l'applicazione, salvo sorvegliarne il tasso di interesse che non vuole eccessivo.

Sarà, invece, la patristica sollevare, già nell'alto medioevo, la questione morale, finendo per condizionare pesantemente il diritto intermedio.

In tale prospettiva l'usuraio diviene un peccatore antisociale che danneggia l'umanità non solo nel suo collocarsi in posizione parassitaria, ma rendendo ancora più faticosa e, quindi, onerosa la circolazione dei beni, ivi compresi quelli di consumo e di necessità generale. Questo dato può forse spiegare anche in termini oggettivi, e non solo di ossequio alla ragione morale, la repressione criminale (confisca dei beni, reclusione, bando infamia, multa in duplum o in quadruplum ecc.), a cui viene comunque sottoposta l'usura sino alle soglie dell'età contemporanea: il peccato, offendendo anche l'interesse degli uomini, oltre a quello di Dio, diviene delitto. In definitiva se richiedere un interesse può essere una colpa morale, richiederlo esorbitante, e per di più approfittando di contingenti situazioni che aumentano il potere contrattuale del mutuante, viene a costituire un illecito giuridico.

Il delitto di usura era ignoto al codice penale del 1989 (ispirato a principi economici liberistici) e così pure al codice sardo del 1959, che non aveva riprodotto le disposizioni su quel delitto, contenuto sul codice sardo del 1839 (art. 517).

Invece il codice toscano del 1853,che rimane in vigore nell'ex Granducato sino al 1890, nell'art. 408 disponeva: «chiunque, abusando del bisogno di una persona che chiedeva un prestito pecuniario, le ha dato, invece di denaro, e valutandole per una somma determinata di essa, altre cose che il ricevente fosse costretto a rivendere per fare denaro, soggiace, a querela di parte, come colpevole di scrocchio, alla perdita del credito formato con le cose date per denaro, e ad una multa da 100.000 a 200.000 lire, a cui, nei casi più gravi, tra i quali rientra sempre quello del ritrangolo, si aggiunge il carcere da 1 mesi a 1 anno. Il credito, che perde il colpevole, si configura, ed il debitore lo paga, consegnando le cose ricevute per denaro, o il prezzo ritrattone».

Il delitto di usura, anteriormente all'unificazione nazionale, era preveduto nei codici parmense del 1820 (art. 494: abituale esigenza di interessi superiore al legale consegna delle cose mobili in luogo di denaro) ed estense del 1855 (artt. 513 e ss.) nel regolamento pontificio del 1832 (artt. 463 ss.: eccesso notevole nella misura degli interessi comunemente osservata nel luogo dei rispettivi contratti, ecc.) e nella legge napoletana 7 aprile 1828 (art. 7: usura abituale).

Durante la vita del codice penale del 1889 furono presentati, ma senza successo, vari disegni di legge, di iniziativa parlamentare, per l'incriminazione dell'usura, quali progetti Aguglia Della Rocca 9 aprile 1894, e Compans 25 novembre 1885, nonché il progetto ministeriale Gianturco 22 novembre 1900, mentre i progetti Sonnino 29 gennaio 1901 e Garofalo 11 maggio 1910, proponevano soltanto modificazioni alle leggi civili.

Peraltro il codice civile del 1865 dichiarava solennemente che «l'interesse convenzionale è stabilito a volontà dei contraenti» (art. 1831).

La svolta si ebbe con l'avvento del regime fascista che, già intorno al 1926, mediante l'illegittimo ricorso a circolari ministeriali, aveva sollecitato provvedimenti di polizia contro l'usura. Successivamente la legge di pubblica sicurezza del 1931 aveva introdotto esplicitamente ammonizione e confino contro gli usurai; ma fu il codice Rocco che, nonostante immutata fosse rimasta la legislazione civile, fece nuovamente dell'usura un delitto (art. 644 c.p.).

La norma, nel suo testo originario, puniva chiunque, approfittando dell'altrui stato di bisogno, si faceva dare o promettere, sotto qualsiasi forma...

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