Il Delitto di Rissa

AutoreFernando Giannelli e Maria Grazia Maglio
Pagine211-231

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@1. Cenni storici e di diritto comparato

- Dove- rosamente rinviando, per ben più ampi ragguagli, alla brillante ricostruzione storica della rissa operata dal MONTORZI 1, ci limiteremo, qui, a dire che, prescindendo dalla previsione, volta a volta, della rissa come delitto a sè stante o, invece, come circostanza, o modalità, delle lesioni personali o dell'omicidio, doloso o preterintenzionale, la nozione classica che se ne accolse fu, per lungo tempo, la seguente: Duorum vel plurium, ob privatam injuriam, improvisa certatio.

Ben s'intende la rilevanza dell'aggettivo «improvisa»: se la certatio fosse stata preordinata, si sarebbe trattato di lesioni, od omicidio, «ordinari».

L'injuria doveva essere «privata», altrimenti si sarebbe sfociato in delitti contro lo Stato, nella seditio 2.

L'attuale ingiuria non dà sostanza alla rissa, vigendo, in materia, l'aforisma forense ictus, non jurgia, faciunt rixam 3: l'injuria, nel senso più lato, sta per factum contra jus, che dà causa alla rissa; addirittura, scusava i delitti di omicidio, di lesioni personali e di percosse «ed ogni altra ingiuria od offesa contro le persone», ex art. 377 n. 4, del codice penale del Regno delle Due Sicilie, del 1819, l'essere stati, quali delitti «commessi in rissa di cui il colpevole non è l'autore». «È riputato autore della rissa colui che il primo la provochi per lo meno con offese o ingiurie, in modo che l'offesa o l'ingiuria sia punibile almeno con le pene di polizia».

L'art. 378 di quel codice estendeva tale scusante «ai genitori o altri ascendenti, ai figli o altri discendenti, ai fratelli ed alle sorelle in secondo grado, ai coniugi ed agli affini negli stessi gradi, dei quali gli uni vendicassero le offese degli altri» 4.

All'art. 280 del Regolamento pontificio del 1832 la rissa figurava quale circostanza aggravante dell'omicidio.

L'art. 313 del codice penale toscano del 1853 po- neva, solo, la rissa tra gli «omicidi improvvisi» 5, attenuando le pene.

L'art. 548 del codice sardo-piemontese, reso ese cutivo per le province napoletane con la legge del 17 febbraio 1861, disponeva: «Coloro che in rissa spareranno o scatteranno armi da fuoco per offendere qualcuno, ancorché non segua alcuna ferita, saranno puniti col carcere da sei mesi a due anni»; l'art. 564 dello stesso codice, al primo comma, re citava: «Se in una rissa insorta tra più persone resta qualcuno ucciso, ciascuno di quelli che hanno recato una ferita mortale è reo di omicidio».

La disposizione è, invero, un po' banale: si tratta, all'evidenza, di un banale concorso in omicidio, e la rissa non v'ha alcuna, vera, autonomia.

Al secondo comma si diceva: «Ma se non si conoscesse il preciso autore di detta ferita, o se la morte fosse stata prodotta dal complesso di più fe- rite, tutti quelli che hanno portato la mano sull'ucciso, o che si sono resi in altro modo colpevoli nel fatto dell'omicidio, sono puniti con la relegazione non maggiore di anni dieci, od anche col carcere, avuto riguardo alla qualità ed alla quantità delle fe- rite cagionate; alla qualità delle armi delle quali si è fatto uso, ed alla parte più o meno attiva presa nella rissa».

Il primo codice unitario, all'art. 378, non parlava di rissa, ma usava, non di meno, di quella che veniva denominata «complicità corrispettiva» 6, disciplinata, come visto, dall'art. 564, secondo comma, del codice napoletano.

Quando più persone prendano parte alla esecuzione di alcuno dei delitti preveduti negli articoli 364, 365, 366, 372 e 373 7, e non si conosca l'au- tore dell'omicidio o della lesione, esse soggiacciono tutte alle pene ivi rispettivamente stabilite diminuite da un terzo alla metà, e all'ergastolo è sostituita la reclusione non inferiore ai quindici anni

8.

Il secondo comma escludeva l'applicabilità di tale disciplina al cooperatore immediato del fatto (es.: colui che avesse posto l'arma all'autore materiale del fatto).

Di rissa si parlava, invece, all'art. 379: «Salvo quanto è disposto nell'articolo precedente, e ferme le maggiori pene incorse per i reati individualmente commessi, quando in una rissa alcuno rimanga ucciso, o riporti una lesione personale, tutti coloro che nella rissa abbiano posto le mani addosso all'offeso sono puniti:

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1) con la reclusione da tre mesi a cinque anni se alcuno rimanga ucciso, o riporti una lesione personale da cui derivi la morte;

2) con la reclusione sino a due anni negli altri casi, ma non oltre il terzo della pena che si sarebbe dovuto infliggere all'autore.

Coloro che abbiano preso parte alla rissa, senza porre le mani addosso all'offeso, sono puniti con la reclusione sino a sei mesi.

Per chi sia stato la causa determinante della rissa le dette pene sono aumentate di un terzo

.

L'art. 380 disponeva: «Chiunque, prendendo parte ad una rissa, spara un'arma per fare atto di minaccia, è punito con la detenzione sino ad un anno».

