Il delitto di mercato di voto nel concordato preventivo: un reato a concorso necessario improprio

AutoreMattia Miglio
Pagine85-86
305
giur
Rivista penale 3/2019
MERITO
IL DELITTO DI MERCATO
DI VOTO NEL CONCORDATO
PREVENTIVO: UN REATO
A CONCORSO NECESSARIO
IMPROPRIO
di Mattia Miglio
La presente pronuncia costituisce uno dei primi appro-
di sulla portata e sull’estensione della fattispecie delittuo-
sa di mercato di voto nel concordato preventivo ex artt.
233, 236, comma 2 n. 4 L.F.
In estrema sintesi, questi i fatti sottoposti all’attenzio-
ne della Corte d’appello di Trento (1): all’odierno impu-
tato – quale legale rappresentante di una s.r.l. ammessa
alla procedura di concordato preventivo – veniva conte-
stato il delitto di mercato di voto (in forma tentata) per
aver compiuto atti idonei e non equivoci, consistiti nell’of-
frire a una società creditrice un contratto di subappalto di
opere di sub-urbanizzazione su un cantiere, a condizione
che il menzionato creditore prestasse voto favorevole nel
concordato.
Prima di analizzare nel dettaglio la soluzione adottata
dalla pronuncia (come vedremo assolutoria) della Corte
d’appello, pare opportuno esaminare da vicino la struttura
della fattispecie di mercato di voto come descritta dagli
artt. 233 e 236 L.F.
Senza addentrarsi troppo nella disamina della fattispe-
cie, è suff‌iciente ricordare che l’art. 233 L.F. punisce il cre-
ditore che stipula col fallito, o con altri nell’interesse del
fallito, vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel
concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori.
Tale norma delinea quindi un reato c.d. di pericolo che
mira a tutelare il corretto svolgimento delle procedure
concorsuali, mediante l’incriminazione delle condotte vol-
te a falsare o a turbare le operazioni di voto dei creditori
nell’ambito del concordato fallimentare.
Per tali ragioni, la fattispecie in esame rientra tra i c.d.
reati contro l’amministrazione della giustizia ed è f‌inaliz-
zata a proteggere i creditori dall’eventualità che l’accordo
venga approvato da una maggioranza la cui volontà viene
inf‌luenzata da fattori esterni.
Già da una rapida lettura della norma, appare evidente
che tale ipotesi di reato sembra assimilabile alle fattispe-
cie corruttive e non stupisce certo che i commenti della
dottrina hanno ricondotto la norma tra i c.d. reati a con-
corso necessario, per i quali costituisce requisito impre-
scindibile la condotta di più soggetti, tanto che, si legge
nel terzo comma dell’art. 233 L.F., la punibilità è estesa,
oltre al creditore, anche ai soggetti (il fallito o soggetti
terzi) che si siano con lui accordati.
La fattispecie di mercato di voto è stata poi estesa –
dall’art. 236, comma 2 n. 4 L.F. – anche alle ipotesi di con-
cordato preventivo.
Tuttavia, la norma appena menzionata si è limitata ad
estendere la portata dell’art. 233 L.F. ai soli creditori, sen-
za far alcuna espressa menzione in merito all’ (eventuale)
responsabilità dell’imprenditore ammesso a tale procedu-
ra di concordato.
E tali dubbi sono stati – se possibile – aumentati dal
mancato rinvio – nel corpo dell’art. 236 L.F. – all’art. 233,
comma 3 L.F., il quale, si è appena visto, estende espres-
samente la punibilità nel concordato fallimentare al sog-
getto fallito.
In altri termini, la problematicità del coordinamento
tra l’art. 236 L.F. e l’art. 233 L.F. lascia aperto il dubbio in
merito alla responsabilità penale ex art. 236 L.F. in capo
all’imprenditore ammesso alla procedura di concordato
preventivo.
Ebbene, la pronuncia che qui si commenta prova a far
chiarezza proprio su questo aspetto.
Secondo la tesi adombrata dalla pubblica accusa, il
mancato richiamo – da parte dell’art. 236 L.F. – all’art.
233 L.F. non costituirebbe un argomento decisivo ai f‌ini di
escludere la responsabilità penale dell’imprenditore.
Infatti, come sostenuto in dottrina, il mancato rinvio
non sarebbe comunque d’ostacolo all’applicazione dei
principi generali in tema di concorso di persone ex artt.
110 c.p., in forza dei quali l’imprenditore ammesso alla
procedura di concordato preventivo potrebbe essere co-
munque chiamato a rispondere per il delitto di mercato di
voto in concorso con il creditore (2).
Sennonché, la Corte d’appello ritiene che tale orien-
tamento f‌inisca – di fatto – per dar corpo ad un’ipotesi di
analogia in malam partem, come tale vietata dal dettato
costituzionale.
Andiamo con ordine e ripercorriamo quindi passo per
passo l’impianto motivazionale adottato dai giudici di se-
condo grado.
La Corte d’appello analizza, in prima battuta, la strut-
tura delle due fattispecie sopra menzionate: "Deve invero
rilevarsi che l’art. 233 L.F., introduttiva della fattispecie
c.d. di mercato di voto, descrive la condotta penalmente
rilevante individuando il soggetto agente nel creditore che
stipula col fallito, o con altri nell’interesse del fallito, van-
taggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato
fallimentare o nelle deliberazioni del comitato dei creditori,
ed estendendo al comma III la punibilità al fallito o a chi ha
contrattato nel suo interesse; per la procedura di concorda-
to preventivo, il successivo art. 236 comma II n. 4) dispo-
ne che si applichino le previsioni dell’art. 233 ai creditori,
escludendo dunque dall’ambito della punibilità il fallito o
chiunque abbia contrattato nel suo interesse, come invece
espressamente previsto dal citato art. 233 comma III".

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