Il delitto di abuso d'ufficio

AutoreGiuseppe Mastropasqua
Occupazione dell'autoreMagistrato di sorveglianza a Bari
Pagine81-106
CAPITOLO QUINTO
IL DELITTO DI ABUSO D’UFFICIO
Sommario: 1. Cenni storici. – 2. Il bene protetto. – 3. L’elemento oggettivo. –
A) L’abuso funzionale; B) L’omissione abusiva; C) Il vantaggio e il danno
ingiusti. – 4. L’elemento soggettivo. – 5. Il concorso dell’extraneus. – 6. Le
circostanze della particolare gravità o tenuità del vantaggio o del danno. –
7. La clausola di riserva.
1. Cenni storici
La gura del delitto di abuso, prevista dal codice penale del 1930,
è stata ripetutamente rimaneggiata con diversi interventi normativi
ad hoc.
Invero nel ‘Codice Rocco’ si stabiliva che era punito il pubblico
uciale (non anche l’incaricato di pubblico servizio) che, abusando
dei poteri inerenti le sue funzioni, al ne di danneggiare o avvantag-
giare altri, commettesse qualsiasi fatto non previsto come reato da
una particolare disposizione di legge.
È agevole rilevare che in detta formulazione l’elemento oggetti-
vo era estremamente generico e indeterminato e che – mediante la
disposizione di chiusura ivi contenuta – si intendeva perseguire pe-
nalmente ogni condotta, posta in essere da un pubblico uciale, non
rientrante in altre gure di reato previste dalla legge.
82 I delitti contro la p.a.
Con la legge 26 aprile 1990 n. 86 veniva modicato l’art. 323 c.p.,
prevedendo la punizione del pubblico uciale o dell’incaricato di
pubblico servizio che, al ne di procurare a sé o ad altri un ingiusto
vantaggio non patrimoniale ovvero per arrecare ad altri un danno
ingiusto, abusava del suo ucio, purché il fatto non integrasse un
reato più grave; nel secondo comma si stabiliva una pena più elevata
se il fatto fosse commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto
vantaggio patrimoniale.
Ma con la legge 16 luglio 1997 n. 234 il testo dell’art. 323 c.p. veni-
va ancora una volta riscritto, per denire più in dettaglio l’elemento
oggettivo; infatti si stabiliva che la condotta illecita dovesse concre-
tizzarsi nella ‘violazione di norme di legge o di regolamento’ o del do-
vere di astensione e che l’evento dovesse consistere nel produrre in-
tenzionalmente un danno ingiusto a terzi e/o un vantaggio ingiusto
di natura esclusivamente patrimoniale a sé o ad altri.
Inne con la legge 6 novembre 2012 n. 190 è stata elevata la pena
edittale, portandola nel minimo da mesi sei ad anni uno e, nel mas-
simo, da anni tre ad anni quattro.
2. Il bene protetto
La norma mira ad assicurare il buon andamento delle attività o
dei servizi pubblici e, segnatamente, a garantire che il pubblico u-
ciale e l’incaricato di un pubblico servizio svolgano i loro compiti in
maniera imparziale, regolare e trasparente.
Il delitto è ‘proprio’, in quanto può esserne autore soltanto un pub-
blico uciale o un incaricato di pubblico servizio; per converso non
può essere soggetto attivo il privato che riceve un ingiusto vantaggio.
Il delitto è monoensivo nel caso in cui l’agente procura a sé o ad
altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, giacché in tale evenienza
viene leso soltanto l’ente in cui è incardinato l’autore.
Per converso è necessariamente plurioensivo nell’ipotesi in cui
l’agente arreca ad altri un ingiusto danno, perché in questo caso ven-
gono danneggiati sia l’ente in cui è incardinato il pubblico uciale o
l’incaricato di pubblico servizio, sia colui che subisce il danno 109. In
109 Cass. pen. 20 settembre 2005 n. 39259, in Cass. pen. 2006, 11, 3643.

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