Vorremmo, solo, qui, notare che, anche a voler prescindere dalla natura eminentemente plurisoggettiva del delitto di rissa 9, e dai suoi - altrettanto indiscutibili - caratteri di norma a fattispecie aperta 10, il tentativo di rissa nel codice Zanardelli non era punto ammissibile, in quanto, ponendosi come condizione essenziale che una o più persone subissero morte o lesioni, e, quindi, partendosi dalle conseguenze, non v'era alcuno spazio per il tentativo, né nell'ipotesi di cui all'art. 61 (delitto tentato), né in quella di cui all'art. 62 (delitto mancato).

La situazione è analoga - a ben vedere - a quella dell'istigazione al suicidio (art. 580 c.p.), ove si parte dalle conseguenze del tentato suicidio, sempreché sia derivata una lesione personale grave o gravissima, per cui non si può ipotizzare - «prima delle conseguenze» - il tentativo 11.

Il codice penale svizzero, all'art. 133, subordina, la punibilità della rissa, sulla scia dell'ispirazione del codice Zanardelli, al fatto che in essa alcuno riporti morte o lesione personale, aggiungendo - a nostro avviso superfluamente - «salvo che non si limiti a respingere gli attacchi od a separare i contendenti».

Il codice penale austriaco, al paragrafo 91, punisce la rissa con la reclusione sino ad un anno o con la multa quando sia cagionata una lesione grave e con la reclusione sino a due anni quando sia cagionata la morte di taluno.

@2. La rissa nel sistema vigente: il bene giuridico tutelato

- Il codice Rocco ha «capovolto» la strut- tura della rissa rispetto al codice Zanardelli, la cui impronta permane, come si è visto, nel codice sviz- zero ed in quello austriaco.

Perché vi sia rissa non si richiede l'estremo delle lesioni o della morte di taluno, ma queste evenienze sono considerate in sede di aggravamento delle previsioni.

Non si postula - come previsione di «base» - che si sia posto le mani addosso a qualcuno (art. 379 cod. Zanardelli), con un'attenuante per coloro che ciò non abbiano fatto, pur partecipando alla rissa e sempreché da essa siano derivate lesioni o morte 12.

Il minimo previsto perché vi sia una rissa, cioè la sussistenza di percosse, non è, infatti, integrato solo quando vi siano «percussioni corporee», ma anche quando si verifichino spinte, strattoni e simili, atti a cagionare una sensazione dolorifica 13, come chiarito quanto alla interpretazione del disposto dell'art. 581 c.p. 14 15.

Di più, si è precisato che la violenza insita nella rissa può verificarsi «anche a distanza», «come, per esempio, nel caso di uso di armi da fuoco, di lancio di sassi e così via» 16.

D'altro canto, il fatto che il requisito implicito della rissa sia l'uso di violenza, che non può, riduttivamente, identificarsi con le percosse (si può commettere una rissa anche con le bombe a mano), è conclamato dalla sicura applicabilità - al delitto di cui all'art. 588 c.p. - del secondo comma dell'art. 581 c.p., il quale richiede - perché si abbia tale forma di assorbimento per sussidiarietà - che la lex primaria contempli, quale carattere costitutivo, la violenza: vi sarebbe, altrimenti, all'art. 588, primo comma, c.p., una forma speciale di percosse, il che, all'evidenza, non è.

Si è visto come i codici preunitari e il codice Zanardelli ponessero la rissa, comunque costruita, nell'ambito dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale; come altrettanto facciano il codice svizzero ed il codice austriaco; che l'art. 588 c.p. è collocato nel capo I del Titolo XII («Dei delitti contro la persona»), riguardante i delitti contro la vita e l'incolumità individuale.

Non può che sorprenderci, pertanto, notare che parte della dottrina nutra dubbi su quale sia il bene tutelato dall'incriminazione della rissa: sulla base di un passo della Relazione del Guardasigilli al Progetto definitivo 17 18 sorse l'opinione 19, ancor di recente sostenuta 20, che bene tutelato dall'art. 588 c.p. fosse l'ordine pubblico 21.

In particolare, il QUARTA fonda il proprio asserto sulla tutela che il delitto di rissa ex art. 588, secondo comma, c.p. offre anche alle persone ad esso estranee, ma su questo punto ritorneremo, per dimostrare l'erroneità dell'impostazione 22 23

A comprova dell'esattezza della tesi che qui si vuol seguire si nota, giustamente, che, ai fini dell'integrazione del delitto di rissa, non si richiede affatto che essa avvenga in luogo pubblico od aperto al pubblico 24.

@3. Struttura del delitto di rissa; il numero minimo dei coautori.

- Il delitto di rissa ha carattere non necessariamente istantaneo 25 e, pertanto, ammette la permanenza 26 27, il che rileva ai fini della legge applicabile al momento della commissione del fatto, dell'applicazione di cause estintive del reato e della pena, e quanto alla determinazione del giudice competente per territorio ex art. 8, terzo comma, c.p.p.; trattandosi di condotta la cui configurazione è rilasciata all'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza 28, non ammette la confi- Page 213 gurabilità del tentativo 29 30; trattasi di reato comune 31, commissibile, pertanto, da chiunque.

Il delitto di rissa riveste i classici caratteri...

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